Tra le sciagurate eredità italiane dei primi Anni Novanta, c’è anche una generazione di direttori che – da allora – con cicliche rotazioni ma di fatto senza soste gestiscono i principali quotidiani italiani. C’è perfino qualcosa di surreale in tutto questo: a volte, le loro testate se la prendono con figure che sono restie a lasciare la politica. Ma certe direzioni di durata ultraventennale mostrano la stessa irresistibile propensione alla gestione del potere, più che alla circolazione delle idee.
Ed è proprio nei primi Anni Novanta, nella sala-parto unica di quelle redazioni e di quelle direzioni, che nasce una cosa chiamata “retroscena”, dando vita a una vera e propria categoria professionale (quella del “retroscenista”, appunto). Di che si tratta? Di un articolo non basato su fatti, su notizie, ma essenzialmente su ricostruzioni laterali, in genere basate su fonti politiche nascoste dietro il velo dell’anonimato, ma facilmente ricostruibili in base alla geometria delle citazioni, e al “cui prodest” del retroscena stesso. Capire e decrittare è un elementare lavoro di tracciabilità, per chiunque abbia un minimo di confidenza con i palazzi romani.
Ecco, sarà bene dire che nel mondo occidentale questo “genere” giornalistico non c’è. Sui grandi giornali internazionali trovate: interviste, inchieste, commenti, pezzi di cronaca. Trovate anche – quando è necessario – attacchi espliciti o altrettanto chiari endorsement.
Ma non trovate questi esercizi di portineria, sia pure da condominio di alta classe. Che – a ben vedere – non hanno giovato né alla buona politica né al buon giornalismo. Quanto alla politica, hanno infatti confermato una propensione alla vigliaccheria delle fonti (“non ho il coraggio di dire le cose chiaramente, ma le spiffero al retroscenista”), oltre a consolidare nel pubblico la convinzione che – per il politico italiano medio – esistano almeno tre verità: quella che dice in pubblico, quella che spiffera sotto anonimato, e quella che tiene per sé. Quanto al giornalismo, esattamente quelle paginate di retroscena e di articoli di palazzo (concepiti per fare del bene o del male a poche decine di persone) sono responsabili di un drammatico calo nelle vendite dei quotidiani: perché mai un cittadino dovrebbe spendere più di un euro al giorno per leggere quella roba? E infatti le edicole si svuotano.