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Il caso EMA: oltre al danno, la beffa. E Italia in “Serie B”

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Perché, se la mancata vittoria di Milano durante le votazioni, il destino folle e nefasto della monetina lanciata, l’inadeguatezza dell’offerta olandese e la scelta di assegnare il ricorso italiano a un giudice nederlandese non bastavano, è arrivato l’ultimo capitolo della grande beffa che l’Italia e Milano stanno subendo ormai da mesi: il Consiglio dell’Unione europea ha considerato “irricevibile” il ricorso fatto dal capoluogo lombardo.

L’Unione europea continua quindi a dimostrare tutta la sua manchevolezza, rigettando, tramite la memoria difensiva del Consiglio, il ricorso portato avanti dal Comune di Milano. Ancora non è detta l’ultima parola: questa memoria difensiva non ha alcun reale valore e il ricorso, come sottolineato dall’avvocato incaricato dall’amministrazione meneghina, è stato accolto dal Tribunale europeo, quindi ammissibile e valutabile. Si tratta quindi di una semplice affermazione del Consiglio, ma che dimostra ancora una volta la totale indifferenza della governance europea di tutto ciò che è l’Italia o è italiano; anzi, forse addirittura disprezzo. Sia chiaro, il governo italiano ha ampie colpe nel non essere riuscito a convincere, tramite manovre diplomatiche, gli altri membri a votare per Milano. Tuttavia, è deprecabile quanto filtrato dopo il voto circa, ad esempio, manovre tedesche per impedire l’assegnazione dell’Agenzia del farmaco al capoluogo lombardo, con l’assenso dei Paesi baltici e dell’est Europa, in parte scontenti dell’eliminazione di Bratislava. Perché diciamoci la verità, il blocco centro-nordico dell’Europa si muove a braccetto mentre i Paesi di “Serie B”, come tali trattati, cercano disperatamente di accaparrarsi qualche briciola, come fatto da Madrid che ha concesso il proprio voto ad Amsterdam.

E l’Italia, in questa vicenda, si dimostra anch’essa parte della “Serie B”. La proposta di Milano, tecnicamente ineccepibile, è stata battuta da una proposta olandese che fa acqua da tutte le parti: sede permanente in costruzione, sede temporanea anch’essa in costruzione ma secretata nel dossier consegnato per le votazioni (e le regole, votate anche dal nostro governo lo permettevano, così come il lancio della monetina dopo il terzo sorteggio finale). Il Comune di Milano, la Regione Lombardia e, timidamente, il governo italiano, hanno deciso di presentare ricorso: ovviamente, seguendo una narrativa quasi fantozziana, l’istanza italiana verrà esaminata da un giudice olandese. Per carità, auspichiamo nell’onestà intellettuale del vicepresidente del Tribunale Marc van der Woude, membro di un organo indipendente e formato da rappresentanti “denazionalizzati”, tuttavia, sarebbe riduttivo descrivere di cattivo gusto, al limite della beffa, la scelta di assegnare un ricorso contro la capitale olandese a un olandese; a parti invertite, non oso immaginare cosa sarebbe potuto accadere.

E’ qui che sorgono tanti, troppi dubbi: possibile che le ispezioni precedenti al voto abbiano permesso ad Amsterdam di candidarsi? Possibile che sia stato accettato un progetto nel quale gli ispettori hanno potuto osservare solamente un cantiere a cielo aperto, paragonandolo al Pirellone, ispezionato da cima a fondo e considerato pronto (vorrei ben vedere) a ospitare gli uffici dell’Agenzia? La proposta olandese si è dimostrata quindi fallace, evidenziando anche problemi nel terminare in tempo le strutture indicate: secondo alcune indiscrezioni, il trasferimento costerebbe già oggi il 34 per cento in più di quanto preventivato. Ovviamente costi che gravano sulle tasche dei cittadini europei, italiani compresi.

Il 22 febbraio, una delegazione del Parlamento europeo guidata dall’europarlamentare Giovanni La Via ha visitato la sede temporanea dell’Agenzia. Se il piano, sulla carta, risulterebbe fattibile, le perplessità circa la riuscita del progetto nei tempi previsti è palpabile. Inoltre, La Via ha reso noto che non è stata presentata un’alternativa in caso di mancato adempimento, gettando ulteriori ombre. Come se non bastasse, l’edificio temporaneo è diverso da quello prospettato nel progetto olandese, approvato prima del voto dalla Commissione Europea, e che, in seguito all’assegnazione, la dirigenza dell’EMA aveva ritenuto inadatto per le sue attività e quindi da cambiare. Presentarsi con un progetto inadatto, vincere e modificarlo dopo? Ciò è possibile solo a Bruxelles.

Il fascicolo legislativo sulla delocalizzazione sarà messo ai voti a Strasburgo, in sede di commissione ambiente, il 12 marzo in seduta plenaria, ma le speranze che il Parlamento europeo rimetta tutto in discussione sono esigue: se anche tutti i 73 europarlamentari italiani facessero blocco unico (e non è affatto scontato che accada), risulta improbabile che gli altri 678 europarlamentari intervengano a favore dell’Italia.

Un’altra mancata occasione per l’Unione di semplificare le proprie iniziative e avvicinarsi ai cittadini, promuovendo piuttosto processi complessi, artificiosi e poco trasparenti.

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