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Ci vuole solo il coraggio dei giornaloni italiani per celebrare il Quirinale dopo questi 88 giorni

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Senza distinzioni di schieramenti e appartenenze culturali, la stampa di tutto il mondo, negli ultimi sette giorni, non ha potuto fare a meno di sollevare critiche e perplessità nei confronti del Quirinale.

Nessuna “assoluzione” nei confronti degli attori della politica, sia chiaro: ma al tempo stesso, una onesta e direi giornalisticamente doverosa sottolineatura delle perplessità suscitate dalle scelte di Mattarella e dei suoi consiglieri.

Nel metodo: è stato saggio dare un segnale di ostilità ai partiti “populisti”, che comunque erano stati chiaramente scelti dagli elettori? Nel merito: non sarebbe stato meglio accompagnarli subito a una soluzione, anziché porre veti? Nelle conclusioni: non è stato un grande spettacolo la soluzione all’italiana dello spostamento di casella del ministro contestato, salvo scegliere un economista di approccio analogo per il Mef. Nelle conseguenze: questa giostra ha fatto ballare per giorni l’Italia sui mercati, e soprattutto ha aperto uno scenario paradossale. Parliamoci chiaro: nella campagna elettorale del 4 marzo, nessuno aveva messo all’ordine del giorno l’uscita dall’euro. Con la radicalizzazione indotta dal Colle, invece, siamo andati vicini a un nuovo rodeo elettorale esattamente centrato sull’Italexit. Bel “capolavoro”.

Queste cose avete potuto leggerle sui media internazionali e su poche, pochissime testate italiane: il piccolo vascello di Atlantico, La Verità, Italia Oggi, e – con approccio culturale profondamente diverso e toni più polemici – sul Fatto. Con poche altre eccezioni, i giornaloni si sono invece dedicati a una celebrazione senza soste della “saggezza del Colle”, con effetti francamente comici.

Perfino a cose fatte, ieri mattina, il Corriere della Sera ha avuto il coraggio di parlare di “soddisfazione senza trionfalismi” da parte del Quirinale. Avete capito? Senza trionfalismi. Mentre La Stampa ha assegnato al Quirinale un bell’8 in pagella, elogiandone la “pazienza e il sangue freddo”.

Ora, che ci sia rispetto nei confronti della massima istituzione repubblicana, è comprensibile, anzi sacrosanto. Ma che si pratichi questo livello di piaggeria, di sospensione del giudizio critico, di deliberato trucco (nel senso del make-up) della realtà, è un’ulteriore spiegazione del motivo per cui sempre meno italiani leggano questi giornaloni.

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