Marco Gervasoni, docente di storia, ci rimette la cattedra alla Luiss, università sedicente liberale, per un tweet contro le navi che imbarcano clandestini in combutta con gli scafisti. Tanto per essere chiari, chi comanda davvero oggi in Italia? Comandano le ong. E per chi lavorano le ong? Tanto per essere chiari, nell’Italia dove tutti fanno a gara di liberalismo bastano due righe su un social per vedersi cascare la testa. Non è un caso sciagurato ma un nuovo corso: la Luiss ha aspettato, lasciando montare la polemica contro Gervasoni, ma si è mossa fulmineamente quando il governo è cambiato e i grillini si sono saldati al Pd. Tanto per essere chiari, è una falcidie di procedimenti, provvedimenti, licenziamenti, espulsioni a senso unico: non solo Gervasoni, che è anche giornalista, con lui, nel mirino i malcapitati Feltri, Vespa, Porro ed altri magari meno esposti ma ugualmente centrati da misure intese a colpirne uno per educarne cento, nel segno di una strategia intimidatoria organizzata che riporta ai peggiori anni della intolleranza isterica.
Mentre un caporedattore della Rai può tranquillamente prospettare il suicidio per Salvini e il ricovero psichiatrico per la figlia, di 6 anni, e nessuno fiata; mentre un commentatore come Saviano può, da anni, definire l’ex ministro dell’interno malavitoso, infame, e nessuno si scompone; mentre i giornali, da l’Espresso a Famiglia Cristiana, possono mettere in copertina il solito Salvini in fama di sottouomo o di demonio, e ci si volta dall’altra parte; mentre un’altra insegnante può irridere, sullo stesso social, un carabiniere caduto sotto 11 coltellate di due balordi con parole crudeli, “uno di meno, uno scemo che non ci mancherà”, e fingono di sospenderla a luglio, con le scuole chiuse, per reintegrarla a settembre; mentre guitti, istrioni, esibizionisti possono, sul medesimo social, manifestare serenamente la volontà di “sfasciare i denti ai leghisti”, come il giustiziere di cartone Sandro Veronesi, e non si muove foglia; mentre Padellaro può predicare la necessità di “fermare Salvini con metodi bruschi” e non rischia niente; mentre Sabina Guzzanti trova che è giusto “sparare a Salvini per legittima difesa” e va bene così; mentre Natalia Aspesi sogna “di fare una strage col kalashnikov”, indovinate contro chi, e passa per Grande Vecchia; mentre un caposervizio de l’Espresso può ricamare l’immancabile Salvini come pedofilo, siccome tiene in braccio sua figlia, e non succede niente; mentre Gad Lerner stende liste di proscrizione come ai bei tempi ma il martire è lui; mentre Corrado Formigli fa alla cosiddetta capitana Carola una intervista che non è uno spottone o una marchetta ma qualcosa di molto peggio, senza scrupoli residui di deontologia, e va tutto bene (si confronti l’intervista vera, dalla Bbc, alla stessa Carola, colata a picco sotto le sue stesse scemenze ideologiche); mentre la senatrice a vita Liliana Segre, sempre più lucida, non si stanca di scomodare l’Olocausto per una miserabile propaganda, e la osannano; mentre l’informazione mainstream omette, fin che può, l’origine degli africani da marciapiede che massacrano donne a caso, li chiama passanti, più che informare sformano, in tutti i sensi, e non si sente fronda stormire; mentre un cuoco opinionista incita a far fuori prima Israele, poi i sovranisti e poi chissà che altri, e lo sostengono in nome della sacralità dell’espressione.
Dobbiamo continuare? Il gioco è scoperto, un sindaco del Pd rimasto per tre mesi agli arresti domiciliari, con gravi accuse relative all’inferno di Bibbiano, ha annunciato 147 querele per tutelare il suo nome, la prima contro l’alleato Di Maio, come a dimostrare che nel partito si sentono sicuri, a torto o a ragione certi di ottenere soddisfazione dalla magistratura e pronti a intimidire e a rovinare chiunque pretenda di esercitare i diritti di critica e di cronaca. Altri si ritrovano nei guai per il peccato mortale di vedere, di raccontare, di ragionare, di sorridere sull’assurdo vestito di una ministro, di non credere alla santità di Greta, la ragazzina radiocomandata che scherma un ecobusiness colossale e discutibile. Tanto per essere chiari, ci hanno rotto le palle per 20 anni con il regime berlusconiano, ma non si era mai vista una stretta così violenta, così traumatica sulle opinioni, sui pensieri, sulle parole, come in questi primi giorni di governo rosso-rosso. Nel giubilo di quelli che gridavano alla censura e oggi si esaltano se, per un tweet personalissimo, salta la testa di un dannato professore sovranista.