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Coltellata alla democrazia: chi era Sir David Amess, ucciso da un estremista islamico

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Per tutte le persone impegnate nel servire la collettività, in qualsiasi forma e a qualsiasi livello, la notizia dei fatti avvenuti a Leigh-on-Sea il 15 ottobre che hanno portato alla morte di Sir David Amess è stata devastante.

Non si è trattato di un piano sofisticato messo in atto da un gruppo di estremisti, magari con i palazzi di Westminster come obiettivo. Bensì dell’azione di un uomo solo, solo nella scellerata convinzione che un atto del genere possa in qualche modo appartenere alla nostra società occidentale. E per questo, scioccante.

Il gesto odioso, di uno squilibrato che Scotland Yard ha poi identificato come un uomo di origini somale e di religione islamica, è un colpo inferto al cuore della democrazia. Non solo per il fatto che sia successo in Inghilterra – “madre di tutti i parlamenti” ergo della democrazia parlamentare nel senso moderno del termine – ma soprattutto perché ha colpito nel momento più alto della vita democratica di un Paese: il rappresentante che si confronta con i membri della comunità che rappresenta (e sia ben chiaro, non solo con i suoi elettori).

Senza filtri, senza scorte, cittadino e rappresentante in un momento di confronto quasi catartico, a dialogare, spiegare, per il bene della comunità.

Durante la mia attività nel Conservative Party non ho mai avuto il piacere di conoscere Sir David di persona. Avendone letto gli scritti e seguite le interviste, tante cose ci accomunavano. L’ammirazione verso Margaret Thatcher, con cui ha servito in Parlamento dal 1983. Le umili origini, entrambi provenienti dalla working class, anche se di Paesi diversi. La convinzione di poter contribuire al miglioramento della società, e l’importanza di motivare ogni persona ad inseguire e raggiungere le proprie aspirazioni.

E poi i valori. Grande sostenitore delle libertà individuali – molto cauto e a tratti critico verso lockdown, obbligo mascherine, passaporti vaccinali – e di grandi battaglie per i diritti degli animali e di attenzione all’ambiente.

Sposato con cinque figli, nei 38 anni di permanenza a Westminster la condotta etica e morale di Sir David è stata immune dagli scossoni pubblici e privati che caratterizzano la vita di molti politici. Pur essendo stimato, all’interno del proprio partito tanto quanto dall’opposizione, non ha mai ricoperto carichi ministeriali, soltanto perché amava essere, come egli stesso si definiva, un constituency MP, ossia un parlamentare più interessato a lavorare per il bene della comunità che alla propria carriera.

La sua personalità e il suo carisma erano contagiosi, e la sua giovialità, naturalezza e competenza trovavano la stima e le simpatie in modo trasversale.

In una delle ultime interviste, condotta dal giornalista di LBC Iain Dale, dichiarò che la capacità di un servitore della collettività si sviluppa nel tempo e con l’esperienza, con la gavetta. Ammirava chi come lui aveva iniziato da giovane nella vita pubblica, e dalla politica locale aveva progredito in quella nazionale. Perché “servire la collettività è una cosa seria”.

Il 15 ottobre questo Paese ha perso un vero servitore della collettività, infaticabile, umile e accessibile. Ma anche se la democrazia ha perso uno dei suoi esponenti più rappresentativi, paradossalmente si è rafforzata. Perché l’esempio offerto da Sir David non sarà vano, le migliaia di persone che dedicano le proprie energie a servire la collettività ogni giorno continueranno a trarre ispirazione dal suo operato. Per migliorare, avanzare, far progredire questo Paese. Per la democrazia.