Cultura

Dante e l’islam: ignoranza dietro l’ennesimo caso di Cancel Culture

Il docente trevigiano ha censurato Dante avallando acriticamente un pregiudizio diffuso tra musulmani incolti, indottrinati da imam altrettanto incolti

Dante Maometto (youtube)

Ci risiamo. Mentre nella laica Torino, all’interno dell’università, un gruppo di studenti organizza una preghiera islamica guidata da un imam che inneggia alla jihad (e il rettore fa finta di non saperne nulla), in una scuola di Treviso una docente esonera gli alunni musulmani dallo studio di Dante. Per non offenderli, dato che il Sommo Poeta, nella Commedia, ha sparlato del Profeta – e non senza, bisogna riconoscerlo, un certo compiacimento, per non dire sadismo (almeno apparente).

Nessuna reciprocità

Eh già, perché si sa, nessuno è perfetto, e Dante, toscanaccio verace, quando ci si mette non le manda certo a dire. Del resto nel suo tempo il concetto di inclusione non figurava tra i più in voga. Ma la nostra inclusione, bisogna dire anche questo, è senza reciprocità, cioè: noi, in occidente “includiamo”, e quando serve tagliamo via ciò che può offendere orecchie delicate e innocenti come quelle dei seguaci del Profeta, mentre questi ultimi possono fare tutto il contrario, e se giri per strada dalle loro parti con il crocifisso al collo – una semplice catenina d’oro che quasi neanche la vedi – ti arrestano senza neppure darti il tempo di dire “amen”.

Suicidio culturale

Ma c’è poco da recriminare, quelli brutti e cattivi siamo noi per principio e dobbiamo vergognarci, anzi, possibilmente sparire – non prima, però, di aver assassinato la nostra cultura, calpestato la nostra storia e rinnegato quelle che chiamiamo “le nostre glorie”, ma che, si badi bene, glorie non furono, in quanto sporcate in ogni caso dal nostro “razzismo sistemico”, come si esprimono i colleghi americani di quelli che hanno invitato l’imam a Torino.

O così insegnano molti dei nostri beneamati professori di ogni ordine e grado: dalle maestre che nel tempo libero vanno all’estero per corcare di botte (a quanto risulta) nazistelli e simili, ai docenti che a Treviso ammainano la bandiera del Padre della lingua italiana senza neppure combattere, agli accademici illuminati che teorizzano ex cathedra la nostra nefandezza incurabile (di stramaledetti occidentali), a fronte della quale le nefandezze altrui sono peccatucci veniali e senza importanza. 

Dante e l’islam

In tutto questo, tra l’altro, il Sommo poeta c’entra e non c’entra. C’entra per l’ovvia ragione di cui sopra, non c’entra per tutta una serie di considerazioni culturali e filosofiche che sarebbe eccessivo pretendere di “raccontare” in poche righe. Mi limito a dire che sul rapporto tra Dante e la cultura islamica sono stati scritti fior di libri che hanno avuto grande risonanza sia in Europa sia, soprattutto, nei Paesi arabi, ad esempio “La escatologia musulmana en la Divina Commedia”,  di Asin Palacios (pubblicato nel 1919 e tradotto in italiano nel 1994) o “L’influenza della cultura islamica sulla Divina Commedia di Dante”, di Salah Fadl, pubblicato al Cairo nel 1980, secondo il quale “Dante è un autentico sufi, o per lo meno ragiona e si comporta come tale”.

Quel che è certo è che analogie tra l’opera di Dante e la letteratura spirituale islamica sono ormai diffusamente accettate in ambito accademico. Insomma, contrapporre Dante al mondo islamico denota innanzitutto abissale superficialità e ignoranza, senza che ciò significhi necessariamente che si debbano accogliere in toto o in parte le tesi di Asin Palacios, di Salah Fadl e dei loro seguaci. La complessità della materia dovrebbe suggerire prudenza e cautela, evitando di formulare ipotesi e cavalcare tesi troppo sbilanciate in un senso o quell’altro.

In altre parole, il docente trevigiano ha censurato preventivamente Dante avallando acriticamente un pregiudizio diffuso tra musulmani incolti, indottrinati da imam altrettanto incolti e ossessionati dall’odio per l’occidente, la sua civiltà e la sua storia.

Dante mette Maometto all’inferno perché a cavallo del XIII e XIV secolo, in tempo di crociate, non poteva assolutamente fare altrimenti. Ma la sua mente era infinitamente più grande del suo tempo. Era universale. Questo bisognerebbe insegnare ai ragazzi. Certo, prima di insegnarle, certe cose, bisognerebbe conoscerle.