Pare che anche in Italia, finalmente, si stia diffondendo la consapevolezza che tra politica estera e politica universitaria esistono stretti legami. È un fatto ben noto altrove, sia all’interno della Ue sia in nazioni extra-europee. Al tema sono stati dedicati numerosi incontri organizzati dal nostro Ministero degli esteri. Particolarmente importante quello intitolato “Le reti e le agenzie di internazionalizzazione in Europa”.
Qualche iniziale parola di spiegazione è necessaria poiché, al di là delle polemiche ricorrenti sull’introduzione di corsi in inglese nei nostri atenei, il pubblico non risulta molto informato circa il ruolo che il sistema universitario può svolgere nella politica estera. Le università, infatti, forniscono una sorta di “carta d’identità” spendibile sul piano dell’immagine di sé che ogni Paese proietta all’estero.
Britannici e americani ne sono consapevoli da tempo immemorabile e – occorre riconoscerlo con onestà – hanno utilizzato a piene mani e con grande perizia questo strumento nei loro rapporti con il resto del mondo. I francesi sono arrivati un po’ dopo mietendo però grandi successi. In seguito tedeschi e spagnoli hanno seguito la stessa strada.
Le agenzie nazionali
La chiave è la presenza di un’agenzia nazionale in grado di diffondere all’estero il messaggio che studiare negli atenei di un certo Paese comporta innegabili vantaggi. Il “British Council” è l’antesignano di tale politica sul suolo europeo. In seguito è arrivata “CampusFrance”, e dopo ancora l’agenzia tedesca “DAAD” e quella spagnola “Universidades”.
In Italia si è costruito, con alterni successi, qualcosa di simile: si tratta di “Uni-Italia”, ente misto pubblico/privato presieduto nella sua fase iniziale da Cesare Romiti, e nato dall’esperienza dell’Associazione Italia-Cina. Agli incontri di Roma partecipano costantemente tutte le summenzionate agenzie di internazionalizzazione europee, e dal punto di vista italiano, è assai utile sentir raccontare le loro esperienze.
Classi dirigenti
Da sottolineare subito un concetto molto usato nei convegni romani. Le università “sfornano” sempre gran parte delle classi dirigenti di una nazione. Poiché gli atenei occidentali godono ancora – ma non si sa fino a quando – di una certa superiorità nel campo dell’istruzione superiore, gli studenti stranieri che si formano nel Regno Unito, in Francia, Germania o Italia molto probabilmente conserveranno il ricordo di un’esperienza positiva destinata – in tempi neanche troppo lunghi – a incidere sui rapporti tra la nazione di provenienza e quella della formazione.
Il fattore lingua
Come prima si diceva gli inglesi (o, meglio, i britannici) lo sanno da sempre, e sono per di più facilitati dalla lingua che è in pratica diventata idioma globale. Interessante, a questo proposito, notare che anche i rappresentanti di CampusFrance a Roma tengono il proprio discorso in inglese.
D’altro canto, i tedeschi hanno scoperto da parecchio tempo che il successo del loro sistema universitario all’estero ha migliorato, in modo decisivo, l’immagine internazionale della Germania dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale. E gli spagnoli hanno acquistato maggiore consapevolezza dell’enorme diffusione della loro lingua, che ormai compete con l’inglese in alcune aree degli Usa. Evidente in ogni caso che l’America Latina costituisce per la Spagna un serbatoio inesauribile.
Italia in ritardo
Dovrebbe essere chiaro, a questo punto, perché ho detto che politica estera e politica universitaria sono strettamente correlate. Non a caso è proprio il Ministero degli esteri a promuovere e a ospitare simili eventi, ma sono presenti tuttavia anche il Miur e il Ministero dell’interno.
Dalle presentazioni e successiva discussione emerge ciò che già si sapeva, e cioè che il nostro Paese è in ritardo non solo rispetto alle maggiori nazioni europee, ma anche nei confronti di realtà più piccole come l’Olanda. Per non parlare di Paesi extra-europei quali l’Australia, divenuta negli ultimi decenni un polo di attrazione di prima grandezza per gli studenti internazionali.
Non manca mai, infine, l’auspicio di un maggiore coordinamento tra le agenzie europee. In linea di principio tutti d’accordo, ma i dubbi serpeggiano vista l’attuale situazione della Ue. Eppure si è sottolineato che in ambito universitario, come altrove, l’Europa può competere sul piano globale solo presentandosi quale entità che presenti almeno alcuni tratti sovranazionali. Inutile dire che, su questo punto, non tutti concordano.