“Semel in anno licet insanire”, si diceva una volta, laddove ”semel” non voleva dire “semper”. Quest’epoca storica impregnata di politically correct oltre misura, caratterizzata dalla ricerca spasmodica di visibilità mediatica, quale essa sia, è ormai quella delle buffonate elette a sistema.
Dalla politica allo sport, dai programmi televisivi alla scuola, sembra che sia una corsa all’esagerazione di tutto. In questo articolo semi-serio, esamineremo proprio gli aspetti comuni a sport e spettacolo.
La sfilata di Tamberi
Moltissimi di voi, immagino, avranno visto in tv, lo scorso fine settimana, i Campionati italiani assoluti di Rieti di atletica. Ormai, anche nello sport, i campioni nostrani, oddio, non solo quelli ma soprattutto quelli, amano sfoggiare un vestiario ed acconciature decisamente bizzarri.
Abbiamo visto Il seguitissimo atleta italiano “Gimbo” Tamberi gareggiare con un paio di pantaloncini da spiaggia a disegni hawaiani sotto alla maglia cremisi del gruppo sportivo della Polizia di Stato, sulla quale campeggia a caratteri cubitali la scritta “Polizia”.
La cosa mi ha piuttosto infastidito, al punto di andare in cucina a cibare il gatto durante la sua prova, per cui non so se fossero pantaloncini, o meglio bermuda, che poi ha tolto prima di salire in pedana, ma non cambia molto.
No, signor Tamberi, lei fa parte del gruppo sportivo della Polizia e, dal punto di vista contrattuale e funzionale, ne fa parte ad ogni effetto, per cui la sua tenuta sportiva deve considerarsi al pari della divisa del Corpo a cui appartiene, senza concessioni alle sue sregolatezze, delle quali va tanto fiero.
Sia altrettanto fiero di quella scritta “Polizia” che molte migliaia di suoi colleghi portano sul petto, dal lato del cuore, mentre svolgono il loro compito istituzionale, nel totale anonimato, lontani dalle folle plaudenti e per una contropartita economica piuttosto modesta. E’ questione di rispetto per il Corpo che rappresenta su quella pista, il resto conta poco.
Lo sfoggio del privilegio
Ciò che disturba, non solo per quell’atleta, è l’inutile sfoggio del privilegio, il desiderio di distinguersi ad ogni costo tra i già privilegiati. Non stiamo mettendo in dubbio il merito atletico, ma non basterebbe essere notissimi perché si è tanto bravi, senza sbattere sulla faccia a tutti l’esibizione di un’originalità che tale non è più?
Siete ormai anche troppi a mostrarsi “originali”, tanto da formare un bello squadrone! Abbiamo anche visto le foto e i filmati in cui proprio l’atleta Tamberi, in quella stessa occasione, si è platealmente rifiutato di stringere la mano protesa di un avversario col quale da tempo non va d’accordo.
Senza entrare nello specifico della querelle tra atleti, e senza dare alcun valore alle dichiarazioni successive da ambo le parti, resta il fatto che a tanta stucchevole esibizione di “anticonformismo” non sembra corrispondere altrettanta sportività e rispetto per la divisa (anche se solo sportiva) che indossa: non sono cose da poliziotto e non fanno bella figura le Fiamme Oro.
La banalità delle risse tv
Ma lasciamo al giovane Gimbo gl’inevitabili errori dell’età. Maturerà, almeno, si spera. Quanto al settore dello spettacolo, sono così tante le esibizioni di pessimo gusto, maleducazione, ignoranza totale che ci colano giù dal sempre più grande e costoso schermo piatto, che faccio fatica a citare il più eclatante esempio di cafonaggine spacciata per originalità.
Ormai quasi tutti gli “artisti” che vediamo in tv danno ampia e reiterata prova di mancanza di misura, come risultato della deliberata scelta di stare sopra le righe; ne potrei citare a centinaia.
Valga per tutti la semplicissima figura retorica degli spettatori allo stadio: se solo pochissimi di loro si alzeranno in piedi per vedere meglio, saranno privilegiati rispetto a quelli seduti. Ma se tutti si alzassero, verrebbe tutto azzerato e nessuno ne avrebbe beneficio. Il troppo stroppia, dicevano i vecchi.
E’ ormai così frequente la rissa televisiva, l’insulto, l’alzata di voce fuori luogo da non fare più notizia. La sempre crescente schiera dei rissosi a cristalli liquidi, sembrano ispirarsi al sillogismo sbagliato “se Vittorio Sgarbi è famoso per le sue liti in tv allora diventerò famoso – e ricco – litigando con tutti” e tale follia rischia di diventare uno schema sociale basato sul rovesciamento tra lo stato di quiete e la perturbazione, per cui la norma sia la maleducazione e l’eccezione la dimostrazione di qualche ritegno.
A nulla serve ricordare ai litigiosi a contratto (molto spesso invitati in trasmissione proprio perché si vuole fare audience con la lite), che personalità come il citato Sgarbi, per quanto eccessivi ed un bel po’ gigioni nel dare sfogo a certe intemperanze, possiedono, comunque, una cultura di assoluto prim’ordine e una competenza nelle proprie materie che hanno ben pochi, per cui sarebbero famosi e ricercati anche senza il loro pessimo carattere.
Sappiamo che Einstein fosse assai giocoso, nelle rare pause del suo pesantissimo lavoro di ricerca, ma sarebbe davvero brutto se lo si ricordasse per gli sberleffi e le foto buffe sulla bicicletta. La storia non cambia: senza una rimarchevole sostanza, i fronzoli e gli accessori sono poca cosa e non basta ispirarsi ai trascurabilissimi lati focloristici che, in modo del tutto accessorio, hanno fatto parte della complessa personalità di un grande della storia.
Se contano più vezzi e capricci
Forse diamo troppo significato ai vezzi, ai tic ed ai capricci delle persone in vista. Talvolta, anzi nient’affatto di rado, si diventa famosi proprio per certe caratteristiche accessorie più che per i propri meriti.
Siamo nel mondo del fast food , anzi dello street food. Tutto deve essere veloce ed immediato e l’approfondimento è una sorta di optional. Anche per questo, i “famosi” dovrebbero prestare più attenzione ai dettagli: verranno giudicati anche e soprattutto per quelli, perché la gente ha ormai poca voglia e tempo per valutazioni più complesse.
Se, di una persona, a risaltare immediatamente saranno i dettagli, proprio quelli forniranno motivi alla critica più severa, lo vediamo persino quando si parla d’importantissimi capi di Stato. Ci si limita ad aspetti secondari, nella stragrande maggioranza.
Ma, che siano politici o sportivi, non dimentichino mai che lo hanno voluto loro, per cui altro non potranno che inforcare la metaforica bicicletta e via pedalare, possibilmente senza mancare di rispetto a chi abbia dato loro la concreta possibilità di essere degli enormi privilegiati.