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Da “Mimmo uno di noi” a Carola passando per Greta: quel patologico bisogno della sinistra di “ripartire da”

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Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. C’è molto di freudiano, di patologico in quel bisogno della sinistra di “ripartire da”, chiunque sia purché sempre e comunque personaggi improbabili, grotteschi, discutibili, gente il cui odor di santità si volge in breve in tanfo, al punto che la sinistra idolatrice li molla per subito passare a un altro, possibilmente peggiore. C’è ad esempio questo incredibile sindaco di Riace, Mimmo Lucano, artefice del prestigioso “metodo Riace” per i migranti, metodo di sicura ed effervescente dissipazione: lo invocavano per il Nobel, gli dedicavano fiction televisive (provvidenzialmente abortite sul nascere), marce, fiaccolate, cortei, lui col pugno chiuso che salutava tra un domicilio coatto e l’altro. Ma dalle carte dell’inchiesta “Xenia”, almeno come ipotesi accusatoria, è venuta fuori la qualunque: malagestione, spregiudicatezza assoluta, fondi per i migranti dirottati per concerti di cantanti col sigaro castrista, fino alla funzione di “banca” per gli amici, ovviamente in cambio di favori e sostegno elettorale. Perché “Mimmo uno di noi” (e se lo dicono loro, c’è da crederci), sapendo cosa combinava, almeno secondo i magistrati, e forse immaginando che la sua impunità non sarebbe durata per sempre, si premurava di trovarsi sponde politiche e parlamentari. Oggi di Mimmo, che aveva fondato una sua moneta con l’effigie di Che Guevara ed altri del Pantheon comunista-terrorista, nessuno parla più: meglio tacere col ditino sulla bocca, come nella famosa foto polemica dei sottointellettuali alla vaccinara.

Allora i sinistri edipici son passati a una sedicenne manovrata e presuntuosa, tale Greta, idolatrata per lo sguardo torvo e il tono narcolettico col quale elargisce per il mondo le sue profezie di sventura: in Italia è stata piacevolmente salutata da Bergoglio, uno che fa il suo stesso mestiere, poi accolta dal Senato della Repubblica, che le ha dedicato una standing ovation dopo questo raffinatissimo discorso: “Tanto va la gatta al lardo, chi va al mulino s’infarina, voi potenti ci avete rubato il futuro, se oggi seren non è, doman seren non sarà, fra dieci anni sarete tutti morti essiccati”. Il giorno dopo si sono spalancate le cateratte, ha diluviato per 40 giorni, c’è chi si è chiesto se la ragazzina con treccine maligne non portasse una discreta meteosfiga. Anche lei è evaporata in fretta, passando dal riscaldamento globale all’accoglienza del “no muri” e all’antifà permanente, il tutto ovviamente frullato in chiave climatica. Il risultato è che ierlaltro, al Parlamento francese, dove, per dirla con Giulio Meotti, “si è prostrata alla khmer rossa dell’ambientalismo”, non vedevano l’ora di smammarla, sinistra compresa, e qualche esponente della Camera, nel sentirla così vuota, monotona, evanescente, ha scolpito polemicamente su Twitter lo stato dell’arte: “Cos’è, uno scherzo?”

Sbiadita Greta, ecco, mandata dal cielo, Carola. La Kapitana, la Korsara. Una che ha tenuto in ostaggio una cinquantina di migranti per 15 giorni, concludendo la sua crociera ubriaca per il Mediterraneo con lo speronamento potenzialmente criminale di una motovedetta della Guardia di Finanza dopo avere travolto tutte le leggi nazionali possibili e immaginabili. Magnanimamente mondata da tutti i peccati da una gip – la cui ordinanza è stata demolita in fama di surreale, incredibile, inspiegabile, infondata e peggio anche da molti giuristi e colleghi togati – Carola, per la quale quell’altro spirito lucido di padre Zanotelli ha subito invocato il solito Nobel, sta già avviando una carriera da opinionista e coscienza civile. In Italia. A ottobre, l’aspetta una standing ovation annunciata al Parlamento europeo, cioè dai suoi datori di lavoro. Ma l’autoritratto di questa trentenne irrisolta è sconcertante, in tutto degno di un perditempo dei centri sociali: “Sono [ricca e tedesca ma] registrata a casa dei miei per motivi di tasse. Non ho reddito. Sono una lavoratrice indipendente. Sto lavorando a un progetto sulla conservazione naturale, ho raccolto interviste”. L’inconsistenza velleitaria e viziata al potere. Ecco perché l’esaltano. Si è presentata a un interrogatorio senza reggiseno sotto la maglietta (non le serve) e subito le apostole del “burka segno di libertà” hanno deciso di imitarla “per solidarietà” e soprattutto per vanità: hai visto mai che ci notasse qualcuno del giro Maria de Filippi… Ma è chiaro che anche la radiosa figura di Carola va sbiadendo, ragion per cui si è subito scatenata la caccia al prossimo feticcio.

Ma è destino che alla sinistra non riesca un totem che sia uno. È spuntata “out of the blue” la figura, invero preoccupante, del santone Foti, psicologo senza laurea in Psicologia, giudice onorario al Tribunale dei Minori senza laurea in Giurisprudenza, uno che, giustamente, va considerato innocente fino a sentenza ultima ma sta di fatto che i suoi comportamenti, le accuse che lo bersagliano, sono spaventosi: col suo centro “Hansel e Gretel”, inquietante fin dal nome (la favola parla di cannibalismo e torture su piccini), sta nel maelstrom di Bibbiano come uno con le mani in pasta ovunque, fino a ieri osannato, riverito, consultato, foraggiato e soprattutto mitizzato dal pensiero unico di sinistra artefice di quel “sistema perfetto” nella gestione dei bambini che le indagini via via stanno se mai confermando come un rapimento sistematico, piccoli tolti alle famiglie naturali coi mezzi più abietti per venire ceduti a nuclei ossessivamente militanti nel gender ad esclusivo arbitrio dei mitici servizi sociali più potenti degli stessi magistrati, succubi o complici, per anni e annorum, delle loro devastanti decisioni. Accuse tuttora da confermare in giudizio, va ripetuto: ma per questo terapeuta sedicente “psicodrammista”, che solo a vederlo uno qualche dubbio lo matura, si è alzato immediatamente un muro di protezione, di omertà, di esaltazione, di disinformazione dai media di sinistra, finché hanno potuto.

Ora, in psichiatria l’adozione di modelli spericolati e dissociati è sicuro segno di alienazione, di follia morale; a peggiorare la faccenda, sta il fatto che questi non imparano mai: per 40 anni, con tanto di appelli firmaioli e libelli di “cacata carta”, per dirla con Catullo, hanno agiografato da martire, eroe, scrittore, uomo buono il terrorista pluriomicida Cesare Battisti il quale, una volta acciuffato, ha ammesso di tutto e di più senza coloranti né conservanti. E i sodali di un tempo, more solito, muti, autocensurati, il ditino sulla bocca. Ritenta, sarai più sfortunato.