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Dieci punti per orientarsi nella drammatica crisi di sistema aperta dal Quirinale

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1) Il presidente della Repubblica ha sbagliato quasi tutto. Soprattutto nel metodo. Avrebbe potuto direzionare maggiormente la crisi, lavorando senza sosta a quello che definì “governo di tregua”. Ha invece lasciato mani sostanzialmente libere ai partiti, salvo poi mettersi di traverso nella fase finale. Questa decisione avrà delle ripercussioni pesantissime per la futura campagna elettorale che si presterà ad una narrazione antieuropeista e marcatamente “populista”. La comunicazione salviniana raggiungerà, non senza meriti, l’apoteosi ponendo in costante contrapposizione popolo e palazzi del potere.

2) La nomina di Cottarelli rende ancor più oscuro l’operato di Mattarella. L’ex commissario alla spending review dovrà cercare i voti in Parlamento come avrebbe potuto fare il centrodestra a cui, però, è stato negato l’incarico.

3) Finalmente si sono chiariti i rapporti di forza tra Italia ed Europa. La seconda riesce ad imporre la propria agenda in qualsiasi circostanza. L’integrazione europea è irreversibile, e la sua messa in discussione assolutamente vietata. Siamo di fronte ad un dogma.

4) Il vero vincitore di questa fase è Matteo Salvini. Il leader della Lega non solo è riuscito a raggiungere il suo obiettivo – le elezioni anticipate – ma ha cercato di mostrarsi, riuscendoci per lunghi tratti, come un leader responsabile pronto a scendere a compromessi per dare un governo al Paese. Strategia e tattica perfette, alimentate da una comunicazione incisiva in grado di veicolare efficacemente il messaggio. Un talento politico senza scrupoli.

5) Di Maio ha perso la sua sfida e sarà quasi sicuramente sostituito da Di Battista. Il tentativo moderato del capo politico dei 5 stelle è fallito, rimanendo imprigionato nella tela salviniana. Nella futura campagna elettorale – probabilmente una battaglia campale di demagogia – la retorica movimentista di Dibba gioverà maggiormente ai pentastellati. Cosa che di certo non sarà sfuggita alla Casaleggio.

6) Il Pd è rimasto a guardare. E tutti i suoi appelli non sembrano fare presa su un elettorato che va sempre più polarizzandosi. Il partito fondato dagli eredi di Gramsci e Togliatti rischia davvero l’estinzione.

7) Anche Forza Italia non se la passa benissimo. Dopo la riabilitazione, Berlusconi deve fare delle scelte decisive: linea Tajani o linea Salvini? Qualsiasi cosa decida l’ex Cavaliere, il rischio di essere riassorbito dall’alleato leghista rimane comunque altissimo.

8) Un altro nodo decisivo riguarda le future alleanze politico-elettorali. La frattura che disegna il sistema politico potrebbe essere costituita dall’europeismo. Cosa che renderebbe naturale l’alleanza giallo-verde (M5S-Lega) che si contrapporrebbe a quella europeista (Pd-FI). Ad oggi la prima sembra nettamente maggioritaria.

9) Il cosiddetto “governo del cambiamento” si fondava così tanto sui programmi che si è incagliato, naufragando brutalmente, su una poltrona.

10) Tutta la vicenda rimonta all’arcinota questione della riforma istituzionale. O si riforma la Costituzione in senso presidenziale, o lo stallo da eccezione diventerà regola. Le vicende di questi mesi ne sono la dimostrazione più drammatica.

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