Ho appreso con sgomento la notizia che, nel 2020, l’Iran, la sanguinaria dittatura degli ayatollah islamici sciiti, sarà ospite d’onore al Salone del Libro di Torino. L’ho letta su un post Facebook dell’indomabile (e fondamentale) Giulio Meotti, giornalista de Il Foglio che fa il lavoro d’informazione su Israele più prezioso dell’intera carta stampata italiana. Non ci volevo credere. Così sono andato a verificare. Nulla di più vero. L’articolo più incredibile (e surreale), che comunicava il “lieto” evento è stato quello uscito su La Stampa di Torino on line il 14 agosto, a firma Miriam Massone; ne riporto le righe finali, tanto per gradire: “In ogni caso – scrive la giornalista de La Stampa – fonti vicine agli organizzatori fanno sapere che lo staff del Salone sarà particolarmente attento nel fare una minuziosa cernita dei testi e anche degli autori che l’Iran porterà alla buchmesse del Lingotto nel 2020 per impedire che valori ostili o comunque avversi al nostro Paese ed all’Ue sbarchino a Torino”. Non è finita qui. Chiosa infatti la Massone: “Sarà dunque valorizzata la libertà di pensiero, da parte di artisti e letterati iraniani, mentre non sarà lasciato spazio ad elementi ideologici che distinguono il regime degli ayatollah come l’odio verso i gay, la negazione della Shoah e dei diritti delle donne.” Che è un po’ come dire, noi invitiamo i gerarchi del Terzo Reich, però stiamo ben attenti a che i testi che porteranno non accennino allo sterminio degli ebrei, dei rom, degli oppositori politici e degli omosessuali e all’esaltazione della razza ariana. Non so cos’è peggio, davvero. Se un carrozzone di pseudo intellettuali di sinistra che continua a flirtare coi dittatori di tutto il mondo o la stampa che ci prende per imbecilli.
Tutto questo, nonostante da diversi mesi esista un governo che sembra abbastanza diverso dai precedenti. E che, in qualche modo, sta cercando di tagliare i ponti con il modello Italia che abbiamo conosciuto fin qui. Eppure, il mondo dell’informazione (lo abbiamo visto con il blocco verso la nomina di Marcello Foa a presidente della Rai) e ancor più quello della cultura sembrano non solo congelati nel loro iperspazio ma asserragliati come gli ultimi samurai folli di un’era ormai andata. Penetrare nella cittadella fortificata delle Terze Pagine, dei Premi Letterari (a cominciare dallo Strega), delle Fiere del Libro, dei Meeting Internazionali degli Scrittori sembra la cosa più difficile in assoluto. Modificare il loro approccio antiliberale, terzomondista da chiacchiera alla patisserie, proto comunista, filo reazionario e antidemocratico per DNA pare impossibile.
Paradossalmente sembrerebbe più facile mandare a casa il governatore della Banca d’Italia che il direttore editoriale del Salone del Libro di Torino, il Comitato della Fondazione Bellonci o il presidente della Biennale o quello della Mostra del Cinema di Roma. Nonostante avremmo tanto bisogno di aria nuova, di gente nuova. Di una mentalità diversa. Di un vero spoil system che liberi l’orticello cultural-letterario dalle sterpaglie ideologiche e soprattutto post-ideologiche.
E’ vergognoso, ripeto, vergognoso, invitare come ospite d’onore al Salone del Libro di Torino 2020 uno stato canaglia come l’Iran degli ayatollah, benedetti, fra gli altri, non dimentichiamolo, da quel miserabile intellettualino che fu Jean Paul Sartre – una delle tante menti distorsive dei “gloriosi” anni ’70 – che, nel 1979, quando il feroce sanguinario ayatollah Khomeini prese il potere, gridò al miracolo rivoluzionario contro l’imperialismo yankee. Oggi, a quarant’anni di distanza da quell’evento funesto, riporterei in vita quel decadente scribacchino francese per fargli vedere in che condizioni versano le donne iraniane, i gay che vengono impiccati in pubblica piazza, gli oppositori politici. Mostrerei a quel fallito esistenzialista i piani di destabilizzazione del Medio Oriente di Tehran, le mire espansionistiche in Siria, il supporto finanziario e militare a Hezbollah, le milizie di Dio nel Libano del Sud e adesso anche all’organizzazione terroristica jihadista Hamas, in quella Gaza mitizzata dalla sinistra sciattona ma umiliata dalla presenza di un’organizzazione criminale che fa tutt’altro che badare al benessere del popolo palestinese; tutti insieme sanguinariamente per la distruzione di Israele.
Mi chiedo: possibile che il duo che gestisce il Salone del Libro di Torino non sappia queste cose? Non legga i giornali? Non si informa? Non sanno che l’Iran ha condannato a morte Salman Rushdie per i suoi “Versetti Satanici” (romanzo regolarmente venduto al Salone del Libro), e che gli infami islamisti hanno accoltellato il traduttore italiano, Ettore Capriolo, e hanno ucciso quello giapponese? Non sanno che il poeta gay iraniano Payam Feili si è dovuto rifugiare in Israele? L’elenco degli orrori del regime sciita è lunghissimo, non basterebbe un articolo. La risposta a queste domande è contenuta nella storia del nostro paese, purtroppo. In linea con una prassi tanto cara a qualunque intellettuale ideologizzato che ha raggiunto posizioni di potere negli ultimi 70 anni, si preferisce girare la testa dall’altra parte. Loro, e altri, preferiscono avere, come hanno fatto (quasi) tutti dal dopoguerra a oggi, buone relazioni con ogni tipo di dittatore. Di sciacallo affama-popolo, di despota riempito di soldi per tenere buone le sue masse di potenziali sobillatori. Preferiscono qualsiasi altra cosa alla democrazia occidentale.
Che cosa importa che Tehran inciti un giorno sì e l’altro pure alla distruzione dello stato d’Israele. Che organizzi ogni anno un festival fumettistico per prendere in giro la Shoah e i suoi morti. Che cosa importa che, dopo una rapida ricerca in rete, si trovino foto della condizione delle donne sotto lo Sha di Persia (già, la Persia, non l’Iran, maledetti assassini islamisti) e la condizione umiliante sotto questi barbuti repressi? Cosa importa? Immagino che a loro importerà coprire le statue quando arriverà in visita il ministro della cultura iraniano. Esistono statue di nudo al Lingotto? Mi raccomando, copritele. Invitate anche l’Alto Commissario UE Federica Mogherini che sarà lieta di accogliere i vostri ospiti con un foulard intorno alla testa, come una vera devota di Allah.
Soprattutto, cari Bray e La Gioia, non vi importa del fatto che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump abbia stracciato l’accordo sul nucleare e imposto nuove pesantissime sanzioni non solo all’Iran ma a chiunque faccia affari con il regime sciita. No, non vi importa perché se vi importasse l’Iran dovreste boicottarlo e non invitarlo come ospite d’onore a un Salone del Libro che di anno in anno non fa che ripetere, stancamente, se stesso. Una giostra tenuta su “con fumi e raggi laser” dei soliti noti (e il pezzo di Battiato proseguiva: “Mandiamoli in pensione i direttori artistici, gli addetti alla cultura”), a nascondere un drago sdentato che non ha più la forza nemmeno di accendere un fiammifero. Ah, quanto avremmo bisogno anche noi di un Donald Trump che non solo boicotti regimi infami come quello sciita, ma, con tono yankee che tanto indigna gli amici dei dittatori, ricordi ai nostri giornalisti, cantori mediatici, intellettualini, l’unica cosa che fingono di dimenticare di sé: “You are fake news! Fake News!”.