Fiumi d’inchiostro sono stati versati per spiegare l’adesione di molti grandi intellettuali ai regimi totalitari del XX secolo. L’ultimo tentativo in tal senso lo si deve al brillante politologo Mark Lilla e al suo elegante studio intitolato “Il genio avventato”. Una minore attenzione è stata dedicata a quegli intellettuali che seppero resistere tanto alla “tentazione fascista” quanto a quella comunista, rimanendo fedeli ai valori e alle virtù liberali.
A colmare tale lacuna ci pensò, diversi anni fa, il sociologo tedesco Ralf Dahrendorf, che col suo “Erasmiani”, tracciò il ritratto politico di alcuni studiosi che non cedettero alle numerose seduzioni della illibertà.
Chi sono
Erasmiani sono gli intellettuali nati tra il 1902 e il 1909, che crescono tra le conseguenze della Prima Guerra Mondiale e assistono all’ascesa dei regimi totalitari di massa. Tale definizione comprende, soprattutto, figure-modello che coprono tutto lo spettro del liberalismo: dal “liberal-liberale” Friedrich von Hayek al “liberal-socialista” Norberto Bobbio, ma include anche pensatori come Jan Patočka e Hannah Arendt dal percorso meno lineare e alcuni comunisti pentiti come gli scrittori Sperber e Koestler.
Devono il loro nome a Erasmo da Rotterdam, l’umanista precursore delle virtù liberali, nemico del fanatismo religioso e assertore dell’unità della cultura europea. Colui che, in un mondo manicheo, “riuscì a non prendere partito, conservando tuttavia un occhio penetrante”.
Dahrendorf individuò tre erasmiani assoluti, che furono anche i suoi maestri: Raymond Aron, Isaiah Berlin e Karl Popper. Tre liberali “eretici”, che “amavano giocare con l’ambivalenza delle loro posizioni”, cultori della libertà individuale con un occhio di riguardo per la giustizia sociale e la condizione degli svantaggiati. “Liberal-socialisti” in una declinazione estremamente personale.
Coraggio civico
Gli “uomini-Erasmo” non sono combattenti della resistenza né martiri o dissidenti, anzi, spesso hanno scelto la via dell’accomodamento, dell’emigrazione interna o dell’esilio, rimanendo però “osservatori impegnati” del loro tempo, immuni alle ubriacature ideologiche, alle suggestioni della comunità organica, del capo carismatico e del paradiso in terra promesso da falsi paracliti. Gli erasmiani sono rimasti “in possesso di quell’autocontrollo, quella disciplina, quella ponderatezza, che consentì loro di determinare la propria direzione di marcia individuale”.
Hanno incarnato “quella particolare forma di coraggio indicata nella lingua tedesca con l’espressione di coraggio civico (Zivilcourage)”. Un tipo di coraggio privo di eroismo romantico, ma che “comporta che non si fugga, anzi in talune circostanze si intervenga quando accade che altri subiscono ingiustizia”. Dai loro studioli non si sono piegati alle correnti del tempo, facendo valere le loro idee in contesti estranei od ostili: “possiamo parlare tranquillamente di coraggio, quando intellettuali pubblici propongono le loro posizioni con decisa sicurezza in un ambiente che non li ama”.
Gli erasmiani − Aron, Berlin e Popper in testa − si sono fatti carico delle contraddizioni e dei conflitti generati dalla libertà individuale e dalla società aperta. Strenui oppositori di ogni monismo politico, ovvero di ogni riduzione della società a un unico principio fondamentale, difesero il pluralismo e l’ordinamento liberale (signoria del diritto, istituzioni bilanciate e mercato libero) come i più appropriati “al legno curvo della natura umana”.
Alla ricerca dell’unità perduta, alle allettanti sirene del plebiscito e della “volontà generale”, tanto care ai totalitari di ogni risma e colore, hanno preferito la regolamentazione del conflitto e la sua “trasformazione da forza distruttiva in forza produttiva, creatrice”.
Il Paese-Erasmo
Dahrendorf esamina anche il Paese-Erasmo, patria ideale di tutti gli spiriti liberi, ossia l’Inghilterra. Col suo sistema politico centripeto, la sua decency e la sua “sana intelligenza degli uomini, il common sense […] fondamento della partecipazione politica”, la nazione di Shakespeare è rimasta immune dalle tentazioni totalitarie, sebbene non siano mancati casi di cedimento di fronte a dittatori e rivoluzionari, soprattutto presso l’annoiata upper class.
Lucciole nella notte totalitaria
Erasmiani, dunque, sono tutti quegli intellettuali che, negli arendtiani dark times, anche al netto di sbandate momentanee e veniali accondiscendenze, si confermarono maestri di lucidità politica e chiarezza morale. Lucciole della notte totalitaria. Da loro si apprende come tenersi alla larga dagli oppiacei intellettuali.
Si tratta di pensatori indispensabili per conservare uno spirito di tolleranza e di sistematico scetticismo rispetto agli araldi delle palingenesi sociali e nazionali, ma anche nei confronti della tecnocrazia autoritaria dell’Occidente, questa “forma di limitazione degli ordinamenti liberali”, che promette “benessere senza politica”, cioè “la crescita economica senza la società civile attiva”.
Una postura morale e intellettuale necessaria ancora oggi, in questo tempo di striscianti autoritarismi, che trova la propria sintesi nella definizione di sé che diede un “erasmiano” non citato dall’autore, Alessandro Galante Garrone: “una passione di libertà sempre illuminata dalla ragione”.