Cultura

Mondo alla rovescia/2: dall’ideologia gender al transumanesimo

Dal controllo orwelliano del linguaggio all’indottrinamento dei bambini fino alla “costosa” transizione. Un culto tecno-religioso dove convergono interessi economici

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Nel precedente articolo abbiamo esaminato le conseguenze dell’imporsi dell’ideologia gender, con il tentativo sistematico di indottrinare i bambini fin dalla prima infanzia con contenuti creati ad arte.

Si tratta di un fenomeno che dopo l’esordio americano sta ora trovando terreno fertile anche in Italia. A Ravenna non hanno trovato niente di meglio da fare che organizzare corsi anti-discriminazione a tutela degli LGBTQ. [27]

Come dimenticare poi che nel defunto disegno di legge Zan, all’articolo 7, era prevista l’istituzione di una giornata contro la transfobia, con tanto di iniziative da tenere nelle scuole, quasi che in Italia ci fosse una emergenza transfobia. [28]

Molti a questo punto faticheranno persino a ricordare compagni di classe transessuali, vicini di casa non-binari, colleghi transgender, ecc., dal momento che il fenomeno era quasi sconosciuto fino a 10-15 anni fa.

La diffusione tra i giovani

I pareri su quel che sta accadendo sono discordanti. La ricercatrice Lisa Littman ad esempio nota come il ricorso alla “chirurgia di genere” negli Stati Uniti sia quadruplicato tra il 2016 ed il 2017, mentre le diagnosi di disforia di genere nel Regno Unito sono aumentate del 4.400 per cento, suggerendo che ci possa essere un vero e proprio contagio sociale tra adolescenti, alimentato da gruppi di discussione e forum online. [29]

Tesi smentita da altri, anche se appare evidente come il fenomeno sia molto più popolare tra i giovani che tra gli adulti. I teenager sono il 7,6 per cento della popolazione americana ma rappresentano ben il 18 per cento dei transgender. I giovani nella fascia di età tra i 18 ed i 24 anni costituiscono l’11 per cento della popolazione americana ed il 24 per cento del totale dei transgender. [30]

Degno di nota è l’aumento esponenziale di ragazzine che si percepiscono come trans, cosa non spiegabile con la semplice accettazione sociale di un fenomeno che in passato, oltre che molto marginale riguardava soprattutto maschi. [31]

La guerra dei pronomi

Giovani o adulti che siano, molti trans sembrano accomunati dalla fissa per l’uso corretto dei pronomi. Ritengono un affronto intollerabile essere appellati con un pronome femminile, in base all’evidenza del loro aspetto fisico, se per caso si sentono maschi o qualcosa di diverso e non meglio specificato.

La grammatica in questo caso ha un vero e proprio scopo identitario, e viene imposta sugli altri per rafforzare ciò che qualcuno pensa (a torto o a ragione) di sé stesso. Non si tratta di capricci, come qualcuno potrebbe pensare, ma di un punto fondamentale per i fautori del gender, così da impadronirsi a livello politico della lingua.

Utilizzare pronomi sbagliati, chiamando lei un lui o viceversa, è già proibito in California [32] e nella città di New York. [33]

La youtuber Misha Petrov ha individuato una componente narcisistica nel comportamento di chi insiste sull’uso di pronomi personali di sua scelta, perché finisce per parlare insistentemente di sé stesso. [34] Osservazione probabilmente valida, anche se ci sono implicazioni più profonde che è indispensabile analizzare.

La distruzione della realtà

Cominciamo col dire che il termine stesso non-binario, utilizzato per chi non si sente né maschio né femmina (senza peraltro chiarire cosa sia esattamente), è privo di fondamento sia dal punto di vista logico che da quello biologico.

Dividere le persone in binarie e non-binarie è infatti a sua volta auto-contraddittorio, dal momento che finisce per creare nuovamente una suddivisione binaria: alcuni da una parte, altri dall’altra. E le vie di mezzo che a qualcuno piacciono tanto?

Purtroppo per i woke non solo la logica, nemmeno la natura funziona come vorrebbero loro. La sessualità umana infatti è binaria, piaccia o meno, così come quella della gran parte dei vertebrati, a meno che non si voglia credere esistano struzzi transgender, alligatori gender-fluid, gatti maschi che vanno in calore e cervi femmine che si prendono a testate per conquistarsi un maschio.

Chi rifiuta di piegarsi al manganello linguistico dei poliziotti del politicamente corretto si appella spesso alla libertà di espressione. Riferirmi al signor tizio come un lui, anche se adora vestirsi da donna e truccarsi, sarebbe insomma un mio diritto.

È però sbagliato ricondurre le critiche alla neo-lingua trans alla sola libertà di parola. Chi lo fa esprime sì un punto valido, ma senza andare al cuore della questione: non è solo mio diritto dire che un uomo che si creda una donna è pur sempre un uomo, ma è anche e prima di tutto mio dovere.

Per chi non l’avesse capito, non ci troviamo di fronte ad una semplice repressione del dissenso, con gli oppositori da silenziare, ma alla distruzione della realtà, che deve poi essere plasmata e ricostruita ex novo escludendo ogni evidenza oggettiva o scientifica in contrasto col pensiero ufficiale.

Un progetto orwelliano

In questo modo diventa impossibile dimostrare un’asserzione come falsa ed erronea e si possono negare persino le basi biologiche della vita. Pensateci: se diventa impossibile dimostrare qualcosa come falso portando prove ed elementi a sostegno di quanto si dice, allora la follia e la menzogna possono essere imposte per legge.

È il controllo totale sull’individuo portato all’estremo compimento, una prigione per la mente dalla quale è impossibile evadere. In un mondo plasmato dalla nuova ingegneria del pensiero tutto diventa falsificabile e niente può essere sottoposto a critica.

Siamo dunque già oltre il mettere il bavaglio alla bocca dell’oppositore; siamo all’ipnosi collettiva per convincere l’oppositore di essere una persona cattiva che sta dalla parte del torto.

Si tratta a tutti gli effetti di un progetto totalitario di controllo del linguaggio, perché, come insegnava George Orwell, se controlli la lingua controlli i pensieri. La logica viene piegata agli interessi dell’ideologia, ed una cosa può essere allo stesso tempo vera e falsa.

Chi ha letto “1984”, il capolavoro dello scrittore inglese, potrebbe a questo punto pensare alla lucida e fredda pazzia del malvagio O’Brien, che sosteneva con totale fede e convinzione di potersi staccare dal suolo e volare se solo il partito glielo avesse ordinato. L’ideologia in grado di piegare al suo volere persino la forza di gravità.

Chi scrive invece rimane coi piedi ben piantati per terra, consapevole che non potrà diventare un uccello solo credendolo fermamente, e che la forza di gravità si mostrerebbe poco inclusiva nei suoi confronti qualora dovesse saltare dalla finestra, facendolo schiantare al suolo incurante delle accuse di qualcosafobia.

Il metodo del transgenderismo

Non deve stupire che due donne abbiano provato a cercare un metodo in questa follia collettiva: chi esalta l’unicità del singolo individuo, di cui il sesso è componente fondamentale, non può che vedere come una minaccia il tentativo di maschi di farsi passare per femmine.

Michelle Cretella, presidente dell’American College of Pediatricians, ha denunciato l’esistenza di un vero e proprio programma ideologico nel corso di un’intervista. [35] Si comincia col leggere storie gender ai bambini e a farli assistere a spettacoli di drag-queen organizzati apposta per loro, facendo credere loro che ci siano persone col genere sbagliato.

Poi si passa ai puberty blockers (bloccanti ormonali in italiano), ossia alla castrazione chimica e ad iniezioni di ormoni (che portano a sterilità ed aumentano il rischio di diabete, cancro, malattie cardiache) e infine alla chirurgia in quello che lei stessa definisce come “child abuse”.

Per mettere a tacere ogni forma di dissenso si ricorre al “crimine d’odio”: la pediatra americana sostiene che ormai persino insegnare ai bambini delle medie che le femmine hanno le ovaie e i maschi i testicoli viene considerato transfobico.

Realtà binaria

Cretella spiega il transgenderismo con eventi che avvengono dopo la nascita dell’individuo: dal momento che tra i gemelli omozigoti (gemelli identici, con lo stesso Dna per intenderci), se uno dei gemelli soffre di disforia di genere nella gran parte dei casi l’altro non ne è affetto, allora siamo di fronte ad un errore comportamentale, una sbagliata percezione di sé alimentata da idee errate.

L’appello della pediatra è quello di accettare come il vero costrutto sociale sia il transgenderismo e non la biologia. Sostenere che uomini e donne sono fisiologicamente diversi non è né patriarcato né transfobia, ma la semplice realtà dei fatti decretata dall’evoluzione, da una conformazione fisica diversa, persino da comportamenti diversi.

D’altra parte ci sono ben 6500 differenze genetiche tra uomo e donna, e nessun intervento chirurgico potrà mai cancellare il fatto che le donne abbiano molti più recettori per l’ossitocina, l’ormone legato alle cure parentali che gioca un ruolo importante nella formazione del legame tra madre e figlio/a.

Michelle Cretella conclude poi sbeffeggiando le pretese di negare la fondamentale realtà binaria della sessualità umana con una frase tanto provocatoria quanto efficace: “Non esiste il diritto alla malattia mentale”.

Verso il transumanesimo

A questo punto è più che legittimo voler scavare a fondo per trovare risposta a domande fondamentali: chi e perché? Ci ha pensato Jennifer Bilek, giornalista investigativa femminista, che ha illustrato in una videointervista le sue tesi, facendo un vero a proprio viaggio alle radici del male che ha infettato le società occidentali. [36]

Secondo Bilek, tutto è cominciato negli Stati Uniti con l’alleanza tra le nascenti organizzazioni LGB (niente T ancora) e le industrie farmaceutiche al tempo dell’emergenza Aids negli anni ’80.

Dopodiché si è passati ad un pesce più grosso e sostanzioso, il transgenderismo (tema in precedenza ignoto al grande pubblico) come tappa intermedia verso l’obiettivo ultimo e definitivo: il transumanesimo.

A tirare le fila del progetto una grande alleanza tra le aziende del Big Tech di Silicon Valley (Facebook te lo dice pure che mettere in discussione l’identità di genere si classifica come odio [37]), Big Pharma, Big Finance (Bilek fa i nomi di BlackRock e Vanguard, due tra i principali fondi di investimento mondiali). E fino a qui il chi.

È ora il momento del perché. Scopo ultimo di questo conglomerato di interessi sarebbe la realizzazione di un’agenda transumana. In sostanza verrebbero disintegrate le differenze tra uomo e donna per trasferire nella realtà il cyberspace e fondere uomo e macchina in qualcosa di nuovo ed ibrido, che includa nel mix l’ingegneria genetica. La riproduzione diventerà affare delle aziende del settore bio-tecnologico.

Una volta cancellata ogni differenza tra uomo e donna, tutto diventa lecito moralmente prima ancora che possibile, per esempio manipolare il nostro Dna. A suo avviso i cosiddetti diritti dei trans insomma sarebbero un cavallo di troia per il sempre più prossimo potenziamento umano. [38]

Cospirazionismo?

Quella di Bilek è una tesi forte e quantomeno colorita, che potrebbe in una prima lettura essere liquidata come cospirazionismo condito con film di fantascienza digeriti male. La signora però fa quel che una giornalista investigativa dovrebbe fare: investiga.

“Follow the money”, dicono gli americani, “segui il denaro” e scoprirai chi e perché.

Quello che Bilek ha scoperto seguendo il denaro è una serie di legami tra il settore finanziario ed i paladini dei diritti LGBT. Scordatevi gli attivisti alla Harvey Milk, il coraggioso politico gay ucciso per il suo impegno a favore degli omosessuali. No, ai vertici ci sta chi il denaro lo sa fare e gestire, vale a dire esponenti della grande finanza.

Il fondatore di Outright Leadership ad esempio secondo la giornalista avrebbe legami col settore bancario, così come John Stryker, a capo di Arcus Foundation. Quest’ultima è la più importante organizzazione LGBT negli Usa, e finanzia con milioni di dollari scuole, università, medici e ospedali americani per spingere l’agenda trans.

Non si tratta dunque di aiutare coloro che si sentono intrappolati nel corpo “sbagliato”, ma di legittimare e normalizzare il feticismo di maschi che vogliono appropriarsi del corpo femminile, con la complicità dei media ad usare la parolina magica sempre in bocca ai militanti di sinistra: diritti, ancor meglio se abbinata ad umani.

Un processo per tappe

Ciò che Bilek descrive, per usare le sue stesse parole, è un vero e proprio culto tecno-religioso, che procede per tappe. La prima tappa? È chiaro, i bambini, che per definizione sono più deboli e manipolabili.

Si comincia dunque inserendo l’agenda trans nelle scuole, spingendo la narrativa di bambini nati nel corpo sbagliato che avrebbero solo bisogno di esprimere sé stessi.

È ciò che ha fatto l’amministrazione Obama, mimetizzando tematiche trans nelle iniziative anti-bullismo, con l’appoggio della ricca famiglia Pritzker. [39] Potere delle coincidenze, il governatore dell’Illinois (lo stato di Barak Obama), Jay Robert Pritzker ha firmato una legge per introdurre il gender nell’educazione sessuale nelle scuole, inquadrandolo in una più generale health education. [40]

Il martellamento nella mente dei bambini prosegue con spettacoli di drag-queen loro dedicati, storie di persone non-binarie e via dicendo. Organizzazioni come GLSEN [41, 42] si occupano attivamente di diffondere l’ideologia gender nelle scuole, ossia di indottrinare i bambini per farli aderire alla nuova tecno-religione con il paravento della difesa dei diritti delle minoranze.

La parola passa poi a GLAD, organizzazione che lavora a stretto contatto con la già citata Arcus Foundation e si occupa di comunicazione, vale a dire l’uso dei pronomi personali per evitare di offendere i trans col linguaggio. [43]

Testimonial d’eccezione

Si lavora così con i mass media per plasmare la società e renderla pronta ad accettare la nuova tecno-religione, punendo chi non rispetti il nuovo credo (si pensi agli esempi citati nella prima parte. Come in ogni campagna pubblicitaria di successo ci vuole un testimonial d’eccezione.

Chi meglio di Rachel Leland Levine potrebbe essere adatto? Già membro di Arcus Foundation, prosegue Bilek, ricopre il ruolo di assistant secretary for health, vale a dire una sorta di sottosegretario alla salute nell’amministrazione Biden, ed è ammiraglio della marina militare. Levine, che altri non è che un uomo che si crede donna, è pure stato nominato donna dell’anno da USA Today nel 2022. [45]

State ridendo vero? Non c’è nulla di divertente, perché adesso si passa alla fase successiva, e non fa affatto ridere.

Il percorso di transizione

Tutto è pronto per la logica conclusione: l’avvio nei bambini di un percorso di “transizione”, vale a dire castrazione fisica per i ragazzini, asportazione del seno per le ragazzine, con annessa schiavitù da punture di ormoni da assumere per tutta la vita, dal momento che non c’è legge che possa permettere ad un corpo femminile di produrre testosterone in quantità.

Tutte cose che hanno costi pesanti dal punto di vista psicologico e finanziario per chi cambia sesso, ma sono una miniera d’oro per chi vende pasticche, puberty blockers, ormoni, operazioni chirurgiche e la relativa strumentazione per eseguirle, antibiotici, farmaci anti-rigetto.

Si sta parlando una vera a propria industria con tanto di indotto (make-up per persone gender-fluid, agenzie fotografiche specializzate nel ritrarre transgender), che fa quattrini a palate sulla pelle di ragazzini manipolati in nome della difesa di diritti inventati di sana pianta.

Questi bambini, condannati ad una vita di sterilità da adulti, se poi vorranno procreare dovranno sborsare altri soldi, per inseminazioni artificiali, uteri da prendere in affitto e così via.

Si raggiunge così l’apice della mercificazione del corpo delle donne, come fa notare Jennifer Bilek da brava femminista: la femminilità è sottratta alle donne e data in pasto a chiunque si senta donna, previo congruo pagamento, s’intende.

Tra i protagonisti dell’agenda trans, Bilek individua l’avvocato (o avvocatessa, fate voi, basta non usiate l’asterisco) Martine Rothblatt [46], con buone frequentazioni presso il World Economic Forum di Klaus Schwab.

La giornalista americana sarà pure una teorica del complotto, ma a lasciare perplessi è il fatto che Rothblatt, per non farsi mancare niente, abbia persino fondato una azienda-religione (sì, tutto in uno) che, pasticciando con nanotecnologie e biotecnologie, mira ad abolire la morte, rendendola una mera possibilità invece che il destino ineluttabile per tutti noi. [47, 48, 49]

Lasciamo al lettore il giudizio se sia Bilek o Rothblatt ad aver bisogno di cure psichiatriche. Siamo però d’accordo con Bilek quando sostiene che c’è un solo modo di definire un uomo che parli in tv della sua operazione per il cambio di sesso e che poi tenga una festa di addio al pene con tanto di torta a forma di pene: follia.

Follia cui siamo tutti chiamati ad opporci, rimanendo fedeli a quella che viviamo ogni giorno: la realtà.