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Copyright e internet gratis: ecco perché Di Maio sbaglia

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Qualche giorno fa il vicepremier Luigi di Maio, ministro del lavoro e dello sviluppo economico, ha dichiarato in pompa magna: “Ci opporremmo (sic) con tutte le nostre forza (i refusi sono un diritto d’autore contenuto nel comunicato stampa ufficiale del Mise, ndr) a partire dal Parlamento europeo, siamo anche disposti a non recepire la direttiva se dovesse rimanere così com’è”. Di Maio probabilmente non sa che il testo dell’art. 13 proposto dall’europarlamentare Axel Voss prevede espressamente che l’implementazione delle misure tecniche richieste ai gestori di servizi di condivisione di contenuti per impedire la pubblicazione di opere di terzi debba essere “proporzionata” e tale da “garantire il giusto equilibrio tra i diritti fondamentali di utenti e titolari dei diritti”.

E poi ancora il ministro Di Maio: “Il nostro governo vuole garantire mezz’ora di connessione gratis a chiunque non può permettersela”. Purtroppo, oltre che proporre proposte impossibili sulla gratuità di internet, il ministro del lavoro attacca apertamente una direttiva che intende tutelare la remunerazione dei creatori di contenuti. Che un politico pensi che le informazioni di qualità siano gratis potrebbe essere l’inizio di una barzelletta se non fosse una parte del suo discorso.

Che un ministro del lavoro si scagli contro gli 83.000 tra autori ed editori, che attualmente chiedono la tutela dei loro diritti tramite la Siae, fa paura. E probabilmente ancora peggio è che Di Maio forse non sa che il mercato dei diritti d’autore ammonta a circa 6 miliardi di euro l’anno.

Al posto di prendersela con una direttiva che altro non è che una tutela degli autori di contenuti da un uso sproporzionato dei loro lavori su internet, il nostro ministro del lavoro e dello sviluppo economico dovrebbe pensare a come riformare e liberalizzare la gestione dei diritti d’autore in Italia.

Solo nel settore della musica, l’immobilismo del monopolio Siae costa oltre 13 milioni di euro l’anno ad artisti e consumatori. A tali costi, oltre ai debiti di gestione della Siae che, tra scandali e investimenti sbagliati, ammontano a quasi 803 milioni di euro, si devono sommare quelli relativi alle altre sezioni della Siae (audiovisivi, opere letterarie etc.), dove il divario tra i tassi di efficienza del monopolista pubblico e quelli delle analoghe società estere è ancora più forte.

I danni creati da questa società sono oramai sotto gli occhi di tutti. L’inefficienza del monopolio pubblico in un settore come quello degli audiovisivi, che è in continua evoluzione, ha creato inevitabili danni.

E allora è lecito chiedersi: davvero Di Maio vuole tutelare il lavoro e la libertà di informazione, oppure vuole tutelare un mondo utopistico basato su blog più o meno seri? Noi, nel nostro piccolo, vogliamo sperare che quello di Di Maio fosse un lapsus e speriamo che lui, e il suo ufficio stampa, passino quei 30 minuti in più su internet per capire che il mondo non si ferma al blog 5 stelle ma è più complesso.

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