Contrordine, compagni! Basta che il governo repressivo lo sentano amico, e si votano al Leviatano

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Sono finiti gli invasati tutti contenti perché il coronavirus aveva ripulito l’aria e le città, “adesso sì che si respira”. Finiti i fanatici che credevano di godersi le nostre città impareggiabili senza l’odioso puzzo dell’umano volgo: si sono accorti che la Bellezza, maiuscolo per la Madonna, non serve a niente se non la puoi ammirare, è come l’albero che cade nella foresta. Quante se ne sono sentite in questi 40 giorni di deserto! Punizione divina, ben ci sta, siamo tutti colpevoli, dobbiamo cambiare modo di vivere (cioè tornare alle caverne, al paleocomunismo platonico), il pianeta si vendica, la natura si ripaga: si credevano laici, e tradivano il peggior conformismo fideistico, quello del Dio meschino, che punisce per gusto sadico e non fa distinzioni. Spariti anche quelli convinti che “ne usciremo migliori”: intanto, bisogna ancora capire quando e se ne usciremo, poi che ci ritroveremo più saggi, confidenti e caritatevoli è l’ennesimo miraggio del politicamente corretto petaloso: saremo più ansiosi, feriti, incattiviti dalla cattività e desiderosi di recuperare il tempo perduto, anche sull’onda di una propaganda consumistica (e filocinese, vedrete) martellante.

L’abbiamo proprio interpretata male questa pandemia. Coi soliti occhiali del cattocomunismo demente e rancoroso, l’abbiamo buttata in esoterismo militante; ma poi, perché “abbiamo”? Hanno, più esattamente, gli apostoli della lingua di legno. Nel nome dell’amore universale hanno tifato per lo sterminio della razza umana. All’insegna della scienza hanno gufato coi peggiori auspici di morte. Sbandierando il vessillo del restare umani hanno tifato per la morte dei vari Johnson, Trump, Salvini, Meloni. Il solito partito di Bibbiano, che per certe cose ha un fiuto da segugi, si è accanito sulla figlia di Salvini, di anni 6. E, naturalmente, hanno tifato per gli sbarchi dei migranti i quali, forse in regime di santità, sarebbero gli unici immuni al contagio passivo e attivo (d’altra parte, se i suddetti migranti vengono bloccati su una nave, per esigenze di quarantena, si voltano dall’altra parte e non sbraitano più alla strage umanitaria, perché i ministri dell’interno coi nemici si stroncano, con gli amici si interpretano).

Ne usciremo migliori? Non scherziamo. Di questa pandemia non abbiamo – non hanno – capito niente, l’hanno trattata come l’ennesima direttiva di partito, l’ennesimo “contrordine, compagni!”: dall’abbraccia il cinese, fascista chi sta a casa, allo stato di polizia, che piace proprio a chi scrive sui muri ACAB, per chi indugia sul terrazzo. Smarronavano prima, smarronano adesso in senso opposto: in nome di una sicurezza ancora una volta magica, irrazionale perché assoluta, vorrebbero paralizzare tutto, le conseguenze non le calcolano, le ricadute mentali, sociali, economiche le risolvono con le patrimoniali. Ma, come diceva Montanelli, se capissero di economia, non sarebbero comunisti. Lo stesso per ciò che concerne la libertà: anarcoidi, simpatizzanti del ribellismo delinquenziale, scoprono tutto il loro conformismo se il governo repressivo lo sentono amico: allora si votano al Leviatano, diventano i peggiori uomini d’ordine, scatenano le smanie delatorie e spione. Salvo poi capire che uno stato pervasivo, una volta provato sulla propria pelle, ci mette poco a ustionarla.

Contrordine, compagni anche sul rapporto con l’umanità, da amare, sì, ma in senso leninista: col dovuto distacco, compatimento, disprezzo. Di colpo nessuno esulta più per i deserti di strade, di piazze metafisiche, che sembrano dipinte da Guttuso; di colpo i notiziari si riempiono di servizi giustapposti, prima quello delle Pasquette “di merda”, da anatema pasoliniano, consumiste, serpentoni d’auto in fila, fumi e vapori nei parchi presi d’assalto, gran sciamare di turisti ciabattoni, intontiti dal primo sole caldo; poi la mestizia della Pasquetta virtuosa: città derelitte, la fine del mondo qui, adesso, lampeggiare inutile di sirene, “carabinieri e polizia che ti guardano severi, chiudi gli occhi e voli via”, come cantava Lucio Dalla. E non c’è dubbio da che parte penda la nostalgia, il coronavirus ha dimostrato che anche la peggiore gente, molesta, bovina, inquinante, rumorosa è pur sempre meglio della purezza frigida di un coprifuoco. Che il provincialismo di governo che riapre le librerie, e solo quelle, è patetico. Che “i buoni libri”, “la buona musica” da consumare in reclusione non tamponano la reclusione, la rendono solo più patetica, più assurda. Perché le cose belle della vita sono belle fino a che le puoi gustare, se diventano una via di fuga, non funzionano più. Che non esiste vita senza doverci sopportare e questa è la nostra benedizione da scontare. Che gli umani sono animali sociali, e Aristotele aveva ragione. E che lo snobismo dei compagni apocalittici, che la gente la amano solo quando sta a distanza, e si lascia giudicare, e si lascia condurre, è una tetra disperazione da dementi.

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