Dopo otto mesi di guerra d’aggressione russa all’Ucraina, nelle città italiane sono attese le più grandi e ben organizzate manifestazioni per la pace dall’inizio del conflitto.
Non dobbiamo farci illusioni: nessuno protesterà contro Putin che sta invadendo il vicino, contro i crimini di guerra che ormai sono sotto gli occhi di tutti, contro il bombardamento sistematico russo delle centrali elettriche ucraine che sta già provocando una grave crisi umanitaria. E neppure contro la reiterata minaccia di escalation nucleare da parte dei vertici russi.
La manifestazione, sin dalle sue premesse, sarà rivolta contro il “bellicismo” dell’Occidente, della Nato, degli Usa in particolare, che stanno provando ad aiutare (con molte meno armi, rispetto a quelle che sarebbero necessarie) la resistenza ucraina all’invasione. Come è possibile un simile ribaltamento di responsabilità? Perché il sentimento a favore della pace, che tutti desiderano, si rivolta contro chi si difende, contro chi aiuta il difensore, ma non contro l’aggressore?
La Grande Guerra
La storia del pacifismo, sin dalla Prima Guerra Mondiale, è piena di questi paradossi. Il pacifismo fonda tutta la sua narrazione nel conflitto 1914-18 e vince facilmente consensi. La Grande Guerra è, nella memoria collettiva, “l’inutile strage” (la definizione è di Papa Benedetto XV), una guerra che si poteva evitare e che scoppiò a causa degli automatismi dovuti alle alleanze e dell’iper-reattività dei governi di allora.
Fu una guerra di posizione e quando si combatte per quattro anni nelle stesse terre, la reazione psicologica di combattenti e opinioni pubbliche, prima o poi, è quella di confondere aggressore e aggredito.
La guerra si concluse con un armistizio senza che nessuno avesse ottenuto una vittoria decisiva, con i tedeschi ancora in possesso dell’Europa orientale (Ucraina inclusa) e della Francia settentrionale. Ma poi negli accordi di pace successivi dovettero pagare riparazioni e cessioni territoriali come se fossero stati invasi. I loro alleati austro-ungarici e ottomani furono addirittura smembrati. Si radicò fra gli intellettuali (a partire da John Maynard Keynes) l’idea della pace ingiusta.
Il pacifismo venne dopo: durante la guerra le opinioni pubbliche votavano per governi che promettevano la vittoria totale. Il pacifismo post-bellico, alimentato da milioni di lutti, fece dimenticare le responsabilità della guerra.
Sicuramente addentrarsi nelle cause della Grande Guerra è un compito immane. Ma fu comunque la Germania che, appena scoppiata una guerra balcanica, quella fra Austria-Ungheria e Serbia, si lanciò nell’invasione non provocata del Belgio, un Paese neutrale, per poi attaccare la Francia. La reazione a questo atto brutale fu l’intervento dell’Impero Britannico. La guerra, da regionale che era, divenne mondiale in meno di una settimana, a causa di una plateale violazione tedesca del diritto internazionale.
Su chi fosse l’aggressore e chi l’aggredito non c’erano dubbi: lo testimonia il fatto che l’esercito tedesco fosse ancora presente su vastissimi territori occupati, a oriente e occidente, fino all’ultimo giorno di guerra. Molti ricordano Keynes e la sua tesi della pace iniqua, pochi però diedero ascolto a Winston Churchill: i tedeschi, non avendo capito la sconfitta, avrebbero provato a ripetere l’impresa.
La Seconda Guerra Mondiale
Una profezia facile che si realizzò puntualmente nel 1939. Hitler poté conquistare gran parte dell’Europa in meno di un anno, non tanto perché disponesse di un esercito più forte, ma perché aveva a che fare con popolazioni occidentali prevalentemente pacifiste che impedirono, prima, il riarmo e poi un’azione preventiva contro la Germania, quando era ancora possibile.
Storia del pacifismo
Per il pacifista, la guerra è sempre “inutile strage”, soprattutto se a vincerla sono l’Occidente e i suoi alleati. Il pacifismo, dopo il 1918, si sviluppò esclusivamente in Occidente come reazione allo sforzo bellico contro la Germania.
La popolazione tedesca, a parte un breve periodo di demoralizzazione e crisi, non fu mai pacifista. Ma soprattutto il pacifismo in buona fede, dopo la Seconda Guerra Mondiale si sovrappose al comunismo.
Dopo il 1945 era chiaro chi fosse l’aggressore e chi l’aggredito. Fu il comunismo che fece resuscitare il pacifismo, come modo per disarmare gli Usa e gli alleati europei occidentali, soprattutto quando gli americani avevano ancora il monopolio della bomba atomica.
Ribaltamento delle responsabilità
Il pacifismo di oggi si nutre di mezzo secolo di letteratura pacifista di chi voleva il disarmo unilaterale del blocco occidentale. Ribalta sistematicamente le responsabilità delle “guerre americane”, tutte indistintamente viste come guerre imperialiste, espansioniste, della prima potenza militare.
Si dimentica la guerra di Corea, quando fu la Corea del Nord comunista a invadere il Sud, con l’appoggio di Stalin e Mao. Si accusano ancora oggi gli Usa per l’intervento nel Vietnam, iniziato nel 1965, dimenticando che nei sei anni precedenti era il Vietnam del Nord, comunista, che stava aggredendo il Sud nazionalista e filo-occidentale, infiltrandovi terroristi e guerriglieri, per destabilizzarlo e conquistarlo.
Come si è conclusa la guerra, infatti? Con la conquista militare del Vietnam del Sud da parte del Nord, fra gli applausi dei pacifisti.
Si accusano gli americani per l’intervento nel Golfo e in Iraq, dimenticando che fu Saddam Hussein a invadere il Kuwait. Si accusano gli americani per la lunghissima guerra in Afghanistan, rimuovendo la memoria dell’11 settembre.
Il salto di qualità dei pacifisti
Il pacifismo di oggi riesce a fare un salto di qualità ulteriore: accusa gli americani per una guerra che, non solo, non hanno iniziato loro, ma in cui non stanno neppure intervenendo militarmente. A meno che, per “intervento” non si intenda il mero invio di armi all’Ucraina aggredita.
Per il pacifista integrale, nessuno dovrebbe dare armi all’aggredito? Nessuno deve aiutare la vittima? Milioni di persone lo pensano. E lo possono pensare, sentendosi sempre dalla parte del giusto, solo perché non fanno i conti con una più che secolare storia di pacifismo: dal 1914, sempre dalla parte dell’aggressore.