Per puro caso, ho scoperto che, nell’elenco di coloro che hanno depositato il proprio curriculum per il cda Rai, c’è il nome di Francesco Vatalaro. Docente universitario, esperto di telecomunicazioni, personalità indipendente, non sospettabile di partigianerie in alcuna direzione, di sicura competenza.
Dal piccolo vascello di Atlantico, ci permettiamo di invitare tutti (maggioranza, opposizione, governo, gruppi parlamentari) a valutare la sua candidatura. Almeno per quattro ragioni.
La prima è che stiamo parlando di uno dei massimi conoscitori italiani di tlc. Se si vuole riconcepire una missione per la Rai, il tema dovrebbe essere proprio quello di mettere i “vecchi media” radiotelevisivi in collegamento con il nuovo mondo delle telecomunicazioni. Immaginare sinergie sempre più forti, capire come i contenuti possano viaggiare e interagire su più veicoli, evitare che l’offerta Rai resti troppo ancorata a un mondo antico (la tv generalista) fatalmente destinato a perdere terreno.
La seconda è che si tratta di un esperto anche di formazione, con un approccio non statalista e non dogmatico. Per chi ancora crede (chi scrive non è nella categoria, lo ammetto) nella funzione di un servizio pubblico svolto da un soggetto a sua volta pubblico, quello dovrebbe essere un obiettivo essenziale.
La terza ragione è che il professor Valataro ha dedicato una vasta attività di ricerca al tema dell’efficientamento dei costi e delle spese. È dunque l’uomo giusto per proporre idee e soluzioni, e anche nuovi investimenti, senza che tutto si riduca in progetti costosi e spendaccioni, a carico del contribuente.
La quarta (e più importante) è una vecchia battuta che circolava in tempi di lottizzazione da prima Repubblica: “serve un democristiano, un comunista, un socialista, e poi uno bravo”. Ecco, la seconda Repubblica ha spesso eliminato l’ultima categoria. La candidatura del professor Vatalaro offre un’occasione per invertire la tendenza.