Due giorni fa, in un comizio nel centro di Rio, incontro elettorale del mondo dei cosiddetti artisti brasiliani con i candidati alla presidenza e vicepresidenza della sinistra, Fernando Haddad e Manuela D’Avila (nella foto, con Chico Buarque al centro). C’era quasi tutta l’intellighenzia brasiliana (che in Brasile a volte si misura per numero di dischi venduti), compreso il vecchio Leonardo Boff (toh chi si rivede, maestro e grande ispiratore di Bergoglio), e molti altri “democratici” della cultura di sinistra (democratici beninteso nel senso del perfetto idiota latinoamericano).
In prima fila con Haddad, la moglie e Manuela, Chico Buarque, Caetano Veloso e altri popolarissimi cantanti, compositori, artisti antichi e moderni che vivono ancora dei successi di 40 o 50 anni fa, quando al governo c’erano le giunte militari ma la loro creatività era viva e miniera di capolavori della musica popolare.
In questa autocelebrazione del candidato petista e del PT a un certo punto ha preso la parola un rapper, tale Mano Brown, che ha inanellato una confusa serie di accuse ai governi del PT il cui succo era: “Se si è governato male, è giusto perdere. Non è possibile che tutti quelli che oggi votano Bolsonaro si siano trasformati in mostri: molti li conosco e sono persone normali”. Pane al pane e vino al vino, compagni.
Caetano Veloso, il più sveglio fra gli astanti, tutti dall’aria attonita per essere stati colti di sorpresa, capita l’antifona, si è premurato di prendere il microfono per “tradurre” agli increduli presenti il senso autentico delle parole del rapper il quale, secondo Caetano, “intendeva semplicemente esprimere tutta la complessità del momento politico e delle difficoltà della sinistra”. Per inciso: ah, com’è distante il Caetano di oggi, cantore trombone del potere corrotto e decadente del PT, da quello che cantava l’affascinante senso di esotica leggerezza nelle note sensuali delle atmosfere della sua Bahia! Una brutta vecchiaia davvero, da discutibile intellettuale organico a una casta di manigoldi.
Avrete già capito quindi che, in sostanza, questa riunione di autocelebrazione si è trasformata nella ennesima fregatura per i petisti che vedono ancora una volta un loro evento elettorale inaspettatamente trasformato in un colossale autogol. Più che vittime del fuoco amico, in questo caso possono ben dirsi vittime delle pernacchie amiche, in un certo senso simili a quelle incassate l’altro giorno nel Nordeste da parte dell'”amico” senatore Cid Gomes e divenute in poche ore una battuta divenuta “virale” sul web: Lula esta preso, babaca! (Lula è in galera, imbecille!)
A coloro che misurano la serietà delle posizioni politiche e la loro affidabilità nella interpretazione dei fenomeni sociali sul numero di dischi venduti (in Brasile Chico Buarque, Caetano Veloso e molti altri musicisti sono considerati parte della élite culturale del Paese, non solo di quella artistica), svelerò come alla base di questo generale imprinting politico-culturale del mondo degli artisti non vi sia però soltanto una motivazione di ordine ideologico – la comune visione politica di sinistra, rivoluzionaria o no, anticapitalista, terzomondista, antiamericana, antiborghese, ecc. ecc. – ma una ragione profondamente prosaica, di natura economica. E questa ragione ha un nome e un cognome: Legge Rouanet.
In poche parole, è la legge, varata 27 anni fa, che regola ogni forma di finanziamento di ogni genere di attività culturale e artistica in senso lato, sia da parte di privati che da parte dello Stato, e cioé, in Brasile, del Governo. Attraverso la Legge Rouanet si costruiscono carriere e progetti politici, si creano e si distruggono candidature a posti di potere, si determinano le fortune personali di cantanti e compositori cantori del potere, si alimenta la gigantesca rete di finanziamenti di quella che è un vero monumento del regime di sinistra, la vera “egemonia culturale” del pensiero unico anticapitalista, castrista, bolivariano e terzomondista brasiliano. Insomma, non vi fate fregare dai luoghi comuni della propaganda di sinistra sul terrificante potere della Globo come strumento di dominio sulla societá brasiliana.
Intendiamoci, è vero che la Globo rappresenta un’enorme macchina di influenza e di condizionamento (anche se queste elezioni dimostrano che il candidato Bolsonaro, pigmeo dei tempi televisivi, ha stravinto nel web e nelle reti sociali, fregandosene della Globo e delle tv in genere). Insomma l’opinione pubblica in Brasile la condiziona Chico Buarque molto più della Globo, perché mentre la Globo sta di volta in volta dalla parte dei potenti di turno, Chico Buarque anche quando soggiorna nel suo bell’appartamento di Parigi, osservando le acque della Senna passargli sotto casa, pensa a Cuba, a Castro, alle magnifiche sorti e progressive delle rivoluzioni di tutto il mondo, e canticchia ormai stancamente la sua bella Yolanda.