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Il coro d’odio contro Salvini di quelli che “restiamo umani”: lo accusano di violenza verbale e fascismo, ma sono i primi a praticarli

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“Io ti schiaccerò”. No, non è un rapper di periferia o un pugile da sottoclou. È Marx. Quello puro, incontaminato, verace. Quello che non ha mai smesso di allevare adepti al culto dell’odio sacrosanto, del sangue necessario. La lotta di classe. La rivoluzione, mai pranzo di gala, che passa per il fucile. La “scopa di Dio” di negriana memoria che ramazza via i rimasugli non più uomini, meri simboli di un regime da spazzare. E allora, legenda: qui non s’intende difendere nessuno: invece, si accusa chi accusa. Chi, partendo dal cuore, arriva alla bile, e addebita all’avversario politico, che in questo momento è uno e uno solo, ogni nequizia dell’umanità, terremoti, inondazioni, cambiamenti climatici, crollo dei ponti e delle scuole, avvelenamento di pozzi, carestie, guerre, Isis, persistere della mafia, Italia fuori dai mondiali di calcio, zanzare d’estate. I loro attacchi sono furibonde cariche di bisonti a testa bassa al grido “restiamo umani!”. Le loro spiegazioni, vagamente circolari: lo attacco per difendere la democrazia, perché lui è il peggio, perché è un sovranista, perché è di Milano, mangia polenta, perché è un gran putiniere, perché ha quella faccia lì, quella barba lì, perché mi sta sulle balle, perché va di moda, per non restare indietro, perché sì. In soldoni, squisitamente perché non è di sinistra: è questo il filo conduttore, la motivazione suprema che ha fatto ereditare a “S.” il travaso d’amore già toccato a Berlusconi, il Mafioso che stava dietro tutti i fatti di mafia da Portella della Ginestra in poi. E, prima di B., l’innominabile, il C., Craxi. Su, su, sempre più in alto fino al padre Abramo. Tutti uniti da una colpa capitale: non essere della parte giusta, l’unica, la sola, per cui incarnare il regime totalitario a prescindere. Tutto il resto è pretesto, è a prescindere. Ecco dunque una veloce carrellata dei pensieri e parole che dal 4 marzo scorso hanno gratificato in particolare Salvini: l’uomo nero, il nemico pubblico numero uno, Holocaust Salvini, lui e solo lui, i grillini, fino a ieri compatiti al di sotto del disprezzo e del ridicolo, di colpo dimenticati, contestualizzati, neppure gl’imputano più i dissesti romani, fosse mai che un domani finiscono per rifluire nel minestrone sinistrone. E allora, vai col tango.

Mauro Casciari, conduttore Rai: Salvini topo, cavia da esperimento. Nina Zilli, vocalist: Salvini fanculo (live). Asia Argento in metoo: Salvini merda. Roberto Saviano in Saviano: mala vita, buffone (e qui viriamo sull’epiteto daffettato, demodè, ottocentesco: manigoldo, fellone, poffarbacco). Frankie Hi NRG, artista in penombra: Salvini miseria umana (poi, sentendosi dare del cretino in risposta, ha precisato: mi delegittima, è regime. Tradotto: io posso darti dello scarto, se tu fiati sei un dittatore). Gemitaiz, altro rapper per mancanza di alternative: Salvini quando muori facciamo una festa. Gad Lerner, Rolex di lotta (continua) e di potere: Salvini fascioleghista ingrassato. Varie sui social e sui muri: maiale ebola ladro scafista cannibale assassino orco porco, e siamo già al “bersaglio” della Settimana Enigmistica. Non si salva la compagna, Elisa Isoardi, “la Petacci dei fornelli”, e neppure la figlia al primo giorno di scuola.

Seguono le copertine illuminate: Salvini satana, demonio (Famiglia cristiana). Salvini non uomo, sottouomo (l’Espresso). Noi non stiamo con Salvini e chi ci sta è complice (rolling stone). Altri più articolati commenti: “Salvini parla come i nazisti con gli ebrei” (Impagliazzo, presidente della libera Comunità di Sant’Egidio. Salvini aveva definito parassiti i rom che vivono negli accampamenti, e ciascuno è libero di farsi una opinione sull’apporto dei suddetti alla società alla luce della cronaca quotidiana). Quindi i digiuni di protesta, fors’anche di nausea, dei santi padri Zanotelli e Ciotti. E le delicate allusioni della cultura alta, dell’opera lirica che allo Sferisterio di Macerata arruola pure Mozart, ruspe sul palco del “Flauto Magico”, voce fuori campo che urla a sarastro/Salvini: razzista! E i delicati montaggi di televisivi di Blob, sempre così neutro, equidistante, distaccato. Mai partigiano. E i temini nelle scuole dell’obbligo dove in una tenera grafia infantile si possono leggere invocazioni a Babbo Natale: “Come liberarci da Salvini”.

Insomma, se tutta la meglio (e anche la peggio) intellighenzia lo detesta, qualcosa avrà pur fatto, il maledetto. Che cosa? Intanto, esiste; “è”, come la famosa pubblicità di un tempo. Vedi che ha fatto ben bene il presidente Mattarella quando ha convocato l’impresentabile e gli ha detto paternamente: veda di darsi un po’ una calmata. Le variazioni sul tema, di per sé un po’ monotono, sono tante ma il vero topos, il leit motiv, il ritornello che va per la maggiore è quello di Salvini appeso a testa in giù (digitare per credere, c’è perfino una apposita chiave di ricerca su Google). Molti assaporano l’odore di macelleria messicana, si inebriano al pensiero, qualcuno, più colto, sfumacchia i toni, l’ultimo il maestro Camilleri che in modo lievemente allusivo gli ha consigliato di stare attento a non finire a testa in giù come quell’altro. Ogni tanto, spunta sul tema un artistico murale, vedi a Torino che a sua volta riprendeva una vecchia idea, realizzata a Bologna nel 2016 ad opera di un collettivo che aveva impiccato un fantoccio salviniano. Fino alla scarica di alcuni antagonisti torinesi in un video su Youtube, tipo batteria dei fuochi artificiali: “Salvini fascista razzista diofa (o dioantifà?) fuori dalle palle cazzo di minchia fuori dai coglioni sbirro”. È tutto, a voi la linea. Bisogna pur dire, per equità, che, a fronte di tante parole di burro, quelle di “S.” sono effettivamente d’odio, di brutalità intollerabile. Per esempio, a un consigliere locale Pd che, restando umano, sigli augurava incidenti mortali per i piccoli Salvini, S. ha risposto: “Lascia stare i figli, cretino”. Che violenza, ditemi voi se un ministro può trascendere fino a questo punto.

Ma qui non si difende nessuno, anzi diciamo pure che una opposizione, un controllo su chi comanda può prendere anche queste strade accidentate, piene di accidenti augurati, diciamo che neppure la democrazia è un pranzo di gala e il potere deve sapere, deve ricordare che l’insofferenza fa parte del gioco non meno del servilismo e dell’ammirazione. La faccenda curiosa, però, è che a scaricare le loro colate laviche sono quelli che accusano il bersaglio di “pronunciare frasi d’odio”; sono gli ineffabili restiamo umani, i figli dell’amore eterno, gli eterni scandalizzati per le parole d’odio del porco maledetto. Tutti convinti che in Italia si viva in una dittatura che soffoca il diritto di critica, come questo Cristian Raimo, adelante pedante, che non nasconde il proprio, comprensibile, disappunto per la nomina di Foa alla presidenza della Rai: oggi, scrive, non c’è argine al potere “incompetente fino alla caricatura di se stesso , arrogante con tratti fascistoidi, becero, maschilista, arroccato, vetusto, antiestetico [aliena vitia in oculis tenemus, et cetera], ridicolo, retrogrado, vile, residuale. Oggi non c’è opposizione capace di arginarlo. Ma presto, sono convinto, arriverà non l’opposizione, non la critica, non il contrasto, non il conflitto. Presto arriverà la vendetta e sarà spietata”. Ben detto, compagno: per abbattere il regime P38, Hazet 36 o lettura integrale del corpus di Raimo? Sono gli stessi che rabbrividiscono al pensiero di un’arma da fuoco, con la dovuta eccezione: anzi, anche su quelle si scagliano contro Salvini che le sdogana con la legittima difesa, se potessero gli sparerebbero a lupara.

Che gran brutto Paese, l’Italia: speriamo che l’Onu faccia in fretta, che madama Bachelet ci spedisca gl’ispettori, che ne abbiam sì gran bisogno, e si sbrighi a venirci ad illustrare le magnifiche sorti progressive di Cuba, Venezuela, Nord Corea ed altre latitudini così democratiche, così paradisiache, vuoi mettere con il criminale totalitarismo salviniano, vetusto e antiestetico che gira da noialtri?