Parlare di coronavirus e di Iran non è piacevole. Non solo perché non è piacevole parlare di un virus che sta colpendo molte persone – e sta togliendo molte vite – ma anche perché c’è una forte speculazione sui numeri, sia da parte di chi sostiene il regime, che da parte di chi lo contesta.
Quello che possiamo dire è che, ad oggi, la Repubblica Islamica è praticamente il secondo Paese più colpito dal Covid-19, con dati reali certamente superiori a quelli che vengono dichiarati ufficialmente dal regime. Facendo un giro sui social in queste ore, girano cifre assurde (c’è chi parla di almeno 1.500 morti), viene denunciato l’uso di fosse comuni per nascondere i cadaveri e ci sono anche video di vittime cadute esanimi per terra e circondate da persone, ovviamente restii ad intervenire per paura di essere contagiate.
Dall’altra parte, il regime per giorni ha praticamente negato il problema, trattandolo come fosse una guerra di propaganda voluta dai nemici della Repubblica Islamica. Khamenei ha persino indicato questa propaganda come la vera causa della bassa affluenza – la più bassa dal 1979 – alle elezioni parlamentari dello scorso 21 febbraio. Il governo ha quindi rigettato l’idea di mettere in quarantena la città santa di Qom, epicentro del folocaio di Covid-19 in Iran. È stato anche permesso alla compagnia aerea Mahan Air di continuare a volare liberamente verso la Cina, senza predisporre alcun controllo sanitario opportuno e alcuna quarantena. Il risultato è stato drammatico, con situazioni anche paradossali, come quella del viceministro della salute Iraj Harirchi, passato da una conferenza stampa in cui sosteneva posizioni anti-quarantena, ad essere tra i contagiati e quindi alla fine costretto egli stesso all’isolamento. Oggi Teheran dichiara almeno 1.500 contagiati e 66 morti, tra loro anche l’ex ambasciatore iraniano presso la Santa Sede Hadi Khosroshahi e un membro del Consiglio per il Discernimento, Mohammad Mirmohammadi.
Se è ragionevole dubitare di alcuni numeri altissimi diffusi dall’opposizione al regime iraniano, è tuttavia improbabile, come suddetto, che i numeri forniti da Teheran siano reali. La città di Qom continua a non essere messa in quarantena, con scene assurde, come quelle in cui diversi fondamentalisti iraniani leccano i luoghi sacri della città per dimostrare la loro fede religiosa (con effetti devastanti sulla salute pubblica). La capitale Teheran sembra in una pessima situazione. Si tratta di una città ad altissima densità di popolazione, con un livello di smog estremo (moltissimi iraniani soffrono infatti di problemi respiratori, problemi che il Covid-19 ovviamente aumenta, con rischi serissimi di perdere la vita).
E anche in questa crisi dall’Iran giungono notizie allarmanti riguardo l’azione censoria dei Pasdaran. Secondo quanto riportato dal sito Iran Wire, il 22 febbraio scorso un gruppo di specialisti aveva incontrato il viceministro della salute Harirchi – poi risultato contagiato – per mettere in guardia il governo sulla reale situazione della diffusione del coronavirus nel Paese. Poco dopo l’incontro, questi stessi specialisti sono stati singolarmente contattati dai Pasdaran, ricevendo l’ordine di non diffondere pubblicamente quanto avevano detto al viceministro. Il 24 febbraio, quindi, il capo dei Pasdaran Hossein Salami ha chiamato il ministro della salute Saeed Namaki e annunciato che sarebbero state proprio le Guardie Rivoluzionarie a prendere in mano la gestione dell’emergenza Covide-19.
Avocando a loro stessi la totale gestione della guerra al coronavirus, de facto i Pasdaran prendono due piccioni con una fava: si mostrano come gli unici capaci di confrontare una emergenza – da loro stessi sottovalutata per giorni – e riescono a piazzare miliziani ovunque nel Paese (in primis i Basij), che verranno anche usati per reprimere ogni forma di dissenso, davanti a chi diffondere dati diversi da quelli “ufficiali” del regime. In attesa delle elezioni del 2021, quando quasi sicuramente – dopo il Parlamento – i conservatori si assicureranno anche l’elezione dell’ennesimo presidente ultra-conservatore.