Cultura

L’antisemitismo risorgente è un segno della crisi della civiltà occidentale

Criticare Israele non equivale a essere antisemiti, ma gli attacchi allo Stato ebraico funzionano spesso come veicolo per riproporre tesi che si ritenevano defunte

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L’equiparazione tra antisemitismo da un lato e opposizione alla politica dello Stato di Israele dall’altro è senza dubbio errata. Non occorre essere antisemiti per criticare gli israeliani, anche se a volte si ha l’impressione che ciò accada. D’altra parte è noto che l’intenzione degli ayatollah iraniani di cancellare Israele dalla carta geografica ha sorprendentemente trovato adesioni anche in Occidente.

I confini della critica

A mio avviso sbaglia chi crede che lo Stato ebraico stia soltanto difendendo la propria identità. La posta in gioco è ben più alta. Si tratta infatti di difendere la memoria dell’Olocausto e di impedire che qualcosa di simile possa di nuovo verificarsi. Evento non impossibile con l’aria che tira.

È scontato che si possa criticare Israele e alcuni suoi atteggiamenti, si pensi per esempio alla questione dei coloni. Ma quando si parla di “cancellazione” di uno Stato e di un’intera cultura si va ben oltre, prefigurando scenari che la storia purtroppo ci ha già offerto.

Antisemitismo e neopaganesimo

Su quali elementi si basano tali sospetti? Sul fatto che nel secolo scorso il tradizionale antisemitismo, presente in molti Paesi europei e in particolare in quelli orientali, assunse una forma nuova e del tutto inedita. Prima c’erano i pogrom, fenomeni tragici ma pur sempre limitati. A un certo punto prese forma una miscela esplosiva di antisemitismo e di neopaganesimo. Fantasie razziali basate sulla presenza di una presunta razza “ariana” superiore condussero in un primo tempo a individuare soprattutto negli ebrei la razza inferiore contrapposta alla prima. Questa razza andava eliminata senza pietà.

In un secondo momento iniziò il processo di “decristianizzazione”, che portò a un’educazione neopagana delle masse tedesche e in particolare delle giovani generazioni. Gli storici non sono ancora riusciti a spiegare il successo pressoché completo di tale programma, che in breve tempo sfociò nella riesumazione delle antiche feste nordiche pagane e nell’adorazione di un capo che incarnava in quella visione del mondo tutto ciò che il cristianesimo aveva abolito (o forse solo fatto dimenticare).

È pure noto che le SS erano l’elemento di punta di un simile programma, poiché i giovani arruolati nelle loro file diventavano non solo dei combattenti, ma anche gli araldi del nuovo/vecchio verbo pagano. E l’indottrinamento era così completo da conservare l’identificazione con la causa anche dopo la scomparsa del Reich.

I cristiani – cattolici e protestanti – che si opponevano pagarono un prezzo altissimo. Un esempio celebre – anche se non il solo – è quello del teologo Dietrich Bonhoeffer, impiccato l’8 aprile 1945, pochi giorni prima della resa nazista. Per questo proprio i cristiani dovrebbero essere molto attenti a una possibile ripresa di tendenze neopagane.

Antisemitismo latente

Si dirà che il discorso non c’entra con Israele, ma penso sia il contrario. L’antisemitismo non è mai scomparso e si ritrova allo stato latente in molte frasi che sentiamo pronunciare ogni giorno. E gli attacchi allo Stato ebraico funzionano spesso come veicolo per riproporre tesi che si ritenevano defunte. Ogni critica è lecita, purché non si dimentichi che l’Olocausto è un fatto storico e non, come affermano i negazionisti, un altro tassello dell’eterno complotto giudaico per impadronirsi del mondo.

Troppo spesso si dimentica che la risorgenza dell’antisemitismo coincide, nella storia europea e mondiale, con una crisi della civiltà. A tale riguardo è emblematico quanto oggi sta accadendo in Francia. I rabbini d’Oltralpe denunciano da tempo il clima d’intimidazione contro gli ebrei che si sta diffondendo a macchia d’olio. Atti di terrorismo e stupri antisemiti sono ormai all’ordine del giorno, tanto da indurre il rabbino Moshe Sebbag a dire che “oggi non c’è un futuro per gli ebrei in Francia”.

Pesa inoltre la crescita del fondamentalismo islamico presente non solo a Parigi, ma anche nelle piccole città di provincia. Del tutto naturale, pertanto, il senso d’insicurezza che attanaglia la comunità ebraica in una nazione che ha sempre visto un suo forte radicamento in loco.

Ancora una volta la storia passata non insegna nulla. Come affermò Bertolt Brecht che visse sulla sua pelle i guasti dell’antisemitismo sistematico, “davvero ci attendono tempi bui”.