Quando si parla di pedofilia la reazione istintiva dei più è un moto di ribrezzo, una condanna assoluta e senza appelli verso l’orco cattivo che fa del male ai bambini. Ribrezzo che, lo confesso, ho provato io stesso nel cercare informazioni per realizzare questo articolo. Ho scoperto l’esistenza di tutto un sottobosco culturale e politico a dir poco ambiguo, che ha un occhio fin troppo benevolo verso la pedofilia.
Si tratta il più delle volte di organizzazioni gravitanti nell’area di sinistra, con una preoccupante tendenza a “capire”, “contestualizzare”, “non giudicare” e qualsiasi altro verbo possa alleggerire la riprovazione morale nei confronti degli adulti che fanno o desiderano di fare sesso con ragazzini. La strategia utilizzata per “normalizzare” la pedofilia segue due percorsi che si incrociano in più punti: la sessualizzazione dell’infanzia ed il coinvolgimento del mondo gay.
Il fenomeno, diventato più evidente negli ultimi anni, affonda le sue radici in un passato che non vuole passare: quello della contestazione del ’68 che fece proprio lo slogan “vietato vietare”, evidentemente ancora caro a chi allora giocava al piccolo rivoluzionario di estrazione borghese, ed oggi cerca di presentare come quasi normali vizietti a lungo inconfessabili.
Nel 1977, in Francia, a seguito di una vicenda processuale che vide coinvolti adulti che avevano avuto rapporti sessuali con ragazzi non ancora quindicenni (che si dichiararono consenzienti), esponenti del mondo culturale francese, tutti rigorosamente di sinistra, firmarono il “Manifesto in difesa della pedofilia”, che fu pubblicato su Libération. Tra questi, Michel Foucault, André Glucksman, Jack Lang, Bernard Kouchner, Simone de Beauvoir ed il suo compagno Jean-Paul Sartre, i quali evidentemente vedevano la società borghese capitalista come qualcosa di contronatura e disumano, ma consideravano rispettabile per un adulto portarsi a letto un minorenne. [1]
Daniel Cohn-Bendit è un altro esempio. Uomo politico a lungo ascrivibile all’area di sinistra ed uno dei protagonisti del ’68 francese, si è più volte lasciato andare ad affermazioni piuttosto esplicite (alcune contenute anche nel suo libro “Le Grand Bazar” del 1975) su come sia eccitante farsi spogliare e toccare da bambini di 5 anni, salvo poi pentirsi, condannarle e definirle “passi di pura fantasia”, mere “provocazioni”. [2]
Nel Regno Unito fu attivo per dieci anni a partire dal 1974 il Paedophile Information Exchange (PIE). Si trattava di una organizzazione con sede a Londra volta a promuovere l’abolizione dell’età del consenso. Tra i suoi membri annoverava pedofili in seguito condannati per reati legati alla pornografia infantile. Interessante notare come il PIE fu per diverso tempo affiliato al NCCL (National Council for Civil Liberties), un’organizzazione per la difesa dei diritti civili all’epoca diretta da Patricia Hewitt (laburista, in seguito membro del governo di Tony Blair) e a cui partecipava come consulente legale Harriet Harman, futura parlamentare per il Labour Party. Altresì degno di nota il fatto che Gay Left, un collettivo di gay marxisti britannici, si schierò a difesa del PIE. [3]
Tornando ai nostri giorni, ha suscitato polemiche la canzone di un coro di uomini gay a San Francisco, che tra una rima e l’altra, cantano “convert your children”, ossia proclamano apertamente l’intenzione di trasformare e rieducare i bambini secondo una prospettiva gay-friendly. [4] Gli autori del testo, Charlie Sohne e Tim Rosser, si sono distinti in precedenza come autori di un musical su una pratica pedofilica di origine afghana nota come bacha bazi. [5]
Stessa musica, è il caso di dirlo, sulla costa est. In un editoriale pubblicato il 29 giugno dal Washington Post [6], Lauren Rowello ha sostenuto la necessità di esporre bambini piccoli al kink, così definito su Wikipedia: “gamma di pratiche sessuali non convenzionali, che spesso hanno affinità col BDSM, usate come mezzo per rafforzare l’intimità all’interno di un rapporto di coppia”. S e M, per la cronaca, si riferiscono a pratiche sadomaso. A Rowello, che ha una storia quantomeno “interessante” (ex prostituta, ora sposata con un trans, premiata da un’associazione di giornalisti Lgbtq), va dato atto di dire ciò che pensa e fare ciò che dice.
La signora infatti si è detta felice di esporre i suoi figli a pratiche kink, raccontando di quando ha loro mostrato uomini in perizoma intenti a frustarsi a vicenda durante il Gay Pride di Philadelphia. Secondo l’autrice, si dovrebbe parlare di più del kink ai bambini per far loro comprendere i diversi modi in cui le persone si amano ed esprimono sé stesse. D’altra parte il kink praticato in pubblico, sempre secondo Rowello, non può classificarsi come oscenità ma come semplice espressione del proprio essere. Mostrarlo ai bambini fa loro capire che modalità di sesso alternative sono ugualmente valide.
Un dubbio un poco bigotto potrebbe a questo punto sfiorare la mente del lettore ed indurlo a chiedersi se sia opportuno esporre bambini a pratiche sessuali di dubbio gusto. Ci pensa Rowello a fugarlo, spiegando quanto sia importante che i bambini imparino ad essere sé stessi e ad accettarsi per quello che sono.
Torna qui un assunto caro ad una certa parte della sinistra portabandiera del relativismo morale: non esistono né giusto e sbagliato, né evidenze biologiche, perché tutto è un costrutto sociale (ovviamente di una società omofoba, patriarcale, ecc.), incluso il sesso e la necessità di escluderne i bambini. Si incoraggia dunque l’esenzione da ogni responsabilità in nome del diritto di ciascuno di essere sé stesso, privo delle remore e dei condizionamenti di una società ovviamente bigotta e retrograda (l’”educastrazione” cui fece riferimento a suo tempo Mario Mieli). Una sorta di mito del buon selvaggio (non ancora inquinato dalle pratiche della civiltà) riveduto e corretto in chiave pedo-pornografica.
Si direbbe quindi che la sessualizzazione dell’infanzia (e non si dimentichi che i pedofili giustificano le loro pratiche rivendicando il diritto dei bambini ad amare) goda di una certa popolarità in alcuni settori dell’associazionismo omosessuale, come testimoniato anche da quanto avvenuto nei Paesi Bassi (in cui tra l’altro è attivo un “partito dei pedofili”). Gli organizzatori dell’edizione olandese del Gay Pride hanno premiato una foto in particolare (su oltre 13 mila in concorso), come simbolo della manifestazione. E cosa appare mai in una foto definita dagli stessi “rappresentativa e carica di significato”? Magari una scena che mostri il trattamento disumano cui sono sottoposti i gay nei Paesi islamici, da contrapporre alle libertà di cui godono in Occidente? Ovviamente no. La foto (che risale al 2008) ritrae invece una bambina di forse 2 anni, attorniata da uomini in tenuta sadomaso, con tanto di cinghie e mutande in pelle. [7]
La giuria vi ha visto un simbolo di una realtà priva di pregiudizi. Dal che se ne deduce che non voler esporre bambini di 2 anni ad attività di natura sessuale (omo o etero che siano) sarebbe invece indice di pregiudizi e di chiusura mentale. Un messaggio pensato forse per indurre una riflessione nelle famiglie che si ostinano, nonostante tutto, a far vedere cartoni animati ai bambini anziché film porno.
In fin dei conti anche Flora Gill, opinionista per il magazine britannico GQ, ha twittato sulla necessità di creare contenuti pornografici specifici per l’infanzia. Perché no dunque? Qualcuno però ad un certo punto deve aver detto: “Perché fa schifo!”, visto che il tweet è stato poi rimosso dalla stessa autrice.
Una relazione perlomeno ambigua sembra esserci anche tra i cosiddetti Antifa, il movimento “antifascista” protagonista di rivolte violente negli Stati Uniti, e la pedofilia. Sono noti a questo proposito negli Usa i legami tra i gruppi di estrema sinistra BAMN (By Any Means Necessary) e RWL (Revolutionary Workers League) da un lato, e NAMBLA dall’altro. NAMBLA, acronimo di North American Man/Boy Love Association, è un’organizzazione in difesa della pedofilia che si batte per abolire le leggi che fissano un’età minima per avere rapporti sessuali. BAMN (responsabile di proteste contro i sostenitori di Trump in California) e RWL hanno in passato espresso simpatie e sostegno per NAMBLA, e alcuni dei loro membri hanno anche fatto parte di NAMBLA. [8]
Emblematica la vicenda di Kenosha, raccontata dal giornalista d’inchiesta Andy Ngo, a sua volta in passato ferito gravemente proprio dagli Antifa. Nell’agosto 2020 a Kenosha, in Wisconsin, durante le proteste di Antifa e Black Lives Matter, presto degenerate in violenze, per il grave ferimento dell’afro-americano Jacob Blake da parte della polizia, due militanti Antifa furono uccisi per legittima difesa da Kyle Rittenhouse, un giovane che era intervenuto a difesa delle proprietà dei cittadini e a supporto dei soccorsi e delle forze dell’ordine. È stato proprio Ngo ad accertare che uno dei due, Joseph Rosenbaum, aveva precedenti penali per oscenità con minori ed era registrato come “sex offender”.
A Portland, Oregon (città in cui la contestazione di sinistra è particolarmente forte), uno dei leader degli Antifa, Micah Isaiah Rhodes, ha al suo attivo una storia di abusi sessuali ai danni di minorenni.
Dagli Usa all’Europa. Patrick “Pat” Corcoran, fondatore della sezione irlandese degli Antifa, in passato è stato arrestato dalla polizia dublinese per possesso di migliaia di immagini pedo-pornografiche salvate nel suo computer. [9]
Difficile a questo punto sostenere che si tratti di casi di militanti, per così dire, accidentalmente anche pedofili. Sono invece esempi di una vera a propria commistione, e spesso di aperto sostegno da parte di leader e organizzazioni di estrema sinistra a gruppi pro-pedofilia. Di che sorprendersi? Non è altro che la logica conseguenza della politicizzazione della realtà operata secondo lo slogan “il privato è politico”. Tutto viene visto come un costrutto sociale, frutto marcito di una società vecchia e autoritaria, il cui tanfo andrebbe eliminato sovvertendo anche le più basilari norme di rispetto, buttando giù ogni tabù, ogni remora, legittimando tutto, permettendo tutto. Di fatto, una certa sinistra sta aprendo una finestra di Overton per arrivare alla progressiva accettazione della pedofilia.
Noto il passaggio su pedofilia e pederastia di Mario Mieli, convinto marxista ed esponente di spicco del mondo omosessuale italiano degli anni ’70, cui è intitolato il più importante circolo gay italiano, in “Elementi di critica omosessuale” (Einaudi, 1977). [17]
Fu sempre in quegli anni che i sogni di tanti bambini si tramutarono nei peggiori incubi al Forteto, la comunità finanziata dalla rossissima regione Toscana, che riceveva in affido ragazzini su disposizione del tribunale dei minori. Successive indagini hanno portato a condanne per abusi sessuali ed atti osceni a carico dei fondatori che, a procedimenti penali ancora in corso, continuarono a ricevere in affido bambini.
Significativa questa parte della relazione della Commissione regionale d’inchiesta: “Al Forteto l’omosessualità era non solo permessa ma addirittura incentivata, un percorso obbligato verso quella che Fiesoli (uno dei fondatori della comunità, poi condannato in via definitiva per abusi su minori e maltrattamenti, ndr) definiva ‘liberazione dalla materialità’ (…) l’amore riconosciuto e accettato, l’amore vero, alto e nobile era solo quello con lo stesso sesso (…) Il bene e l’amore vero erano quelli di tipo omosessuale, perché lì non c’è materia”. Alcune testimonianze agghiaccianti parlano persino di atti di zoofilia. [18] [19]
È importante notare che nel caso del Forteto non ci troviamo semplicemente di fronte a persone ai vertici della comunità che abusano sessualmente e psichicamente di minori, ma ad un vero e proprio credo, una sorta di setta che propone una visione “alternativa” dei rapporti familiari e del sesso, indicando come negativa la famiglia tradizionale. Le loro perversioni sono dunque la logica conseguenza delle loro idee.
Sulla vicenda aleggiano ancora sospetti ed accuse, in particolare da parte delle vittime delle violenze, che a sinistra si abbia in qualche modo coperto ed insabbiato quanto accadeva al Forteto. [20] Cosa certa è invece che nel 2015 il Pd ha respinto in Parlamento una richiesta di commissariamento della comunità, poi effettivamente avvenuto con il governo Conte.
Una certa ambiguità sul tema della sessualizzazione dell’infanzia è riscontrabile anche nel Ddl Zan. L’articolo 1 secondo comma recita infatti: “per genere si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso”. Nessuna menzione a manifestazioni ritenute illecite dalla legislazione italiana. Il rischio è che, in linea teorica, la pedofilia continui sì ad essere punita, ma che possa essere punito anche chi ne denuncia o impedisce lo svolgimento, incorrendo in una discriminazione sanzionata dal Ddl Zan, qualora si volesse considerare la pedofilia come una “manifestazione esteriore”. L’ex magistrato Carlo Nordio ha espresso una preoccupazione simile, seppure in riferimento all’orientamento sessuale anziché al genere. [21]
Viene poi da chiedersi perché mai nel Ddl Zan ci siano riferimenti ad iniziative scolastiche contro l’omofobia, la transfobia, ecc., come se il sesso (omosessuale così come eterosessuale) dovesse essere materia di discussione per bambini delle elementari.
Forse proprio questo spiega l’odio cieco che la sinistra europea nutre verso la legge ungherese fortemente voluta dal governo Orban che, lungi dal discriminare i gay, si applica in primo luogo ai minorenni per proteggerli dall’esposizione a materiale pornografico (ancora una volta sia omosessuale che eterosessuale).
Banalmente, il filo conduttore è sempre lo stesso: la sessualizzazione dei bambini e dell’infanzia, che vanno liberati dai vincoli di una società retrograda, affinché tutti possano amare chi vogliono e come vogliono.
I rischi relativi a questo modo di vedere le cose sono terribili: se per i bambini il sesso diventa una cosa normale, allora anche fare sesso con i bambini lo può diventare, e l’adulto che si apparta con un minore sarebbe quindi meritevole di un certo livello di comprensione. D’altra parte, se il genere è un costrutto sociale e non un dato biologico oggettivo, come sostengono i promotori del Ddl Zan, perché non dovrebbe esserlo anche l’età? Se un maschio può sostenere di essere una donna, su quali basi si può obiettare ad un quarantenne che dica di essere un bambino intrappolato nel corpo sbagliato? Chi può contestare il suo diritto ad “amare” una bambina di 8 anni?
L’amore non ha età, si diceva una volta in ben altri contesti, mentre oggi va di moda dire “Love is Love”. Si tratta di uno slogan caro alla sinistra e ai movimenti omosessuali. Ma al di là della evidente tautologia (un po’ come dire che l’acqua è acqua) si vede ancora una volta all’opera il tentativo di legittimare determinati comportamenti a partire dal linguaggio. Dal momento che l’amore ha una valenza positiva, ogni critica a ciò che è amore potrà venire respinta come inaccettabile espressione di odio e intolleranza o, nei casi meno gravi, di bigottismo e chiusura mentale.
Si tratta dello stesso meccanismo che porta a etichettare come razzista chi sostenga una politica di contrasto all’immigrazione clandestina (senza per questo lasciarsi andare a manifestazioni di odio etnico) o come omofobo chi creda nella famiglia tradizionale (chiedere all’ex calciatore Rino Gattuso per conferma).
Un vero e proprio imbroglio orwelliano nel linguaggio in cui la sinistra è maestra insuperata. Il suo capolavoro è di aver “hackerato” una parte del mondo gay: utilizzando astutamente la identity politics, qualsiasi istanza portata avanti da omosessuali diventa inattaccabile, pena l’essere tacciati di omofobia e di intolleranza verso una minoranza.
Se da una parte sarebbe ovviamente insensato stabilire una correlazione univoca tra sinistra e pedofilia, o tra quest’ultima e l’omosessualità, dall’altra sembra abbastanza evidente che in una certa sinistra, come nella parte più militante del mondo omosessuale, ci sia qualche comprensione e tolleranza di troppo verso le “ragioni” dei pedofili e una preoccupante tendenza a sessualizzare l’infanzia.
È questo il risultato nemmeno tanto sorprendente della saldatura tra marxismo e omosessualismo organizzato nella comune lotta contro la famiglia tradizionale, costrutto di una società patriarcale ed autoritaria da sostituire con una nuova era di diritti e libertà per tutti, a partire dal diritto ad “amare”.