Cultura

Ralf Dahrendorf, europeista eretico che aveva previsto i difetti dell’Ue

Il filosofo liberale criticò la “follia dell’armonizzazione”, che avrebbe prodotto un’Europa illiberale, burocratica, statalista. Non gli diedero ascolto

Ralf Dahrendorf Ralf Dahrendorf

Nato nel 1929 ad Amburgo, la città anseatica che diede i natali ai compositori Felix Mendelssohn e Johannes Brahms, Ralf Dahrendorf è stato uno dei massimi pensatori liberali del XX secolo. Il padre, Gustav, lavorava come redattore presso il giornale socialdemocratico Hamburger Echo e servì la SPD, ossia il Partito Socialdemocratico di Germania, prima al Parlamento di Amburgo e poi al Reichstag.

Fin da ragazzo condivise l’avversione al regime nazista dei suoi genitori, ripetutamente presi di mira dalla Gestapo. A sedici anni fu arrestato a internato nel campo di concentramento di Buchenwald. Rilasciato alla fine della guerra, dal 1952 al 1954 completò gli studi di sociologia presso la rinomata London School of Economics and Political Science (della quale diventerà rettore) e poi lavorò come ricercatore presso l’Università di Saarbrücken. Agli studi sociologici affiancò, fin da subito, un’intensa attività politica e giornalistica. Nel 1967 aderì al Partito Liberale Democratico e divenne membro della Commissione europea dal 1970 al 1974.

La chances di vita

Dahrendorf si affermò come teorico e promotore di una società aperta, pluralista, poliarchica; l’unica capace di garantire agli individui varie e innumerevoli chances di vita, di metterli nelle condizioni di sviluppare ed esprimere la loro creatività e libertà, autentici motori di un progresso reale, possibile, ma mai definitivo o ipostatizzato. A tal proposito scrisse: “Ci sono epoche nelle quali il macigno di Sisifo, proprio quando l’eroe lo ha sollevato fin quasi alla vetta, precipita e ripercorre a balzi tutto il pendio fino al pieno su cui giaceva“.

Le chances di vita, per Dahrendorf, sorgono a partire da una relazione equilibrata tra le opzioni, ossia le possibilità di scelta, e le legature, ovvero le appartenenze, le relazioni precostituite che orientano l’agire umano impedendo alla società di diventare un “mondo di Robinson in cui tutto è indifferente”.

Liberalismo e diritti sociali

Lo studioso tedesco mirava a una “società liberale senza libertinaggio, una struttura di autorità che non sia autoritaria, un ordinamento sociale che non sia contraddistinto da un’isteria del diritto e dell’ordine“.

Dahrendorf era consapevole che un liberalismo “senza briglie” può rompere tutte le legature e consegnare gli individui all’anomia e alla noia metafisica. Jürgen Habermas, intellettuale coetaneo di Dahrendorf, sarebbe arrivato alle medesime conclusioni, sebbene più tardi, sulla necessità di un ancoraggio alla tradizione cristiana dell’Europa. L’Occidente liberale ha bisogno di trarre forza morale dalle sue origini storiche.

Il suo liberalismo doveva molto all’idea kantiana di una “socievole insocievolezza” dell’uomo e all’approccio umile ed empirico di Karl Popper ai problemi sociali. Lo studioso tedesco elaborò una delle migliori definizioni del liberalismo: “misantropia più speranza, il tentativo di legare quanto più intimamente possibile la necessità pratica del potere al conseguimento delle più grandi chances di vita per il maggior numero di individui, fede nella forza del diritto del singolo temperata dal dubbio circa la perfezione delle cose umane, un po’ di morale e un po’ di teoria della conoscenza”.

Preoccupato da quella che vedeva come la crisi della democrazia alla fine del XX secolo, Dahrendorf insistette sul fatto che non solo i diritti civili e politici fondamentali devono ricevere legittimità costituzionale, ma come liberale si spinse oltre, sostenendo che la cittadinanza moderna deve riconoscere anche i diritti sociali e livelli minimi di benessere economico, al fine di svincolare le persone dall’insicurezza e rendere operative le libertà liberali.

Critico dell’Ue

Come commissario europeo, usando uno pseudonimo, scrisse una serie di saggi fortemente critici sulle istituzioni dell’allora Comunità, in cui metteva in discussione la direzione e la velocità dell’integrazione europea. La burocrazia della CEE, a suo avviso, stava diventando troppo pesante ed elefantiaca, rendendo il continente meno dinamico e meno ricco di opportunità per gli individui.

A tal proposito, Dahrendorf, criticò la “follia dell’armonizzazione” che avrebbe prodotto un’Europa illiberale, burocratica, statalista (“la pretesa della perfezione può essere conservata solo con l’aiuto dell’oppressione”). Rimproverò anche la Germania, accusandola di non essere realmente interessata a un progetto europeo a lungo termine e alla qualità della democrazia nel continente.

Molti di coloro che applaudirono lo studioso non lo seguirono. Lo apprezzarono, ma lo estromisero. Così i suoi scritti assunsero un’aura eretica e restarono ai margini del panorama intellettuale.

Spirito atlantico

Ralf Dahrendorf perorò la causa liberale fino al giorno della sua morte, avvenuta nel 2009. Un impegno che lo rese solo. Col tempo, si accorse che lo spirito atlantico – gusto del dibattito, stile di vita civile e disinvolto, consapevolezza che tentativi ed errori sono la migliore guida in un mondo incerto – non aveva messo radici profonde nell’Europa continentale.

Questa è la causa degli accenni di rassegnazione che afflissero i suoi ultimi interventi pubblici. È a intellettuali come Dahrendorf che la nostra Europa, minacciata da tentazioni autoritarie interne e regimi illiberali esterni, dovrebbe prestare ascolto.