Sin dallo scoppio del conflitto in Ucraina l’agorà politica e mediatica italiana si è divisa in schieramenti manichei, tra “giustificazionisti” dell’aggressione russa, dovuta a presunte minacce verso Mosca da parte della Nato e degli Stati Uniti, e sostenitori della resistenza ucraina, eroicamente condotta dal popolo e dai suoi soldati.
A più di 80 giorni dall’inizio della guerra emerge chiaramente la situazione sui campi di battaglia, con l’avanzata russa in difficoltà anche nel Donbass russofono e l’esercito ucraino in grado di contrattaccare grazie ad armi e supporto dell’intelligence fornito dalle nazioni occidentali. Non è dato sapere quale sarà l’esito finale del conflitto, lo status di Ucraina e Russia alla fine della guerra e le ripercussioni militari, diplomatiche ed economiche che questa comporterà prorogandosi nei prossimi mesi. L’unico aspetto certo è quello di trovarci ad un tornante della storia, che modificherà irreversibilmente approcci, modalità e rapporti geopolitici globali.
L’Italia non sarà ovviamente esente da questi cambiamenti, nonostante i giudizi e le considerazioni approssimative di numerosi commentatori ed esponenti politici nostrani, convinti di una presunta estraneità del nostro Paese rispetto al mondo circostante. Pertanto, è doveroso segnalare gli errori di valutazione di alcune figure, anche di centrodestra, che rischiano di subire un irreversibile isolamento dalla vita istituzionale del Paese. Infatti, nonostante le difficoltà, gli errori e le evidenti debolezze di alcuni leader del fronte occidentale, il presidente Usa Joe Biden in primis, dovrebbe essere assodata la scelta di campo in cui perseguire i nostri obiettivi nazionali in futuro. L’epoca delle ambiguità in politica estera, degli ammiccamenti al modello pechinese e le ambizioni “eurasiatiche” pubblicizzate negli scorsi anni dovrebbero necessariamente rappresentare un imbarazzante ricordo passato.
Eppure, ascoltando dichiarazioni ed osservando strategie comunicative e politiche di alcuni partiti italiani si resta basiti. Davvero alcuni ritengono utile ai fini diplomatici, e politici ed elettorali, dimostrarsi avversari delle scelte dell’Alleanza Atlantica e della difesa di Kiev dall’invasore russo? Nell’epoca attuale, dove la politica ed i sentimenti elettorali sono liquidi ed instabili come non mai, le dichiarazioni “anti-establishment” non aiuteranno a riacquisire il consenso perduto. Inoltre, dimostrarsi inaffidabili ed ambigui agli occhi degli alleati in un momento geopolitico particolarmente delicato rischia di vanificare anche un eventuale successo elettorale.
Una ragione ulteriore per esercitare saggezza ed apparire capaci di interpretare l’interesse nazionale nell’ambito delle nostre alleanze in politica estera: nella divisione irreversibile tra regimi autoritari e democrazie liberali, risultare ambigui equivale a tradire i propri valori e disprezzare i diritti e le libertà che dovremmo difendere. Una lezione da non smarrire e tenere a mente per il futuro, onde evitare di assistere a nuovi fallimenti annunciati.