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Perché arruolare Kissinger nel partito della resa ucraina significa ignorare il suo “Ordine Mondiale”

Nel suo ultimo libro, Kissinger espone la sua visione di ordine mondiale, un connubio tra sistema vestfaliano e leadership Usa

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Henry Kissinger è stato segretario di Stato americano dell’amministrazione Nixon, dal 1973 al 1977. Viene considerato dai suoi estimatori come uno dei massimi esperti di politica estera, maestro di realpolitik, e uno dei migliori interpreti dell’arte della diplomazia.

Al contrario, i suoi detrattori, lo vedono coinvolto in diversi eventi chiave della politica americana e altrettanti fallimenti, che in ordine cronologico vanno dal dirottamento dei negoziati di pace di Lyndon Johnson in Vietnam, la campagna di bombardamenti in Laos e Cambogia e il golpe militare in Cile con l’assassinio di Salvator Allende nel 1973. Arrivando perfino a toccare il suolo italiano, con l’accusa di un possibile coinvolgimento nell’affaire Moro. Stessa figura politica, due interpretazioni diametralmente opposte.

Poco dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, il nome dell’ex segretario americano, ormai ultra novantenne, è stato tirato in ballo nel dibattito italiano e tutt’ora viene citato a più riprese dagli opinionisti a sostegno delle più variegate congetture sul dilemma ucraino.

L’articolo del 2014 sull’Ucraina

In particolare, un suo articolo del marzo 2014 per il Washington Post, pochi giorni dopo la caduta del presidente filorusso Viktor Janukovyč. Di quell’articolo vengono strumentalmente citati passaggi e virgolettati senza contesto, nei quali Kissinger suggerisce al suo governo di non spingere Kiev sotto l’ombrello della Nato e avverte l’amministrazione Usa delle gravi conseguenze geopolitiche che questa scelta potrebbe causare.

Ma strumentalizzare il pensiero di Kissinger per sostenere le “buone” ragioni di Putin nell’aggressione armata dell’Ucraina, additare le sue tesi come filorusse o accostare il suo nome a quelli dei fedelissimi di Putin, significa ignorare la sua prospettiva di ordine mondiale, oppure, mistificarla volutamente. Gli stessi che citano l’ex segretario di Stato Usa, infatti, si guardano bene dall’esporre i suoi principi, la sua visione strategica e la sua prospettiva geopolitica americano-centrica.

Ordine Mondiale

Leggere con attenzione “Ordine Mondiale”, l’ultimo libro di Kissinger, sarebbe un vero e proprio toccasana per chi vuole scoprire la reale visione geopolitica dell’ex segretario di Stato e, allo stesso tempo, un rimedio perfetto per contrastare le falsità che gli vengono attribuite. Significa, in poche parole, toglierlo dalla posizione di baluardo della resa ucraina e riposizionarlo nella sfera occidentale, dalla parte della legittima difesa, anche armata, di un Paese aggredito.

“Ordine Mondiale” è un compendio del pensiero strategico di Kissinger, una lezione sulle dinamiche e sui principi che determinano stabilità e sicurezza internazionale. Lo scenario politico è disegnato da Kissinger attraverso la lente della storia occidentale e la sua ipotesi di ordine mondiale è il risultato di un teorico connubio tra sistema vestfaliano e leadership americana.

Ripartire dalla pace di Vestfalia

Nel 1648, in diverse cittadine delle Vestfalia si riunirono più di 200 delegati in rappresentanza delle parti in conflitto. Ne vennero fuori diversi trattati, riuniti in quella che oggi conosciamo come la pace di Vestfalia. Kissinger ci consiglia di ripartire da questi principi: quegli accordi a suo avviso rimangono un modello valido anche per l’età contemporanea.

Uno dei principi stabiliti nel 1648 è quello del “cuius regio, eius religio”. Ogni re aveva il diritto di imporre la religione da praticare nel proprio territorio. Anche se dal punto di vista religioso e individuale questo principio è del tutto discutibile, a livello geopolitico si traduceva in un riconoscimento della sovranità statale. Lo stato, grande o piccolo, forte o debole, diventava l’attore principale dell’ordine mondiale e, a ciascuno di essi, veniva riconosciuta la propria esistenza e dignità.

La validità universale del sistema vestfaliano deriva dalla chiarezza dei suoi valori. Le sue regole erano comprensibili e aperte per qualunque Paese: inviolabilità dei confini, non interferenza negli affari interni e sovranità degli stati.

Principi platealmente opposti alle mire espansionistiche del Cremlino. A meno che, sull’Ucraina, non si prenda per buona la versione di Putin, le regole del sistema vestfaliano ribadite da Kissinger sono le stesse che il fronte occidentale sta cercando di tutelare armando la resistenza ucraina.

Collegare potere e legittimità

Il punto debole del sistema vestfaliano è stato l’altra faccia della sua forza. Ideato per fermare lo scorrimento di sangue in Europa, si occupava di metodi per mantenere il potere ma non dava alcuna risposta al problema di come generare la legittimità, non forniva il verso della direzione in cui procedere. Nessun ordine internazionale, scrive Kissinger, può durare senza collegare “potere e legittimità” e finora solo gli Stati Uniti sono riusciti in questo scopo.

Ancora guida americana

Chi guiderà allora il nuovo ordine? La risposta, affidata agli ultimi capitoli del libro, è scontata. Non possono essere che gli Stati Uniti. Kissinger ne evidenzia gli errori, le strategie sbagliate, l’approccio eccessivamente idealista ma è altrettanto chiaro nel definirne la statura.

“Anche mentre si esaminano le lezioni di decenni impegnativi, l’affermazione della natura eccezionale dell’America deve essere sostenuta (…) l’America, come articolazione decisiva del mondo moderno nella ricerca umana della libertà, e come forza geopolitica indispensabile per la difesa dei valori umani, deve mantenere il suo senso di orientamento”.

Il messaggio di Kissinger è chiaro: un evidente rimando all’eccezionalismo americano, una forte convinzione nella leadership geopolitica americana e un’assidua ricerca di un ordine mondiale liberale.

La figura politica di Kissinger è spesso controversa, per molti oracolo della politica estera, per altri figura ambigua e spesso fallimentare. Le sue idee possono essere tranquillamente discusse, criticate o rifiutate. Innanzitutto, il mio consiglio è leggerle.