Cultura

Brava Beatrice Venezi a sfidare il fascismo degli antifascisti

L’Inno a Roma di Puccini eseguito a Lucca. Anche la musica diventata terreno di scontro politico e pretesto per lanciare allarmi sul ritorno del fascismo

Beatrice Venezi

Beatrice Venezi non ci sta a raccogliere la contestazione da parte dei francesi e risponde con l’Inno a Roma, Lucca. Lo ricordiamo, il direttore d’orchestra (così vuole giustamente essere definita) è stata oggetto di proteste prima in Francia, perché giudicata troppo vicina alla premier Giorgia Meloni, essendo consigliere del governo per la musica, e ciò ha creato dissenso tanto da ritenerla indesiderata, poi a Lucca.

Sono attacchi strumentali, diciamolo pure, atti unicamente a manifestare dissenso al governo italiano, e a chi ne fa parte, seppur in un ruolo collaterale, come appunto Beatrice Venezi.

A Lucca, la sua decisione di far eseguire un’opera che non ha alcun riferimento ideologico, anche se come tale viene condannata, quale è l’Inno a Roma, nel giorno di apertura delle celebrazioni del Centenario pucciniano.

La scelta di eseguire il brano, scritto nel 1919 da Fausto Salvatori con le musiche di Giacomo Puccini, ha creato polemiche, perché è vero che durante il Ventennio se ne appropriò il regime fascista e nel Dopoguerra fu poi scelto dal Movimento Sociale Italiano per essere utilizzato ai suoi raduni, ma resta pur sempre un brano di valore e di appartenenza al Paese.

La scelta non è stata fatta a caso, da parte di Venezi, ma nella unica e sola direzione di un invito per tutti a riconciliarsi con la propria memoria storica, perché l’arte e la cultura tornino al centro, al di là delle posizioni politiche. Una sorta di “deponiamo le armi“ per poter guardare al futuro senza preconcetti ideologici o con targhe del passato che non ci appartengono.

Un invito che, a ben vedere, nonostante l’animo propositivo del direttore d’orchestra, non è stato raccolto, tanto che diverse associazioni e comitati antifascisti hanno elevato proteste contro le posizioni che Venezi rappresenterebbe per le proprie idee, vicine alla premier Meloni.

Un brano che, come lei stessa ha ricordato, è sempre stato eseguito e che ricorda Puccini, come tante altre musiche ricordano altri periodi del passato, non sempre lucenti di bellezza.

Un inno patriottico è davvero così criticabile, tanto da impedirne l’esecuzione da parte di un’orchestra? Ma la musica non dovrebbe unire tutti sotto un cielo illuminato di note? Oppure anche un “pentagramma” è diventato terreno di scontro politico e culturale, un pretesto per lanciare allarmi sul ritorno del fascismo?

La libertà e la democrazia tanto cari, come rivendicano, ad una certa compagine politica, vale solo per Bella Ciao? C’è da domandarselo.