Emanuele Fusi nasce a Barga (Lucca) nel 1978. Laureato in giurisprudenza intraprende la professione di avvocato presso il Foro di Lucca, specializzandosi in diritto penale e diritto tributario. È autore di diversi romanzi e saggi, per Passaggio al bosco ha pubblicato il saggio “White guilt, il razzismo contro i bianchi al tempo della società multietnica”, e per la stessa casa editrice ha da poco pubblicato il saggio “La sinistra degli orchi”, in cui ricostruisce, a partire dagli ’50, il tentativo di sdoganare la pedofilia.
UMBERTO CAMILLO IACOVIELLO: Lei nel suo libro parla del tentativo di sdoganare la pedofilia, al grande pubblico può sembrare assurdo, ma c’è una parte del mondo accademico che da decenni cerca di infrangere questo tabù. Chi sono i pionieri della “normalizzazione della pedofilia”?
EMANUELE FUSI: Il discorso è complesso. Diciamo che tutto parte storicamente dalla rivoluzione sessuale degli anni ’50 e ’60 negli Stati Uniti d’America. Una figura importante, è sicuramente Alfred Kinsey (1894-1956), inizialmente assistente professore di zoologia presso l’università dell’Indiana. Nel 1938 viene invitato a coordinare un corso sul matrimonio chiamato “Marriage and Family” da un’associazione studentesca femminile che si fa promotrice della proposta di inserire questo corso presso l’Università dell’Indiana. Da qui inizia l’interesse del professore per lo studio dei rapporti sessuali e inizia una raccolta di storie ed esperienze dai suoi stessi studenti. Kinsey comincia così una ricerca che lo porta ad ispezionare circa 18.000 casi. Fu il primo a fare esperimenti su infanti e bambini, come è documentato nel libro, e riteneva – con lo psicologo Jhon Money (1921-2006), il teorico del cosiddetto “gender” – che la sessualizzazione dei bambini e della intera società avrebbe portato la stessa ad essere più pacifica e tollerante. Per fare questo si dovevano quindi rompere i tabù del passato.
In ambito accademico, sempre negli Stati Uniti, vi sono stati esponenti come il professore John De Cecco (1925-2017), professore di psicologia alla San Francisco State University, caporedattore del Journal of Homosexuality dal 1975 al 2009, e anche membro editoriale della rivista olandese pro-pedofilia Paidika. Nel 1977 elaborò una proposta di legge sui diritti sessuali dei bambini chiamata “A Child’s Sexual Bill of Rights”, secondo cui i bambini dovrebbero avere dei diritti sessuali e riproduttivi, essere in grado di esplorare a fondo la loro sessualità ed essere liberi di scegliere relazioni amorose e sessuali, inclusi genitori, fratelli e adulti responsabili.
UCI: Queste idee vennero accolte da diversi esponenti appartenenti ai movimenti di liberazione sessuale, ci fa qualche esempio?
EF: Shulamith Firestone (1945-2012), canadese naturalizzata americana, esponente del “femminismo lesbico” degli anni Settanta e inizio Ottanta, nel 1970 pubblica il testo “La dialettica dei sessi”, in cui sostiene che le donne sono sottomesse agli uomini per motivi biologici e strutturali della società. Secondo la Firestone non basta liberarsi dal “privilegio maschile” ma occorre anche eliminare del tutto la distinzione tra i sessi. Inoltre sosteneva che l’incesto e il sesso con i bambini erano barriere che impedivano la vera emancipazione della donna dall’uomo e che per abbattere il patriarcato si doveva quindi passare anche per la rottura di quelle restrizioni legali e morali: in tal modo, liberata la sessualità in maniera totale, il maschio avrebbe perso il suo potere sulla donna e in particolare sulla riproduzione, e la donna sarebbe stata l’unica a decidere in tal senso, mettendo fine al concetto di famiglia patriarcale.
In Italia, chi parò esplicitamente della pedofilia come “pratica liberatoria” fu Mario Mieli (1952-1983), noto esponente del mondo LGBT, morto suicida nel 1983, le cui tesi sono esposte nel libro “Elementi di critica omosessuale” del 1977, pubblicato da Einaudi. Noto è il passaggio sulla pederastia:
Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino non tanto l’Edipo, o il futuro Edipo, bensì l’essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza, educastra, nega, calando sul suo erotismo la griglia edipica. La società repressiva eterosessuale costringe il bambino al periodo di latenza; ma il periodo di latenza non è che l’introduzione mortifera all’ergastolo di una “vita” latente. La pederastia, invece, “è una freccia di libidine scagliata verso il feto” (Francesco Ascoli).
C’è un elemento che accumuna queste persone: appartengono tutti, e proprio tutti, al mondo culturale della sinistra, del progressismo e del comunismo.
UCI: Questo punto è importante, cosa hanno preso questi esponenti dal marxismo?
EF: Dal marxismo hanno preso in particolare la dialettica dello scontro tra due entità: che però questa volta non passa attraverso la sola lotta di classe tra proletari e detentori dei mezzi di produzione, ma tra minoranze organizzate sessuali, quali categoria di oppressi, contro il maschio eterosessuale e la società patriarcale, che sarebbero gli oppressori da abbattere.
Infatti, nell’ambito dell’Anglosfera, più che di marxismo tout court, si parla di marxismo culturale, ossia di neo marxismo riletto alla luce degli autori della Scuola di Francoforte, i quali non vedono nell’operaio e nella classe lavoratrice il motore della storia – in quanto si andava adagiando e integrando nella società borgese – ma negli oppressi e nelle categorie discriminate, la molla che avrebbe costruito il “Grande Rifiuto” alla società autoritaria e del padre.
Si faccia presente che la “lobby pedofila” nasce nei turbolenti anni ’60 e ’70, quando venivano messi in discussione i fondamenti della società occidentale tradizionale retta sui valori cristiani, l’economia di impresa e la proprietà privata, la famiglia eterosessuale e la figura del padre quale capo famiglia. Inoltre, questi autori ritenevano che il capitalismo potesse essere abbattuto proprio eliminando la differenza tra i generi fin dalla tenera età, in quanto è grazie ad essa che il capitalismo – con i suoi meccanismi di sfruttamento – si rigenerava, strutturava e perpetuava, dando ai bambini una identità fin dalla nascita che poi sarebbe stata – a dir loro – funzionale alla prassi capitalista e ai suoi meccanismi di oppressione.
Da qui l’idea della Shulamith Firestone che le donne avrebbero dovuto prendere il possesso sui mezzi di riproduzione biologica e non solo di produzione economica, in modo da togliere il potere al padre, ossia – dal loro punto di vista – all’oppressore.
Infine, direi anche il “messianismo”, ossia che grazie alla totale liberazione sessuale del bambino, si sarebbe arrivati ad una società tollerante, pacifica e senza più oppressioni e violenze, fondata sul piacere e l’amore, dato che sarebbero sparite le differenze tra i generi e i ruoli assegnati dal capitalismo fin dalla nascita.
UCI: Restando in tema, Marx ed Engels nel Manifesto del Partito Comunista hanno scritto che “le idee dominanti di un’epoca, sono state in ogni momento, soltanto le idee della classe dominante”: se la sessualizzazione dei bambini viene promossa dai programmi scolastici (lei nel libro parla del caso croato) a Netflix, vuol dire che l’ideologia dominante con i suoi apparati si sta muovendo per accelerare questo processo?
EF: Il limite di Marx è l’economicismo, ossia ridurre la narrazione storica ad un perenne conflitto tra classi economiche, quindi dobbiamo stare attenti ad interpretare tutto in chiave materialista e dialettica di classe. Tuttavia si può senz’altro dire che oggi il grande Capitale Finanziario, multinazionale e apolide, ha interesse ad un mondo senza radici ed identità, di ogni genere: etniche, religiose, linguistiche culturali e anche sessuali. Quindi senz’altro lo scopo finale – ossia creare una massa omogenea di miliardi di individui senza differenze da dominare con il consumismo – include anche la sessualizzazione dei bambini, dato che così si aboliscono i limiti, i ruoli, le gerarchie e si toglie di mezzo anche l’dea di religione (come diceva Dostoevskij ne “I Demoni”, “se Dio non esiste, tutto è permesso”). Del resto viviamo nella fase storica del “capitalismo liquido”, quello che Jacques Attali – filosofo, banchiere, tecnocrate francese – definisce “californiano”, privo di identità, globale e digitale. Tutto ciò abolisce il limite di ogni genere, e quindi anche di fatto i tabù culturali legati alla sessualità. Non è un mistero che lo stesso TikTok sia una piattaforma che notoriamente contribuisce alla sessualizzazione precoce.
UCI: Nel suo libro dedica un capitolo al Forteto e a Bibbiano, perché sono importanti questi due casi?
EF: Perché rappresentano due casi tipici di ingegneria sociale e culturale proprie del pensiero della sinistra, secondo cui i figli non sono dei genitori ma della collettività. Il Forteto si insinua nella scia del pensiero del ’68 e del cattocomunismo, e che si basa sulla necessità di costruire una nuova società pura e migliore, abbattendo quella precedente borghese, fondata sull’ingiustizia, e si propone un nuovo modello: quello della “famiglia funzionale”, ossia di una famiglia che non si fonda sul legame di sangue ma su presunti affetti sconnessi dalla realtà. In verità poi si dimostrò con le inchieste giudiziarie e due commissioni di inchiesta regionali, che anche questa era a sua volta una “finzione” che serviva solo per far finta che ci fossero delle famiglie all’interno, affinché il Tribunale dei Minori mandasse i ragazzi nella struttura, quando invece i sessi erano rigorosamente separati e l’omosessualità incentivata e incoraggiata dai fondatori.
Il fenomeno di Bibbiano si fonda invece sull’idea che i figli non appartengano ai genitori ma allo Stato e alle istituzioni, contraddicendo il principio cardine della “sussidiarietà”, e lo Stato può farne ciò che vuole, se considera i genitori non all’altezza del compito educativo. Però chi decide quale sia il compito educativo giusto e migliore? La sinistra ovviamente, dal loro punto di vista. E così ci sono stati dei casi dove i figli sono stati tolti ai genitori in quanto considerati “omofobi” e quindi non buoni per educarli al bene, ossia al pensiero progressista; e pertanto di tale educazione (in tal caso LGBT e omosessista) se ne deve occupare lo Stato anche se i genitori sono contrari a tale ideologia. Questo rappresenta un gravissimo precedente, perché un domani la sinistra potrebbe fare delle leggi (peraltro già invocate da esponenti della sinistra su Twitter) che prevedono di togliere i figli ai genitori che “non rispettano la Costituzione”, inteso – dal punto di vista LGBT e progressista – nel senso di “non rispettano il pensiero di sinistra”, che poi vorrebbe dire appunto togliere i figli a quelli considerati “fascisti”, di destra, cattolici tradizionali conservatori, ecc.
Questo è già successo nei paesi socialisti, non dobbiamo credere che sia una idea strampalata e utopica, siamo di fronte a due casi di perfetta ingegneria sociale fondata sul pensiero marxista e progressista, e che porta alla necessaria conseguenza che la famiglia è un istituto che può essere abolito (come in Cambogia sotto Pol Pot) o trasformato in qualcosa di irriconoscibile, pur tenendone l’etichetta formale.
UCI: La finestra di Overton potrà essere applicata per sdoganare anche la pedofilia?
EF: Assolutamente sì. Ne parlo approfonditamente nel libro. Come è noto, la finestra di Overton è un modello di rappresentazione delle possibilità di cambiamenti nell’opinione pubblica, descrivendo come delle idee, totalmente respinte al loro apparire, possano essere poi accettate pienamente dalla società, per diventare infine legge. Secondo Overton, qualsiasi idea, anche la più incredibile, per potersi sviluppare nella società ha una finestra di opportunità. In questa finestra l’idea può essere ampiamente discussa, e si può apertamente tentare di modificare la legge in suo favore. L’apparire di questa idea, in quel che potremmo chiamare la “finestra di Overton”, permette il passaggio dallo stadio di “impensabile” a quello di un pubblico dibattito, prima dalla sua adozione da parte della coscienza di massa e il suo inserimento nella legge.
Non si tratta di lavaggio del cervello puro e semplice, ma di tecniche più sottili, efficaci e coerenti; si tratta di portare il dibattito fino al cuore della società, per fare sì che il cittadino comune si appropri di una certa idea e la faccia sua. All’inizio è talvolta sufficiente che un personaggio pubblico o politico la promuova in modo caricaturale ed estremo, e che poi il resto della classe pubblica e politica smentisca con grande foga. Ecco, l’idea è nata, e la danza dei furbetti può cominciare. Il soggetto è lanciato, e si può discuterne per il bene di tutti e sgombrare il campo dagli equivoci. Secondo questa teoria, una finestra è l’intervallo di idee che possono essere accettate dalla società in un determinato momento e che vengono apertamente manifestate dai politici senza che questi ultimi passino per estremisti. Le idee evolvono secondo i seguenti stadi:
-inconcepibile (inaccettabile, vietato)
-radicale (vietato, ma con delle riserve)
-accettabile (l’opinione pubblica sta cambiando)
-utile (ragionevole, razionale)
-popolare (socialmente accettabile)
-legalizzazione (nella politica dello Stato)
Molte altre idee contemporanee sembravano assolutamente inconcepibili solo qualche decina di anni fa e sono poi diventate accettabili per la legge e agli occhi della società: aborto, immigrazione di massa, droghe “leggere” da liberalizzare, eutanasia, poliamore. Per andare sul concreto, per esempio, nell’ottobre 2014, il giornale progressista New York Times pubblicava un editoriale chiarissimo: “Pedofilia: un disordine, non un crimine”.
Si ebbe quello che nel mondo giornalistico si chiama “New York Times Effect”, l’eco tematico sul resto dei media: ecco l’Huffington Post: “Sono un pedofilo, ma non sono un mostro”, è il titolo di un articolo del 2015. Occhiello: “In una lettera online la confessione di un designer americano. ‘Non tutti facciamo del male'”. Dopo aver letto tutte queste cose, il bravo cittadino democratico non può aver dubbi: meglio pedofilo che assassino.
Il dott. Klaus Michael Beier, medico, psicoterapeuta e sessuologo tedesco, ha rilasciato un’intervista al Times of India nel marzo del 2017. “La pedofilia è una realtà e le società sane devono imparare ad accettarla”, afferma il medico. Secondo Beier la perversione sessuale verso i bambini è da considerarsi un “destino” e non una scelta. Per questo, quindi, dovremmo accettarla.
Il medico Klaus Beier, al quale si è ispirata Mirjam Heine per la sua Ted Talk in cui ha dichiarato che “la pedofilia è un orientamento sessuale naturale”, oltre a essere direttore del dipartimento di sessuologia del Charite, dirige anche un discusso programma di prevenzione per pedofili sempre all’interno dell’ospedale universitario di Berlino. L’iniziativa si chiama “Kein Tater Werden”, che tradotto dal tedesco significa “Non offendere”. L’obiettivo del corso è insegnare ai pedofili come controllare i loro impulsi sessuali nei confronti dei bambini. Al programma, lanciato 13 anni fa, partecipano potenziali criminali sessuali e anche coloro che hanno commesso reati sessuali ma sono riusciti a farla franca con la giustizia tedesca. “La pedofilia non è curabile”, aveva spiegato Beier al quotidiano inglese. “Ma può essere trattabile”. Secondo il medico, quindi, un pedofilo può imparare a controllare i suoi impulsi. Il progetto si fonda infatti sul principio che l’attrazione sessuale verso i bambini è sì un problema medico ma, come ha affermato Beier, “non è un crimine” fino a quando non si abusa.
Come si vede, piano piano si inizia a discutere della questione come “possibilità” anche se vista ancora in maniera negativa. Ma col tempo, piano piano, si passerà alla fase successiva, ossia l’accettabilità, una volta che la fase della possibilità si sarà radicata. Del resto, recentemente, il grande pubblico è stato già abituato con il film “Cutes”, su Netflix, a movimenti sensuali, erotici e ammiccanti, di bambine di 10 anni, e Netflix non ha subito poi censure o processi, se non qualche disappunto da parte del mondo cattolico (a dir il vero, nemmeno tutto, per esempio Avvenire ha giustificato il film): il tutto è passato come se fosse una cosa possibile. Come si vede, la legge del piano inclinato funziona anche in questo caso.