Berlusconi torna in campo alle Europee, ma la proposta politica non c’è più e rischia un’umiliazione

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La prima discesa in campo fu memorabile. Berlusconi salvò il Paese dai postcomunisti. Tutti gli italiani non di sinistra gliene saranno sempre grati. Il Cavaliere, dopo la turbolenta fase di Mani Pulite, sbarrò infatti la strada del governo ad un Pds che era sulla cresta dell’onda per via delle inchieste del mattatore Di Pietro che lo avevano risparmiato. Come noto, dopo che i partiti tradizionali vennero spazzati via dalla furia giustizialista cavalcata da Occhetto e compagni, il presidente del Milan decise di fondare Forza Italia e in pochi mesi vinse le elezioni.

Dopo venticinque anni, il mondo si è completamente trasformato. Berlusconi ha governato per circa un decennio e non è riuscito a cambiare il Paese. La rivoluzione liberale che aveva scaldato il cuore di molti è fallita. Le tante promesse su tasse, lavoro e crescita sono state disattese. L’Italia, insomma è rimasta la stessa. Con i soliti problemi, il solito statalismo e la solita oppressione fiscale. Il cittadino è ancora il solito suddito alla mercé dello Stato. E adesso, dopo un esecutivo tecnico e cinque anni di Pd, governa una coalizione anomala composta da leghisti e grillini. Un’alleanza impensabile fino a pochi mesi fa, ma che si è realizzata dopo il sorpasso della Lega ai danni di una Forza Italia in grave crisi. Nonostante le durissime parole del Cavaliere contro i gialloblu non bisogna stupirsi. Gli italiani si sono stancati dei partiti su cui si era incardinata la Seconda Repubblica e si sono rivolti altrove. E in breve tempo anche Berlusconi è passato di moda. Certo, durante il governo Monti e con il patto del Nazareno si erano intraviste le prime avvisaglie della sua crisi, che poi è esplosa con le elezioni del 4 marzo. Tale appuntamento è stato uno spartiacque decisivo che ha segnato in modo indelebile la storia politica del Cavaliere. Costringendolo per la prima volta sulla difensiva, in una posizione di estrema debolezza causata dalla libertà di manovra leghista. La scelta di Tajani e la promozione di alcune parlamentari poco brillanti ai vertici hanno fatto il resto. Le loro dichiarazioni, le loro interviste e i tanti convegni autoreferenziali hanno proiettato esternamente un’immagine negativa di Forza Italia. L’immagine di un partito fiacco, che cerca di tirare a campare ripetendo alcuni slogan vuoti e senza una vera proposta politica. L’esatto contrario del movimento che nel 1994 voleva un nuovo miracolo italiano.

In questo momento drammatico Berlusconi ha deciso di tornare in campo per le Europee, con l’arcinoto ritornello del senso di responsabilità e del pericolo esterno (prima erano i comunisti, poi la magistratura e ora i grillini). E con le solite parole d’ordine che ormai non fanno più presa sull’elettorato. Un’incognita, visto lo scenario politico dominato dall’ex alleato Salvini che, al momento, sembra invincibile. Il rischio di un’umiliazione è piuttosto alto. Resta da capire quanto il Cavaliere riuscirà a fare campagna elettorale. Non bisogna dimenticare che l’uomo ha ottantadue primavere alle spalle e i suoi avversari sono molto più giovani. Ma oltre al fattore anagrafico c’è un’importante questione politico-strategica: ha senso candidarsi solo per limitare l’ascesa di Salvini? Anche se Berlusconi riuscisse ad arrivare al 10-12 per cento (un miracolo partendo dal 7 dei recenti sondaggi), dovrebbe fare il comprimario, cosa che gli è sempre riuscita impossibile. Con il senno di poi sarebbe stato meglio ritirarsi dopo il “golpe” del 2011. In questo modo un ritorno in campo avrebbe avuto davvero senso. E forse avrebbe potuto spostare molti più voti.

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