Sino a poche settimane orsono la notizia della candidatura di Michael Bloomberg alla Casa Bianca era accolta con scetticismo, poiché le sue prospettive di vittoria apparivano piuttosto nebulose. E invece il tycoon democratico stava solo “scaldando i motori”, come si dice in gergo, spinto da due principali motivi. Il primo è la profonda inimicizia per Donald Trump, che pure è un multimiliardario come lui. A suo avviso, infatti, Trump dev’essere fermato ad ogni costo (whatever it takes). Il secondo è lo stato caotico delle candidature democratiche: nessuna di quelle avanzate fino a questo punto sembra sufficientemente forte per vincere la contesa finale.
Mette conto notare che tra loro ci sono anche notevoli somiglianze. Provengono entrambi della costa orientale, Trump è di New York e Bloomberg è nato a Boston da una famiglia di immigrati ebrei russi. Tutti e due sono ricchissimi, ma Bloomberg lo è molto di più. Secondo Forbes è uno degli uomini più ricchi del mondo vantando un patrimonio stimato in oltre 52 miliardi di dollari. Inoltre, sono entrambi piuttosto anziani, 78 anni Bloomberg, 74 Trump. Non possiedono una connotazione politica (ideologica) forte e hanno oscillato tra partiti diversi a seconda della convenienza e degli obiettivi personali. Trump appoggiò per un certo tempo i Democratici, in particolare ai tempi di Bill Clinton, passando poi ai Repubblicani.
Bloomberg, a sua volta, nasce democratico e passa ai Repubblicani quando nel 2001 si candida, con successo, alla carica di sindaco di New York venendo successivamente rieletto. Nel 2013 diventa indipendente, e nel 2018 passa nuovamente ai Democratici per candidarsi alla presidenza. Rammentando una celebre espressione di Enrico Mattei, si può anche dire che i due multimiliardari amano usare i partiti politici come taxi. Entrambi sono abili nell’uso dei mass media, e una differenza significativa è data dal fatto che Bloomberg è da tempo impegnato in consistenti attività filantropiche mentre non si hanno simili notizie per Trump. Quest’ultimo, inoltre, si è sempre collocato a destra, mentre il bostoniano è un liberal, anche quando faceva parte del partito repubblicano.
Quasi avesse previsto i flop di Joe Biden e di Elizabeth Warren, nonché l’impossibilità di portare alla Casa Bianca un candidato che si dichiara apertamente socialista come Bernie Sanders, Bloomberg ha scelto di non partecipare ai primi caucus come quelli di Iowa e New Hampshire, stati piccoli che danno pochi delegati. Entrerà quindi in scena il 3 marzo in occasione del Super Tuesday, quando saranno in palio i molti delegati di stati popolosi come Texas e California, e ci sarà anche nelle successive contese elettorali in Florida e New York. L’intento è ovviamente quello di fare il pieno di delegati per ottenere la nomination democratica e, se l’avrà, dovrà poi battersi nella contesa finale con Donald Trump, che nel campo repubblicano non ha rivali di sorta.
Impressionanti sul serio le cifre che Bloomberg ha finora investito. Si parla di quasi 190 milioni di dollari già spesi, con il che ha abbondantemente superato tutti gli altri concorrenti (Trump incluso). Ancora più cospicui gli investimenti digitali che superano quelli dei rivali nel loro complesso. Il tycoon bostoniano, insomma, non sembra avere limiti di spesa e può attingere senza problemi al suo enorme patrimonio personale senza neppure darsi troppo da fare nella ricerca di finanziatori (come invece devono fare gli altri). Ha inoltre a disposizione un vero e proprio esercito di addetti che lavorano per la sua campagna elettorale, si parla di 2.500 persone.
Pur non avendo finora partecipato ai caucus, e senza quindi avere delegati, Bloomberg è ora al quarto posto nei sondaggi nazionali. E, infatti, da numerosi segnali si comprende che Donald Trump lo giudica pericoloso, certamente più del giovane (38 anni) Peter Buttigieg che è attualmente il candidato democratico con maggiori consensi. La strategia dell’ex sindaco di New York appare chiara. Vuole conquistare gli elettori democratici di centro che da un lato non gradiscono le posizioni estreme di Sanders e Warren e non ripongono fiducia in Biden, e dall’altro giudicano Buttigieg troppo giovane e inesperto per avere possibilità di successo nella contesa finale. Resta da capire se, nel caso la sua candidatura si imponesse, Bloomberg sarà in grado di tener testa a Trump nei dibattiti televisivi che nelle elezioni americane hanno un peso decisivo. L’attuale presidente, infatti, ha doti mediatiche non comuni, mentre Bloomberg è considerato da tutti piuttosto “freddo”.