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Beppe Grillo è tornato: ma estrarre a sorte i parlamentari non risolleverà la nostra democrazia

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Finalmente è tornato Beppe Grillo. In effetti ci mancava. Ci mancava la sua comicità, ci mancavano le sue urla e soprattutto non riuscivamo più a vivere senza le sue sparate. Insomma ci mancava il campione degli arruffapopolo nostrani. Dopo qualche mese di silenzio il comico si è ripreso la scena, pubblicando un articolo sul suo blog in cui propone l’estrazione a sorte dei membri del Parlamento. A pensare male si potrebbe ritenere che un’uscita del genere sia stata architettata per contrastare lo strapotere mediatico di Salvini. Non a caso anche Di Maio negli ultimi giorni ha schiacciato l’acceleratore sui temi cari all’elettorato del Movimento: il reddito di cittadinanza e il taglio dei vitalizi. Lungi da noi pensare che questa sia una trovata progettata a tavolino con Casaleggio, torniamo al tema: è sensato estrarre a sorte i membri del Parlamento per risollevare le sorti della democrazia?

A mio avviso no. Perché il caso distorcerebbe il sacrosanto principio secondo cui il governo spetta ai migliori (aristoi), cioè a coloro che possono espletare al meglio la propria carica grazie alle loro qualità. Intendiamoci, non stiamo facendo riferimento ad asettici tecnocrati, ma a tutti gli uomini e le donne che, grazie alle proprie doti politiche, amministrative e comunicative possono contribuire al benessere della collettività. A tutti quegli individui che, grazie ai propri studi e alla proprie professioni, eccellono in uno specifico ambito della vita sociale. Certo, le sole competenze non bastano. È necessario saper scaldare i cuori dei cittadini, ormai disgustati dalla politica. Servono nuovi approcci e nuove personalità in grado di rappresentare il Paese. Non certo la retorica grillina che caratterizza l’uomo politico per la sola ed esclusiva onestà. Senza la capacità non si va troppo lontano. Basti considerare il caso Roma. L’onestà c’è (forse), ma sulla capacità abbiamo ancora qualche dubbio.