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Da Teheran velate minacce all’Europa, mentre il regime rafforza l’apparato repressivo nel timore di nuove proteste

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Dichiarazioni pubbliche a cui bisogna porre estrema attenzione, perché riguardano direttamente l’Europa, quelle di Mohammad-Hassan Aboutorabi Fard, lo scorso 19 giugno durante il sermone del venerdì a Teheran – trasmesso come sempre dalla tv pubblica iraniana (video). Fard ha duramente criticato l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), che di recente ha pubblicamente condannato Teheran per aver violato l’accordo sul programma nucleare (Jcpoa), accumulando un quantitativo di uranio arricchito superiore di ben quattro volte quanto previsto dalla Risoluzione Onu 2231 (è importante ricordare che l’Iran è, per propria volontà, ancora ufficialmente nell’accordo, quindi obbligato a rispettarlo).

Ma Aboutarabi Fard ha anche aggiunto una frase che dovrebbe preoccupare l’Europa: il religioso sciita ha affermato infatti che “la sicurezza dell’Europa e del Medio Oriente è connessa. Solo se il Medio Oriente sarà sicuro potrà svolgere il suo ruolo nel combattere il terrorismo, il traffico di droga, l’immigrazione. Così l’Europa, l’Asia sud-occidentale e il Corno d’Africa saranno protetti. I Paesi europei devono rivedere la loro strategia difensiva”.

Quella che in apparenza può sembrare un’analisi politica, nasconde in realtà una velata minaccia da parte del regime iraniano: se non vi piegate alle nostre richieste, possiamo farvi male. Teheran in effetti è la principale causa dell’instabilità in Medio Oriente, per mezzo delle sue milizie paramilitari sparse nella regione, del traffico illecito di droga in mezzo mondo (si pensi solamente ai traffici di cocaina di Hezbollah che viaggiano tra America Latina ed Europa) e dell’amplificazione dei conflitti, come quello in Siria, che provocano emergenze migratorie. Tra le altre cose, si comincia a parlare ora anche di una possibile presenza iraniana in Libia, con l’invio di munizioni anti-tank alle forze del generale Haftar. Una mossa che, se confermata, proverebbe come il solo scopo di Teheran sia quello di favorire l’instabilità ovunque, proprio allo scopo di aumentare la pressione verso l’Europa.

Nel frattempo, il capo dei Pasdaran, Hossein Salami, ha nominato il generale di brigata Hossein Nejat vice comandante responsabile della base di Sarallah, la principale dei Guardiani della Rivoluzione nella capitale.

Nomina significativa perché prova la preoccupazione del regime per le prossime proteste popolari nel Paese e, soprattutto, nella agitata Teheran. Nejat è infatti uno degli ufficiali più fidati della Guida Suprema Khamenei e negli ultimi dieci anni è stato il comandante dell’unità Vali Amr, ovvero la guardia speciale del leader supremo.

Nejad – il cui nome completo è Mohammad Hossein Zibaee Nejad – è un Pasdaran di lunga esperienza, con oltre quarant’anni di servizio alle spalle. Durante la guerra contro l’Iraq, tra l’altro, è stato a capo del controspionaggio e ha svolto un ruolo chiave nella repressione delle proteste popolari del 2009 (l’Onda Verde). E prima di assumere la guida della base di Sarallah, Nejad è stato vice comandante degli affari culturali dei Pasdaran.

Da rilevare, infine, che Nejad è anche un confidente stretto di Mojataba Khamenei, figlio dell’ayatollah Khamenei, uno dei candidati a succedere al padre, come prossima Guida Suprema. Intorno a Mojataba Khamenei si raccoglie una rete di comandanti Pasdaran – nota come battaglione Habib – che rappresentano la linea più rigida del Paese e di cui fa parte lo stesso Hossein Taib, potente capo dell’intelligence dell’IRGC. Quasi tutti i membri di questa rete occupano ruoli centrali all’interno dell’apparato politico e di sicurezza del Paese.

La nomina di Hossein Nejat, quindi, rientra nella strategia di Khamenei di assicurare che i suoi fedelissimi siano pronti ad agire davanti a nuove – assai probabili – proteste popolari nel Paese, che la gestione pessima dell’emergenza coronavirus, ancora drammatica, e la decennale crisi economica lasciano presagire e che, presumibilmente, saranno di nuovo represse nel sangue.