Quella che sembrava essere ormai di quelle candidature sempre attese che però non arrivano mai, alla fine è arrivata per davvero. Michael Bloomberg, già sindaco di New York ma soprattutto uomo d’affari di enorme successo, ha annunciato la sua candidatura alle affollate primarie democratiche per individuare lo sfidante di Donald Trump alle presidenziali del 2020.
Quella di Bloomberg è una candidatura che in molti si aspettavano già nel 2016, in quel caso da indipendente. Scelse di non correre per favorire Hillary Clinton… sappiamo tutti com’è andata.
Il fondatore della multinazionale che porta il suo nome si aggiunge così ad una schiera di candidati composita, ma che, almeno nei favoriti, ritrova due caratteristiche ben precise: età avanzata e bianco. Infatti Bloomberg con i suoi 77 anni pareggia la stagionatura dell’ex vicepresidente Joe Biden e rimane dietro di pochissimo ai 78 di Bernie Sanders. Se a questi tre aggiungiamo l’unica donna con qualche chance di nomination, la senatrice Elizabeth Warren, constatiamo che la sfida è appannaggio di nati negli anni ’40. Eccezion fatta per Pete Buttigieg, 37 anni, la cui freschezza rischia però di essere letta come inesperienza per una carica come quella di presidente degli Stati Uniti d’America.
Ed è parecchio strano che il partito dell’Asinello, alla fine, si ritroverà con un candidato più anziano di Donald Trump. Soprattutto se pensiamo che la nuova generazione di politici Democratici, quella che ha in Alexandra Ocasio Cortez la sua portabandiera, vede nell’uomo bianco, vecchio e ricco (caratteristica peculiare di Mike Bloomberg con i suoi 53 miliardi di dollari di patrimonio personale) la fonte di tutti i mali.
Ma Bloomberg può essere davvero, per i Democratici, il candidato in grado di impensierire The Donald? Il suo è un profilo da indipendente. Registrato come democratico fino agli inizi degli anni 2000, passa con i Repubblicani dal 2001 al 2007 (per ottenere l’endorsement del suo predecessore alla guida della Grande Mela, Rudy Giuliani), ma nel 2018 torna a vestire la casacca blu. Progressista nelle questioni sociali, è a favore di aborto e matrimoni tra persone dello stesso sesso, si definisce però fiscal conservative. Non farà breccia nell’America conservatrice anche a causa del suo appoggio alle politiche per il controllo delle armi: la National Rifle Association ha già fatto partire una forte campagna contro di lui. D’altro canto, strizza l’occhio alle correnti neocon del GOP in politica estera. Una volta ebbe a dire sulla guerra globale al terrorismo: “It’s not only to protect Americans. It’s America’s responsibility to protect people around the world who want to be free.” In suo favore giocano il fatto di essere imprenditore di successo e, soprattutto, i tre mandati come sindaco di New York (fu lui a far approvare dal Consiglio l’estensione del limite da due a tre mandati per potersi ricandidare nel 2008, salvo poi sostenere il referendum che l’avrebbe riportato a due nel 2010). Tutti mandati ottenuti con l’appoggio del Partito repubblicano, anche l’ultimo benché va di moda affermare si trattasse di una candidatura puramente indipendente. Tutti portati a termine con un alto grado di approvazione tra gli abitanti della città sulla foce fiume Hudson.
Ma tutto questo basterà per ottenere l’appoggio dei votanti alle primarie democratiche? È difficile dirlo con certezza, gli elettori dell’Asinello sono mutevoli e nella lunga ed incerta campagna delle primarie può accadere di tutto. Il suo recente impegno per l’ambiente potrà giovargli ma forse non abbastanza per erodere il consenso giovanile di cui gode Bernie Sanders. Anche se difficilmente i Dem sceglieranno un candidato dichiaratamente socialista. Con un Biden in netta difficoltà per il caso Burisma, e ancor di più dopo l’annuncio di un’altra candidatura centrista come quella di Bloomberg, e un fronte liberal spezzettato in mille rivoli, a spuntarla potrebbe essere proprio l’ex sindaco della Grande Mela. Consegnandoci così un epico scontro tra due ricchi uomini newyorkesi: Trump e, appunto, Bloomberg. Sfida in cui, con un’economia a stelle e strisce che va a gonfie vele, il presidente in carica sembrerebbe favorito.
La corsa alle presidenziali 2020 diventa più avvincente, ma sicuramente anche più “bianca e vecchia”. Con buona pace della Ocasio Cortez.