Con la crescita dei contagi e il ricorso ai Dpcm è tornato il “metodo Casalino”. Una strategia comunicativa studiata per mettere al centro della scena Conte, rafforzandone l’immagine di premier gentile e paterno, grazie al gioco delle aspettative sui testi e trasformando libertà tutelate dalla Carta in gentili concessioni, ma volta anche a criminalizzare i cittadini, facendo passare in secondo piano le evidenti inefficienze del governo – dopo 8 mesi di emergenza – rispetto ai comportamenti individuali
Con la crescita dei contagi e con il ricorso ai Dpcm è tornato il “metodo Casalino”. Una strategia comunicativa studiata per mettere al centro della scena il premier grazie al gioco delle aspettative create dalla circolazione delle bozze dei Dpcm. La tecnica è semplice: in un primo momento vengono fatte circolare alcune ipotesi di misure particolarmente restrittive, in modo da suscitare panico tra i cittadini. Successivamente, creata una certa apprensione, gli italiani vengono spinti a seguire tutte le comunicazioni del presidente del Consiglio per conoscere la reale entità delle nuove restrizioni.
Il “metodo Casalino”, per come è stato finora utilizzato dallo staff di Palazzo Chigi, mira anche a sondare in tempo reale gli umori dell’opinione pubblica per modificare i contenuti dei provvedimenti e rafforzare l’immagine del premier.
Solitamente, nelle bozze dei Dpcm entrano misure particolarmente restrittive che poi vengono ammorbidite o addirittura eliminate. Basti pensare all’ipotesi del divieto di feste nelle abitazioni private, poi trasformato in una forte “raccomandazione” per spinta, pare, del Colle. Il ruolo del premier Conte, in queste dinamiche, come sottolineato più volte da Antonio Palmieri su Twitter, è assolutamente cruciale. Nella fase in cui vengono fatte circolare le bozze il premier rimane cauto, sottolineando soprattutto l’impegno per trovare soluzioni condivise. Poi, quando il Dpcm viene firmato, ne presenta i contenuti esaltando le concessioni con toni fortemente paternalistici. Questo gli permette di farsi percepire come figura paterna attenta alle esigenze degli italiani, a differenza di altri ministri percepiti come molto più rigoristi. Basti pensare alla delazione e ai controlli di polizia evocati da Speranza per colpire le feste in casa. Conte, per rovesciare una proposta evidentemente incostituzionale, ha dichiarato: “Ovviamente non manderemo – voglio essere chiaro – le forze di polizia nelle abitazioni private. La sfera di vita privata la vogliamo assolutamente tutelare”. Insomma, pur non avendo i poteri per violare il domicilio (articolo 14 della Costituzione, la “più bella del mondo”…), l’avvocato del popolo ha trasformato un’ovvietà in una gentile concessione. Nella solita logica secondo la quale i cittadini vengono considerati dei sudditi o dei bambini che devono essere accuditi da un padre buono e comprensivo.
La strategia comunicativa costruita da Casalino non si limita solo alla diffusione delle bozze dei provvedimenti e alla costruzione dell’immagine di un premier gentile e paterno. La comunicazione di Palazzo Chigi si incentra anche sulla colpevolizzazione degli italiani. In un processo fortemente polarizzante, essi vengono costantemente messi sotto processo per i comportamenti scorretti, mentre il governo si autoassolve, proteggendo così le proprie scelte. Malgrado questo fortissimo spin, i dati dicono che l’Esecutivo non si è fatto trovare pronto, nemmeno dopo 8 mesi di stato d’emergenza, sia perché ha speso solo un terzo dei 3,4 miliardi che erano stati stanziati per fronteggiare l’emergenza; sia perché non sono stati creati i posti di terapia intensiva che erano stati previsti. Ma grazie a una comunicazione finalizzata a criminalizzare i cittadini, inefficienze evidenti stanno passando in secondo piano e sembrano ormai essere prive di importanza rispetto ai comportamenti individuali.
Il “metodo Casalino”, tra le altre cose, ha un grave effetto collaterale che consiste nella pericolosa sovrapposizione tra provvedimenti ufficiali e ufficiosi. La circolazione di bozze, motore di questo sistema comunicativo, non fa altro che complicare la vita a un’Italia già impaurita e sempre più confusa. L’esatto contrario di quello che dovrebbe essere realizzato da una comunicazione sobria ed efficace.