Nulla di fatto su trasporti e scuole, indietrissimo con le terze dosi, pur sapendo che l’efficacia dei vaccini decade rapidamente dopo 6-8 mesi e che gran parte della popolazione più a rischio si sarebbe trovata scoperta proprio in queste settimane. Ma il governo era troppo impegnato a procurarsi un capro espiatorio e a imbavagliare le piazze…
Non passa praticamente giorno in cui il nostro stato di diritto, martoriato durante questa emergenza Covid (ma in realtà anche prima di essa), non subisca un nuovo strappo, come ha ben segnalato nell’articolo di ieri Fabrizio Borasi, che ha catalogato le ferite inferte alla nostra democrazia paventando il rischio di una deriva di stampo più sudamericano che cinese.
Dopo aver permesso l’assalto alla sede della Cgil, annunciato in piazza a Roma da un noto esponente di Forza Nuova sotto sorveglianza; dopo aver sgomberato con gli idranti manifestanti pacifici davanti al porto di Trieste, mai bloccato per stessa ammissione delle autorità; dopo aver reso off-limits Piazza Unità d’Italia fino a fine anno; dopo aver sanzionato con un “confino” il portuale Stefano Puzzer per un banchetto e qualche sedia posizionati a Piazza del Popolo a Roma; dopo tutto questo, ecco che arriva l’annunciata stretta del Viminale contro le manifestazioni no-greenpass: solo sit-in fuori dai centri storici.
Una direttiva che ad essere cauti solleva parecchi dubbi di legittimità. D’altra parte, come denunciamo su Atlantico Quotidiano dal marzo 2020, è dall’inizio che la pandemia viene governata con strumenti illegittimi, come i lockdown decisi per Dpcm, e oggi assistiamo ad una torsione autoritaria da cui in pochissimi, mesi fa, avevamo messo in guardia.
Secondo l’articolo 17 della Costituzione il diritto a manifestare in luogo pubblico può essere limitato soltanto “per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”. In questo caso le limitazioni, in pratica il divieto di manifestare nelle vie centrali delle città, vengono decise ex ante e in via generale, astratta, su tutto il territorio nazionale, dal Ministero dell’interno, e non disposte, a seconda di circostanze concrete, valutate caso per caso, città per città, dai prefetti o dai questori.
I motivi di sicurezza e di incolumità pubblica non sono quindi né attuali né concreti, ma generici e tutt’altro che “comprovati”.
Difficile etichettare come “violente” le manifestazioni contro l’obbligo di Green Pass. È anzi vero il contrario, sono lontane anni luce dagli standard di scontri e devastazioni a cui sono purtroppo abituate le nostre grandi città, se pensiamo che tra tutti i raduni no-greenpass che si sono tenuti da questa estate ad oggi, forse centinaia in decine di città in tutto il Paese, solo la manifestazione del 9 ottobre a Roma ha avuto una coda violenta, con l’assalto alla sede della Cgil – tra l’altro con il ben noto ruolo delle autorità di pubblica sicurezza. Momenti di tensione si sono verificati più di recente a Milano per il pugno particolarmente duro usato dalla polizia nell’indirizzare il percorso dei cortei.
Quanto alla incolumità pubblica, il nesso tra le manifestazioni no-greenpass e la risalita dei contagi a Trieste è tutt’altro che “comprovato”, non bastano certo i 93 manifestanti positivi che ha riportato la stampa per spiegare i 300 casi ogni 100 mila abitanti in una città di confine con un Paese – la Slovenia – che conta in queste settimane oltre mille positivi per 100 mila abitanti. Ma pur ammettendo che il nesso possa esserci, perché la limitazione dovrebbe riguardare anche altre città, come Milano per esempio, dove da “16 settimane”, viene fatto notare, si tengono manifestazioni senza che si registri alcun significativo scostamento dalle medie nazionali dei contagi?
Ma le contraddizioni nelle motivazioni addotte per il giro di vite deciso dal governo non finiscono qui. Se il problema è che le manifestazioni sarebbero veicolo di contagio, che differenza può fare che si svolgano in centro o in periferia? E perché il Covid si diffonde solo nei cortei no-greenpass e non anche alle adunate dei sindacati, ai Fridays for Future o alle manifestazioni per il Ddl Zan? Rispetto del distanziamento e mascherine scarseggiano in tutte, ma la preoccupazione per gli “assembramenti” pare essere a targhe, anzi etichette politiche, alterne.
Strano anche che quando scioperano i trasporti pubblici locali (parliamo di decine di giorni l’anno) nessuna autorità pubblica, e nessun esponente politico, si preoccupi di tutelare il diritto dei cittadini a “vivere la città”, né tutte le volte in cui si è permesso agli antagonisti e ai centri sociali di spaccare vetrine e devastare interi quartieri ci si è mai preoccupati dei commercianti.
No, risalita dei contagi e danni al commercio sono solo pretesti. Tutte queste contraddizioni indicano che la stretta sui cortei è in realtà politicamente motivata, non trova giustificazione in “comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”, ma nelle ragioni della protesta, nell’obiettivo politico del governo di scoraggiarla e silenziarla, rendendola invisibile all’opinione pubblica.
Stupisce negativamente la concomitanza tra la direttiva del Viminale e il discorso pronunciato a Parma dal presidente Mattarella, che davanti ai sindaci – chiamati come sappiamo ad affiancare prefetti e questori nei comitati per l’ordine e la sicurezza pubblica – ha usato parole di inusitata durezza contro no-greenpass e no-vax. Ha parlato di “attacco al libero svolgersi delle attività”, intendendo quelle commerciali, quando semmai si può parlare di danni, mai di un attacco deliberato; di “atti di vandalismo e di violenza”, che come abbiamo visto sono stati estremamente rari ed episodici, con non trascurabili responsabilità del Viminale, arrivando ad adombrare addirittura finalità sovversive: “suscitano qualche preoccupazione, sembrando, talvolta, raffigurarsi come tasselli, più o meno consapevoli, di una intenzione che pone in discussione le basi stesse della nostra convivenza”.
Insomma, nelle parole del presidente un totale ribaltamento della realtà. Un intervento che è sembrato arrivare come giustificazione e avallo da parte del Colle alla stretta del Viminale, che trova precedenti forse solo negli anni di piombo. E che si inserisce in un clima nel quale imperversano dichiarazioni incendiarie, con sindaci che invocano leggi speciali, come per il terrorismo, e per i quali le manifestazioni contro il Green Pass non sarebbero ammissibili in quanto frequentate da persone che “presentano problemi di igiene”.
Anche il presidente Mattarella ha fatto ricorso all’accusa più infamante, quanto infondata o comunque non provata, nei confronti delle proteste, cioè di aver “provocato un pericoloso incremento del contagio”. Strano che manifestazioni ripetute per 16 settimane, come viene lamentato, provochino solo ora una risalita dei contagi. Solo ora che, guarda caso, è in arrivo la stagione fredda, com’è noto la più favorevole alla diffusione del virus, e solo ora che comincia ad aumentare la quota di vaccinati non più coperti dall’infezione.
E questo evidenzia i ritardi e gli errori commessi, ancora una volta, dal governo Draghi (come dal governo Conte). Bravissimi a procurarsi per tempo un capro espiatorio, molto meno a programmare interventi e a prevenire situazioni di criticità.
Titolo (la Repubblica): “Covid, ricoverati nonostante il vaccino. Booster per tutti”. Sommario: “Aumentano i contagi tra forze dell’ordine, pazienti fragili, docenti, la categorie che si erano immunizzate per prime”. Titolo (Il Mattino): “Vaccini, il flop terze dosi. Afflusso lento negli hub sale il rischio contagio”. Questi titoli non sorprendono e ne leggeremo molti nei prossimi giorni. I dati cominciano a parlar chiaro, almeno a chi voglia ascoltarli: i contagi sono in aumento, in percentuale soprattutto tra i vaccinati, perché come ampiamente prevedibile alla luce delle ondate recenti in Israele e Regno Unito, l’efficacia dei vaccini contro l’infezione decade rapidamente dopo 6-8 mesi dalla seconda somministrazione.
Trascorsa tutta l’estate, e l’inizio dell’autunno, a dare la caccia ai no-vax, ancora una volta il governo si è fatto trovare impreparato all’arrivo della stagione più a rischio: nulla di fatto su trasporti e scuole, indietrissimo con le terze dosi, pur sapendo da mesi che gran parte della popolazione – sia i più fragili che i più attivi socialmente – si è vaccinata tra marzo e giugno e quindi proprio in queste settimane sarebbe cominciata a calare la copertura.
Il governo era troppo impegnato a procurarsi un capro espiatorio, a inseguire i no-vax (e ora anche i bambini) e a pensare a come silenziare le piazze. Avrebbe dovuto concentrare le sue energie in una campagna per i richiami alle persone più anziane e fragili, e ai lavoratori più esposti, oggi non più coperti, mentre negli ultimi mesi la sua azione e la comunicazione istituzionale, così come l’attenzione dei media, sono state tutte concentrate sulla polemica contro i no-vax e sul potere salvifico, immunizzante dei vaccini. Per sensibilizzare alla terza dose bisognava invece dire la verità: protezione dalla malattia grave, da ricovero e decesso, meno dal contagio, ma efficacia limitata nel tempo, soprattutto nelle persone anziane e immunodepresse.
Ad oggi solo poco più di due milioni (il 40 per cento) hanno ricevuto il cosiddetto booster tra over 60, ospiti delle Rsa, pazienti fragili e personale sanitario. Dal primo dicembre, assicura il ministro Speranza, sarà disponibile per la fascia d’età 40-60. A questo ritmo si potrebbe arrivare a 7 milioni entro la fine del 2021, assicura il commissario Figliuolo. Rischia di essere troppo poco e troppo tardi. Ma soprattutto, siamo sicuri che il messaggio, la necessità del richiamo, sia passato, oppure chi ne avrebbe più bisogno non lo sa, o non è convinto, pensando che il problema sono i non vaccinati e i bambini?
Nella furia della battaglia ideologica si sono come al solito perse di vista le criticità (trasporti, scuole) e le priorità (anziani, fragili). Errori che rischiamo di pagare a caro prezzo, ma che verranno addebitati al solito capro espiatorio.