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Contro le seconde case emerge la cultura madurista del governo e l’invidia sociale sui social

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Dunque, si apprende che non sarà possibile andare nelle seconde case neppure nella cosiddetta fase 2. E si parla, a quanto si capisce, di divieti per case all’interno della Regione di residenza. Figuriamoci, quindi, quando sarà possibile raggiungere quelle di Regioni limitrofe, seppur in città a meno chilometri di distanza rispetto a quelle all’interno della stessa Regione di residenza. Ora, si può ben comprendere tutta la cautela e le prudenze dovute per non estendere l’eventuale contagio in piccoli centri, i cui ospedali sono già ben oberati. Ma almeno una norma di buon senso, che consenta a un proprietario, figlio di un ceto medio, espressione della borghesia produttiva e non parassitaria, già pesantemente massacrato da Imu salatissime, bollette doppie, di andare lì almeno una volta e solo per un giorno per controllare sarebbe possibile? Visto che questo ceto medio i soldi per mettere vigilantes non li ha? Non è una protesta “populista”, termine ridondante sulla bocca di troppi politici di sinistra, ma, come ha scritto in un tweet il collega Alberto Ciapparoni di Rtl: “Qui si rischia la rivolta sociale”.

In tutto questo, la cosa più grave, il vero punto politico è che tutta la filosofia scatenatasi, anche sui social, contro le seconde case mette spavento. E questo ceto medio si sente, intanto, inerme, indifeso. È una filosofia secondo la quale la proprietà privata è un furto e quindi ben vi sta, a voi “ricconi”. Roba da mentalità parodistica dei Soviet e della Kommunalca da Dottor Zivago. Un signore osa replicare sui social: è riccone pure chi “trova la vecchia cascina ereditata dalla nonna occupata dagli zingari?”. Si legge che a una signora in Veneto sia accaduta una cosa del genere, con conseguente intervento dei carabinieri per sgomberare la piccola casa occupata da clandestini nordafricani. Altri sembrano come costretti a giustificarsi, dicendo che quelle seconde case non sono per le vacanze. Ecco, ma anche se lo fossero e fossero state edificate solo per questo sarebbe un reato? A che punto si è ormai arrivati in questo disgraziato Paese, con alla guida del governo, con tutto rispetto, un premier che non aveva mai fatto fino a quell’incarico politica, con un partito-movimento maggioritario ancora solo in Parlamento? Ovvero i 5 Stelle, un movimento che ha fatto e continua a fare del decrescismo, del divanismo da reddito di cittadinanza, del motto uno vale uno una sorta di imperativo categorico che sembra stia utilizzando la tragedia coronavirus per attuare davvero il proprio tragico disegno.

Sono figlia di un signore, self made man, che la casa, ora di mia proprietà, per me seconda casa, essendo da moltissimo tempo residente a Roma, la realizzò dopo aver rifiutato un posto da impiegato statale, prendendo la sua cinquecento alle tre del mattino per andare a sbattersi dal Centro Italia nel Sud Italia, fino a Foggia. E lo fece certo per una legittima ambizione personale che però, proprio in nome di quella, contribuì tra milioni di italiani a completare l’A1 e poi a realizzare la Napoli-Bari. Non fu esattamente una passeggiata. Furono sogni realizzati ma anche sacrifici inimmaginabili, per la classe politica in auge ora, di milioni di italiani che ricostruirono il Paese, che gli dettero la spina dorsale viaria, completata in soli 8 anni ed esposta come esempio al Museo di Arte Moderna di New York. Furono italiani che contribuirono a modernizzare un Sud dove c’erano ancora fogne a cielo aperto, dove un piccolo manager non veniva compreso in italiano neppure dai suoi stessi operai a fianco dei quali lavorava e poteva esser preso anche a sassate con la sua famiglia se magari osava redarguire qualcuno che non aveva fatto bene il proprio lavoro. Non è razzismo. Non sono opinioni. Ma sono fatti molto precisi, di cui sono testimone in presa diretta, della situazione allora di una parte del nostro Paese e non certo per colpa di questa stessa parte del Paese.

La Questione Meridionale non è certo un’invenzione. E persiste ancora oggi. E comunque sono fatti precisi che testimoniano l’ambizione, il gusto di gettarsi nella mischia, di assaporare il rischio (avrebbe detto Sergio Marchionne), ma anche il calvario di milioni di italiani che contribuirono a cambiare le cose, a modernizzare e unire in modo concreto il Paese. È un furto la proprietà privata costruita a questo prezzo? Non lo è per questi piccoli “eroi”, ma non lo è neppure per chi la casa se la costruì, con i risparmi di una vita, semplicemente per le vacanze al mare, dando così lavoro a tutto il settore turistico alberghiero e al suo vasto indotto. Non è furto né per il piccolo manager né per un grande imprenditore come Flavio Briatore. Furto rischia di diventarlo solo per un Paese al quale è toccata la sciagura di esser guidato da un governo che più a sinistra nella storia repubblicana non c’era mai stato. Fino a sconfinare nel venezuelano madurismo. Ora non si facciano polemiche? Per favore basta con frasi così. Almeno per  un po’ di rispetto nei confronti di chi l’Italia la ricostruì davvero, nel senso letterale del termine. Mattone su mattone, pietra su pietra, traversina su traversina. La proprietà privata è la libertà, sacra e inviolabile.