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Come il Wuhan Virus accelera le sfide della Nato: i membri europei sempre più dissociati dalla nuova realtà strategica

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Il virus di Wuhan potrebbe allontanare ulteriormente la percezione europea dalla realtà, creando una profonda divergenza tra chi si concentra sulla sicurezza sanitaria e chi invece ritiene che sia centrale la difesa nazionale e della democrazia

Anche nel 2020 il ruolo principale della Nato rimane quello di garantire la libertà e la sicurezza dei Paesi membri. Questo però è un concetto che si presta a differenti declinazioni strategiche perché costantemente oggetto di dibattito e differenti visioni. Soprattutto, è dibattuto come far percepire tale missione alle audience nazionali dei Paesi membri e a quelle “esterne”. 

Le correnti principali sono due: la prima vorrebbe l’Alleanza come attore di hard security con un’organizzazione in grado di risolvere in maniera eccellente le crisi con l’uso della forza per mezzo della sua non pareggiabile struttura militare.

La seconda intende l’Alleanza come un’organizzazione che può fornire sicurezza nel mondo senza l’utilizzo della propria forza militare ma per mezzo della componente politico-diplomatica e la forza della “dissuasione” e/o “deterrenza”.

Il presidente Trump ha dato una “scossa” all’Alleanza nell’ultimo summit, chiedendo cambiamenti sostanziali (per esempio, maggiori spese per la difesa), ma in risposta gli alleati, soprattutto europei, negano la natura, la portata e la velocità del cambiamento strategico in atto. La pandemia di Covid-19 potrebbe essere il punto di svolta per definire un nuovo equilibrio di un ordine globale sempre più precario. Si può supporre che mentre Covid-19 accelererà senza dubbio questo cambiamento, è poco probabile che ne trasformi radicalmente la natura. In effetti, se le conseguenze in termini strategici del Covid-19 sono simili alle pandemie del passato, mai così “forti” da porre fine alla minaccia di un conflitto, potrebbe comunque aumentare il livello di minaccia. I governi e l’opinione pubblica europea sono fermi su una certezza decennale: non ritengono che possa scoppiare una grande guerra nell’immediato futuro, anzi escludono l’ipotesi di un conflitto globale in futuro.

Il virus di Wuhan potrebbe allontanare ulteriormente la percezione europea dalla realtà, creando una profonda divergenza tra chi si concentra sulla sicurezza sanitaria e chi invece ritiene che sia centrale la difesa nazionale e della democrazia. Sulla sicurezza sanitaria è intervenuto il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, mettendo a disposizione il coordinamento logistico nei rifornimenti di materiali medicali. Il programma scientifico della Nato ha inoltre finanziato un progetto di diagnostica anticorpale rapida, proposto dall’ISS e promosso dalla Farnesina. Ma sul piano della difesa nazionale e della democrazia, sembra che pochi governi europei comprendano la situazione e siano in linea con le preoccupazioni americane. Nella maggior parte dei casi non prendono in considerazione uno scenario del genere. Contro questa visione, numerosi affermati analisti intravedono il pericolo che l’Alleanza debba in un prossimo futuro affrontare una crisi multi-teatro simultanea nel Mar Cinese (Taiwan o Hong Kong), nel Medio Oriente (Siria e Turchia) e nel Nord Africa (Libia), nonché sui fianchi orientali e settentrionali dell’Alleanza attraverso lo spettro convenzionale e nucleare e lo spettro analogico e digitale.

Dal punto di vista strategico una delle conseguenze negative della pandemia potrebbe essere, per la Nato, che i Paesi europei decidano di sospendere la modernizzazione dello strumento di difesa nazionale per concentrarsi sulla sicurezza sanitaria. Questo metterebbe Washington davanti ad una scelta: continuare a difendere l’Europa compensando le sue debolezze militari, rendendo così le proprie forze armate relativamente più deboli in altre aree del mondo, o abbandonare l’Europa e l’idea di Transatlantic Link per gravitare in aree di maggiore interesse economico per gli Stati Uniti, quali il Pacifico.

Partendo dal presupposto che Pechino e Mosca non sono capitali di Paesi da additare ad esempio di “democrazia”, esse potrebbero sfruttare – e lo stanno già facendo – la possibile “debolezza” sociale e politica americana causata dal virus per esercitare pressioni sia sugli Stati Uniti stessi sia sui loro alleati, politicamente ed economicamente più deboli, aumentando in modo esponenziale le loro attività di soft power.

È probabile che i già insufficienti (a parere di Trump) investimenti europei nel settore della difesa diminuiranno ulteriormente dopo la crisi, ma, contemporaneamente, la portata in numero e impegno di forze delle possibili missioni Nato potrebbe accrescersi.

Nel contempo è indubbio, poi, che l’ascesa militare della Cina aggraverà il sovraccarico di risposta militare americana, ma senza un aumento della spesa le capacità militari europee non saranno in grado pareggiare l’impatto delle nuove tecnologie nello spazio di battaglia, come l’intelligenza artificiale, i super computer, la minaccia spaziale, in cui cerca di inserirsi anche l’Iran.

Chi conosce bene la Nato e i suoi meccanismi di funzionamento e attivazione sa che a Bruxelles inizia a serpeggiare il citato dilemma strategico, esemplificabile nel semplice assunto che le crisi non arriveranno in pacchetti singoli. Il dilemma è come garantire alla Nato le capacità per fare azione di difesa e deterrenza sui suoi fianchi orientali e settentrionali e simultaneamente sostenere gli alleati sul suo fianco meridionale nel caso continui il caos in Medio Oriente e Nord Africa.

In questo quadro emerge con forza in queste ore la questione: come farà la Nato a gestire il suo ormai scomodo membro turco che cerca di espandere la sua influenza proprio in queste due aree? La sola risposta è di ricercare un notevole miglioramento dell’interoperabilità delle forze armate europee (escludendo per il momento la Turchia) con le controparti statunitensi e strutturare consultazioni politiche molto più veloci tra Usa-Europa.

Bisognerebbe ideare una “Forza Europea” con la capacità di assicurare difesa e deterrenza in caso di emergenza quando grande parte delle forze statunitensi sono impegnate in altre zone del mondo. La Forza Europea dovrebbe essere capace di una buona interoperabilità con la futura Forza Americana

Non deve essere un’utopia pensare a un partenariato strategico Nato-Ue in grado di proiettare potere e proteggere le persone spostando rapidamente, in emergenza, forze e risorse in Europa e nei dintorni per sostenere la dissuasione e strutturare una difesa. Tale dimensione del partenariato conterrebbe anche molto l’arroganza di Ankara.

La Nato è in definitiva un’assicurazione strategica contro la guerra in un mondo instabile in cui strategia, tecnologia, capacità e convenienza si combinano per alleati e avversari. Deve quindi essere un deterrente militare di alto livello ispirata al “Si vis pacem, para bellum”.

Soprattutto, i membri europei dovrebbero entrare nell’ottica che nel prossimo decennio gli Stati Uniti saranno in grado di “garantire” la difesa dell’Europa solo se gli europei faranno molto di più per la propria difesa. Virus di Wuhan o no, tra poco sarà in gioco il futuro della Nato.

Se un giorno non tanto lontano non riusciremo a modernizzare la nostra Alleanza, la Cina comunista e, probabilmente, la Russia potrebbero trarne enormi vantaggi.

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