Non c’è élite più élite di quella rappresentata dagli enarchi francesi, il gruppo di studenti della più grande scuola d’amministrazione occidentale, l’École Nationale d’Administration. Gruppo di cui fa parte, ed è, anzi, la punta di diamante, il presidente francese Emmanuel Macron, uscito dall’ENA nel 2004, ai tempi della gloriosa promotion Senghor, la “classe” che prendeva il nome dell’ex presidente senegalese Léopold-Sédar Senghor, come vuole la tradizione della scuola.
Nella Quinta Repubblica francese i vertici dell’amministrazione e quelli della politica hanno sempre coinciso. Ma ora il sistema sembra scricchiolare paurosamente. Non bastano solo le proteste dei gilets jaunes e l’appannamento della stella di Macron a far tremare l’establishment d’Oltralpe, ora c’è anche la crisi finanziaria dell’ENA e un libro inchiesta di Vincent Jauvert, sugli intoccabili dello Stato francese, ribattezzato, il “Regno di Macronia”.
In Les intouchables d’état, Jauvert svela intrecci, relazioni e privilegi degli enarchi, svelando con casi concreti come poche persone determinino – a loro vantaggio, ovviamente – i destini della Francia e la crisi di rappresentanza della sua politica. Macron è il fulcro attorno al quale ruota tutto l’apparato che vive di Stato, per lo Stato e, spesso, ai danni dello Stato. Già ispettore delle finanze – il corps administratif più prestigioso di Francia, insieme al Consiglio di Stato – l’attuale presidente ha sviluppato la sua rete di relazioni ai tempi in cui era relatore della Commissione Attali sulla crescita economica, nominata da Nicolas Sarkozy nel 2007. Poi le esperienze a Rothschild, all’Eliseo e a Bercy (come ministro delle finanze) hanno fatto di lui il referente assoluto di un sistema ultra-fermé, ultra-chiuso, che si ritrova negli arrondissement più influenti di Parigi a un tiro di schioppo dall’Eliseo e dal Palais-Royal nei club più esclusivi come Siècle (a due passi dall’Opéra) e quello dei Juristes.
Per la verità, una volta annunciata la sua candidatura a presidente, Macron si è almeno dimesso dal suo corpo di appartenenza. Ma non sempre funziona così. Anzi. Molti di questi enarchi approfittano del loro ruolo per trasferirsi a lavorare nel privato, fondare cabinets d’affaires (studi legali) e società di consulenze, ma mantengono il loro ruolo nell’amministrazione, facendo così maturare contributi e scatti di anzianità. Per un decreto legge del 1991 inoltre, è garantito a tutti gli enarchi l’automatica iscrizione all’ordine degli avvocati senza passare alcun esame di Stato.
E i tentativi di riforma? Tutti annacquati o andati a vuoto. Già perché è difficile riformare il settore pubblico quando al vertice di tutti i ministeri e di tutte le amministrazioni ci sono enarchi che si conoscono tutti tra di loro e bloccano ogni azione in questo senso. Nel suo libro Révolution (sic), Macron ha affermato che “i privilegi degli enarchi appartengono a un altro mondo e vanno cambiati”. Difficile sarà lui a farlo. Avete mai visto un tacchino apparecchiare tavola nel Giorno del Ringraziamento?