Cultura

Mattarella, botti e Radetsky March: i riti ritriti del Capodanno italiano

Tutto sembra indicare che nel 2023 saremo ancora più omologati e privi di fantasia dell’anno appena conclusosi

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Scrivo queste note nei primi minuti dell’anno duemilaventitre, con ancora nelle orecchie il rimbombo dei botti dei tanti appassionati di questi generi pseudo-pirotecnici e qualche preoccupazione per i miei gatti, fuggiti terrorizzati anche quest’anno. Torneranno, lo so, ma non deve essere proprio piacevole, per i poveri animali domestici.

Luoghi comuni presidenziali

Anche stavolta, il presidente Sergio Mattarella non ci ha risparmiato la consueta carriolata di luoghi comuni e buoni propositi in salsa “quanto sono giuste e ben spese le tasse e quanto è deliziosa l’Europa”.

Vabbè, sono le solite tiritere che, puntualmente, ci ricordano che le trasmissioni in simulcast a reti unificate funzionano ancora. Per quanto immagini che, già da domattina, primo giorno dell’anno, la maggior parte dei giornalisti e politici intoneranno il peana a Mattarella, mi sto interrogando sui motivi che portano i presidenti, e persino i Berlusconi, che non hanno alcuna veste per fare discorsi di fine anno, a ripetere senza fine questi riti che, siamo sinceri, finora hanno portato soltanto una sfiga nera.

Il rito dei “botti”

Non credo che la ricerca delle ragioni profonde per cui ci vengano ancora ammannite queste solfe durerà molto a lungo. Mi stuferò prima, così come si sono stufati moltissimi di noi dei concertoni in piazza, dai soliti e pericolosi artifizi pirotecnici che, a quanto sento dalla radio, già hanno fatto almeno il primo ferito grave a Milano, e di tutto ciò che sembriamo costretti a ripetere come un rito, ogni anno.

Non abbiamo i soldi per pagare le bollette, a quanto pare, ma per darne ai cinesi, casomai non ne dessimo loro già abbastanza per altre cose, evidentemente li troviamo, almeno per non farci mancare la solita furiosa sparatoria di Capodanno.

Gente strana

Siamo gente ben strana, noi italiani. Da una parte detestiamo la ritualità delle cerimonie solenni ed il 90 per cento delle liturgie religiose, ma non sappiamo sottrarci ai botti di Capodanno, alle gite fuori porta di Pasquetta, ai concertoni televisivi tenuti da anziani cantanti irriducibili e spompati, alternati a gruppi di ragazzotti che fanno esattamente la stessa musica, vestiti e pettinati allo stesso modo, senza la benché minima innovazione o cenno di originalità.

Potrebbe trattarsi di un candido tentativo di annoiarci tutti assieme, invece di applicarci per farlo dignitosamente da soli, chissà… Oppure potrebbe essere la boccata d’aria, per quanto preconfezionata e coatta, che ci concediamo tra una sconcezza politica e l’amara costatazione che le bestie esistono anche tra i potenti della Terra e che potrebbero ammazzarci tutti.

La marcia di Radetsky

Ognuno ha i suoi gusti, beninteso, e sicuramente sbaglierò, ma ho la netta impressione che nel 2023 saremo ancora più omologati e privi di fantasia dell’anno appena conclusosi.

Buona visione delle trasmissioni tv sui principali fatti del 2022 e buona visione del concerto da Vienna che, immancabilmente, finirà con la Radetzky March, scandita dai gioiosi battimani del pubblico e che a noi piace tantissimo.

Ah… solo un particolare: Johann Strauss Sr. la compose nel 1848 per compiacere il maresciallo Radetsky, che aveva appena sconfitto gli italiani a Milano. E noi, tutti a battere le mani a ritmo. Ma va bene lo stesso: siamo soltanto a gennaio.

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