Cultura

Kodak, storia di un mito/3: dall’invenzione del rullino alla Instamatic

L’intuizione che permetterà di caricare ed estrarre la pellicola in piena luce. Pubblicità glamour e maniacale attenzione alla “customer care”

Kodak Instamatic

Uno dei dati caratteristici dell’opera di George Eastman fu quello di dare largo impulso alla pubblicità ed alle attività di promozione delle sue creature.

Pubblicità e customer care

Nei primi anni del Novecento, sulle pagine dei più importanti giornali e magazine statunitensi, campeggiavano a grandi caratteri e con suggestive illustrazioni le pubblicità delle fotocamere Kodak e, già nel 1897, a Trafalgar Square un’enorme insegna luminosa lampeggiante mostrava il suo marchio ai passanti nella caotica piazza di Londra.

Ma non si limitò a questo: fu anche il precursore delle pubblicazioni in stile glamour, ove graziose ragazze dal sorriso ammiccante, ogni anno si contesero il tiolo di “Ragazza Kodak dell’anno”, contribuendo, in tal modo, ad ancor più espandere la notorietà del marchio del “gigante giallo”, come ancora ai nostri giorni viene indicata la Eastman Kodak Co. per il giallo colore di sottofondo delle confezioni delle sue pellicole.

Eastman prestò sempre molta attenzione alla “customer care”, ed è ben nota agli appassionati la pratica della immediata sostituzione, senza troppe verifiche tecniche preliminari, delle pellicole che i consumatori ritenessero difettose. La soddisfazione del cliente era un punto imprescindibile delle linee guida della casa di Rochester, già dai suoi primi passi nel commercio internazionale. Era una questione di prestigio, come scrisse Eastman.

Il rullino

Dal punto di vista tecnico, uno dei problemi più importanti legati all’adozione del rullino fotografico era, senza dubbio, la possibilità di caricarlo ed estrarlo dalla macchina fotografica in piena luce. La soluzione adottata dalla Kodak fu un cilindretto di latta, ricoprente il rocchetto sul quale era avvolta la pellicola e tale soluzione resiste tutt’oggi per i rullini ancora in uso. Una sottile feritoia, ricoperta da una striscetta di velluto da cui fuoriesce la pellicola, le impedisce di prendere luce.

A testimoniare che fu davvero un’invenzione di Eastman vi è il fatto che, già prima del 1880 lo stesso brevettò un meccanismo del tutto simile per permettere ai fotografi di inserire e disinserire le grandi lastre fotografiche all’interno della cassetta col soffietto che costituiva la prima macchina fotografica, per cui il sistema del rullino con la feritoia ne fu la sua logica evoluzione. Il tutto in osservanza dello scopo principale della Kodak: la fotografia doveva essere accessibile per chiunque, senza effettuare manovre complesse e scomode.

La Instamatic

V’è poi da dire che nel più recente 1963, ossia trent’anni dopo la morte di George Eastman, con il brevetto del formato 126, una pellicola di poco più piccola della classica 35 mm inserita dentro un guscio di plastica, caricare e scaricare la macchina fotografica, in quel caso la celeberrima e popolare Kodak Instamatic, era un gioco da ragazzi.

Ancora una volta, dopo il successo planetario della Brownie, con la macchinetta Instamatic la fotografia diventava un hobby davvero popolare ed alla portata di tutti. Non esistevano altri comandi, oltre al pulsante di scatto e alla leva di trascinamento della pellicola: si inquadrava e si scattava. Fatto. In questo senso, possiamo affermare che lo spirito del fondatore rimase a lungo ad aleggiare sul colosso industriale della “K” rossa in campo giallo, in assoluta concorrenza con le sempre più complesse macchine fotografiche con diversi comandi a disposizione del fotografo. La semplicità innanzitutto.

Compagnia etica

L’aspetto sociale della gestione diretta delle industrie Kodak da parte del suo fondatore fu altrimenti innovativo e degno di nota: la fabbrica di Rochester fu la prima, a cavallo tra il XIX ed il XX secolo, ad adottare un sistema di compartecipazione agli utili aziendali a favore di tutti i dipendenti, compresi gli operai, gli impiegati, gli autisti dei loro camion dal tendone giallo.

Nel solo anno 1919, George regalò ai suoi dipendenti ben 10 milioni di dollari, ossia un terzo dei suoi guadagni azionari. Se a ciò aggiungessimo gli oltre 100 milioni di dollari personalmente donati in beneficenza, tutti ben documentati, potremmo dire che, almeno durante il mezzo secolo di gestione del suo fondatore, la Eastman Kodak ebbe un carattere significativamente etico e umanitario.

Cinema a colori

Un altro aspetto assolutamente interessante di quegli anni gloriosi, fu il formidabile impulso che Eastman diede alla cinematografia, pensate, addirittura in società con Thomas A. Edison. Furono proprio loro i primi a realizzare, nel 1928 un filmato cinematografico a colori, presentato dagli stessi in un affollato evento pubblico, tenutosi nei giardini di Villa Eastman a Rochester. Si infrangeva un altro muro: il cinema acquistava il colore, a donargli quel realismo ed immediatezza che ancora mancavano alle pellicole in bianco e nero usate fino allora. Un altro record battuto.

Il lascito di Eastman

Abbiamo già detto che George fu sempre persona, nel complesso, schiva e non troppo portata alla mondanità. Le foto che lo ritraggono, tra le centinaia di migliaia che compongono l’immenso patrimonio fotografico ancora disponibile presso il museo intitolatogli, sono relativamente poche. Poche le sue immagini, poche parole dette e molte quelle scritte.

Al museo di Rochester v’è custodito uno straordinario ed immenso epistolario; oltre 45.000 tra documenti e lettere e moltissime, tra queste, che egli scambiò con i più svariati personaggi interessati alla tecnologa e, in generale, al progresso, tra i quali ben quattro presidenti degli Stati Uniti d’America (Theodore Roosevelt, Warren G. Harding, Herbert Hoover e Franklin D. Roosevelt) e grandi fotografi come Alfred Stieglitz.

Dopo il 1925, egli abbandonò gli incarichi direttivi presso la Eastman Kodak, ritirandosi a vita privata e dedicandosi ai viaggi, dei quali alcuni in Europa per visitare musei e monumenti classici e mantenendo sempre un gran movimento fisico, sia con lunghe camminate che con impegnative corse in bicicletta, le quali, si dice, finirono per aggravare i problemi alla spina dorsale di cui soffriva.

Sentitosi confermare dal medico che la sua malattia sarebbe presto peggiorata, al punto da paralizzarlo, George Eastman si tolse la vita con un colpo di pistola, all’età di 77 anni. Era il 14 marzo 1932. Lasciò un laconico e lucido messaggio: “Il mio lavoro è ormai fatto, perché aspettare?”.

Il successo planetario della Eastman Kodak, che la morte improvvisa del suo fondatore non scalfì minimamente, era, dunque, frutto di un provvidenziale mix di alta ingegneria, passione, originalità e profonda conoscenza dei fenomeni chimici e fisici del settore, un patrimonio che Eastman seppe trasmettere alla stessa azienda, più che ai suoi dirigenti e continuatori nella direzione.

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