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Conte in Ghana: i soliti luoghi comuni sull’Africa e i suoi problemi

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Il primo ministro italiano Giuseppe Conte si è recato in Ghana a fine novembre per inaugurare il centro di formazione agraria Okuafo Pa, una iniziativa pilota del Progetto Africa, un piano di sviluppo avviato da Eni e Coldiretti. Spiega la Presidenza del Consiglio che il campus di Okuafo Pa si estende su 40 ettari, comprende laboratori sperimentali e aree agricole, ospiterà 800 studenti all’anno e si articolerà in un indirizzo per la formazione di agricoltori e uno per la formazione di imprenditori. Il progetto si avvale delle partnership con Cassa Depositi e Prestiti, che assicurerà l’individuazione dei più adeguati meccanismi di accesso al credito. Coldiretti e Bonifiche Ferraresi garantiranno il supporto nell’avviamento delle attività agricole. L’iniziativa, informa ancora la Presidenza del Consiglio, è orientata al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, il piano globale di lotta alla povertà e alle ineguaglianze articolato in 17 obiettivi e 169 traguardi varato nel 2015 dalle Nazioni Unite e che gli stati membri si sono impegnati a realizzare entro il 2030. In particolare, è in linea con ben sette obiettivi: porre fine alla povertà; assicurare a tutti l’accesso a una educazione di qualità; raggiungere la parità di genere; garantire a tutti l’accesso ad acqua pulita e servizi igienico sanitari; assicurare a tutti un lavoro decoroso e promuovere una crescita economica sostenibile; garantire modelli di consumo e produzione sostenibili; rivitalizzare le collaborazioni globali per lo sviluppo sostenibile.

“Ho voluto essere qui, anche solo per poco tempo – ha dichiarato il primo ministro Conte dopo aver visitato il campus – perché questo progetto ci dice almeno due cose importanti. La prima: con questa iniziativa l’Italia porta in Africa le proprie conoscenze, il suo know how e li mette a disposizione affinché anche in questi territori ci possa essere conoscenza, crescita sostenibile e sviluppo. È un modello di cooperazione tra pari in cui l’Italia crede e di cui dobbiamo tutti essere fieri. La seconda: questo è lo strumento più efficace per arginare i flussi migratori illegali di oggi e di domani. Perché diamo a queste persone un buon motivo e un’occasione per non abbandonare il loro Paese, ma piuttosto farlo crescere e sviluppare”.

Il Progetto Africa, ha spiegato l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi il 12 ottobre parlando al Forum di Coldiretti a Cernobbio, prevede l’impiego di almeno 2 o 3 miliardi di investimenti per coprire tutta la popolazione: sette milioni di persone, un milione delle quali coinvolte direttamente più l’indotto. L’obiettivo “estremamente ambizioso” è fornire non solo infrastrutture, ma offrire l’opportunità di imparare un lavoro. “È un progetto – ha detto l’ad di Eni – che ha una particolarità: creiamo infrastrutture, scuole, case, vitto e alloggio, e diamo un salario ai giovani, che vanno dai 18 ai 42 anni, per due anni per imparare un lavoro. Quello che vogliamo insegnare è il lavoro dell’agricoltore”. Il progetto, ha concluso, “sarà un mezzo estremamente efficace per far crescere l’Africa. Avranno bisogno di energia e lavoro, di una diversificazione per poter rimanere nella loro cultura, a casa loro, con un grosso aiuto da parte della filiera italiana che è la prima a muoversi in modo integrato verso uno sviluppo economico e sociale”. Che dire, oltre al fatto che è davvero una scoperta che gli africani dai 18 ai 42 anni siano da considerare “giovani”; che a emigrare illegalmente non sono persone povere e spesso si tratta di giovani che lasciano una occupazione, persino una buona posizione economica e sociale; che suona strano dover andare a insegnare agli africani come coltivare visto che lo fanno da millenni e continuano a essere in maggioranza agricoltori e allevatori di bestiame; e, infine, che di sicuro l’Africa ha bisogno di energia, ma ne ha letteralmente da vendere, come dimostrano le sue esportazioni di petrolio, gas naturale, uranio… che fruttano miliardi, basta farne buon uso.

Oltre a tutto questo c’è da dire che forse era il caso che Eni e Coldiretti realizzassero il loro progetto pilota, invece che in Ghana, in Italia, dove c’è un drammatico bisogno di occupazione, formazione, aiuto ai giovani che patiscono un tasso di disoccupazione del 28,7 per cento mentre in Ghana è del 4,9 per cento (e la disoccupazione complessiva è del 2,4 per cento rispetto a 9,9 per cento dell’Italia). Il Pil del Ghana oltre tutto cresce a tassi impressionanti: 8,1 per cento nel 2017, 6,3 per cento nel 2018 e, stimato, 8,5 per cento nel 2019. In effetti in tutto il continente africano l’economia cresce da almeno 25 anni. Nel periodo dal 2000 al 2016 ha registrato un incremento annuo medio del Pil del 4,6 per cento. Anche nel 2016, quando si è avuta la peggiore performance economica, il Pil è comunque cresciuto del 2,2 per cento. Attualmente è il continente secondo per rapidità di crescita, con una previsione di incremento medio annuo del Pil del 3,9 per cento nel quinquennio 2018-2022 e questo nonostante alcuni Paesi attraversino una fase estremamente critica. È il caso del Sudan del Sud, ad esempio, con addirittura un -16,7 per cento nel 2016 e una decrescita media annua del Pil del 3,46 per cento tra il 2009 e il 2018; o della Guinea Equatoriale, da anni in decrescita: -8,6 per cento nel 2016, -2,9 per cento nel 2017, -7,9 per cento nel 2018. Per contro altri Paesi mostrano una notevole stabilità economica. Del Ghana si è già detto. La media annuale di crescita del Pil della Costa d’Avorio nel periodo che va dal 1961 al 2019 è del 5,3 per cento con incrementi dell’8,3 per cento nel 2016, del 7,8 per cento nel 2017 e del 7,10 per cento nel 2018. L’Angola vanta un aumento del Pil del 150 per cento tra il 2003 e il 2013 e, dopo alcuni anni di crisi, si prevedono ulteriori incrementi nel prossimo triennio.

“Avete tutto l’appoggio del governo – aveva detto il primo ministro Conte a Cernobbio – è un progetto che deve favorire il matrimonio tra economia ed ecologia, che devono andare a braccetto. Soprattutto in Africa, dove si concentra buona parte della popolazione mondiale”. Neanche questo è vero. Gli abitanti del pianeta sono 7,7 miliardi. Gli africani sono 1,3 miliardi.