In questi ultimi anni abbiamo dedicato buona parte della nostra vita a combattere sul fronte delle libertà economiche e dei diritti dei contribuenti in Italia. Dopo una lunga indagine nei maggiori distretti economici, finalizzata a comprendere perché il nostro PIL annaspa nello zerovirgola, perché le aziende chiudono e/o delocalizzano, ci siamo trovati di fronte ad una dura realtà: in Italia si è rotto il rapporto e la fiducia tra stato e produttori. I diritti dei contribuenti in genere sono stati compressi, per lasciar spazio a brutali ragioni di cassa a beneficio di una spesa pubblica improduttiva e predatoria sulla quale nessun governo ha mai voluto davvero mettere le mani.
In Italia circa 4 milioni di persone, a vario titolo e c’è da dire nonostante lo stato, sono ancora titolari di una partita IVA, sono freelance, autonomi, commercianti, artigiani, professionisti, ditte individuali, micro-imprese ecc ecc. Poi ci sono le società, dalle srl alle società di capitali, fino ad arrivare alle grandi aziende, che magari sono diventate grandi anche grazie alla generosità di banche amiche e perché in massa hanno attinto alla genorosa mammella dei denari e appalti pubblici, divenendo società parastatali.
Ma torniamo ai privati, a coloro cioè, che vivono di scambi commerciali tra privati, nella dura e spietata trincea del mercato vero, senza garanzie, senza prebende, senza tfr, malattie e ferie pagate. Ecco questi “produttori” al momento in Italia sono degli autentici eroi, che però son diventati martiri loro malgrado, donne e uomini che devono inventare e produrre reddito da zero per sé, per la propria famiglia, per i propri collaboratori, avendo a che fare con un socio aguzzino (lo stato) e nullafacente a cui baciare le scarpe e che ti ricambia togliendoti quasi il 65% (total tax rate) del frutto del tuo lavoro. Questa è la sorte di tutte le partite IVA che non rientrano nel regime forfettario cosiddetto “dei minimi”. Perché qui in Italia funziona al contrario, lo stato ti dice: amico produttore se ti limiti a produrre e fatturare poco io sarò clemente con te, ma se ti azzardi ad alzare la testa, a produrre e a fatturare in modo consistente io ti massacro e ti seppellisco sotto una montagna di tasse e contributi fino a farti asfissiare.
Sono troppi lustri che sentiamo ripeterci la stessa solfa da coloro che si sono contesi il potere, tutti hanno annunciato di voler diminuire debito pubblico, tasse, spesa pubblica e cuneo fiscale, ma invece tutto è peggiorato, deteriorato. Oramai l’Italia è, per un imprenditore, uno stato canaglia, il paese da cui fuggire, un inferno fiscale da cui tenersi ben lontani. Ecco spiegato perchè il nostro PIL annaspa. Ma pensiamo seriamente che chi si è succeduto al governo in questi 25 anni tutto questo non lo sappia? E perché mai non ha aggredito, allora, la spesa pubblica, riorganizzato e valorizzato al meglio le risorse, ad esempio quelle immobiliari dello stato, il tutto a beneficio di un taglio drastico del debito e della diminuzione della pressione fiscale? Perché le forze politiche che si sono alternate al governo hanno innanzitutto pensato alla propria sopravvivenza e a perpetuare il proprio potere, soprattutto negli enti locali, nelle regioni, dove servono preferenze e truppe cammellate. Hanno pensato a sollazzare il proprio bacino elettorale clientelare, in sintesi hanno preferito parastatalizzare il consenso politico, piuttosto che aprire ai privati. I partiti politici hanno preferito controllare il consenso controllabile, piuttosto che attuare politiche espansive verso i produttori, le imprese, i liberi professionisti, le partite IVA, un bacino elettorale più difficile da controllare. Ma qual è stato il risultato di questa visione miope e scellerata? La crescita esplosiva del debito pubblico, la non diminuzione della spesa pubblica, i conti in rosso dell’INPS, l’impoverimento costante degli italiani e, ovviamente, la crescita esponenziale del ceto dei parassiti il cui unico obiettivo è prosciugare il reddito dei produttori.
La politica economica e fiscale degli ultimi 25 anni non ha migliorato l’andamento dei conti della dissestata Prima Repubblica e ha aperto un nuovo conflitto, non più tra padroni e operai, ma una guerra senza esclusione di colpi tra parassiti, protetti da partiti e sindacati, e produttori (datori di lavoro e lavoratori del privato) protetti da nessuno e da nessuno rappresentati in Parlamento, soprattutto il mondo costituito da quei 4 milioni di martiri di cui parlavamo prima. È giunto quindi il momento che tra lavoratori e datori di lavoro si crei un asse, un patto, un’alleanza. Lo stato col sostituto d’imposta ha tentato in questi anni di tener ben distinti e confliggenti il mondo degli imprenditori (datori di lavoro in genere) e i lavoratori (collaboratori a vario titolo del privato) ma oramai il gioco è finito. In America direbbero “potere ai contribuenti”, le deleghe sono finite è ora che chi produce trovi il tempo e la voglia di organizzarsi in partito politico. Questo mi aspetto per il 2018, questo è il nostro obiettivo.
*Andrea Bernaudo è presidente di SOS partite IVA