Dopo due sole settimane dal primo decreto, e prim’ancora che scattasse l’obbligo, il 6 agosto, siamo già al secondo decreto Green Pass, che estende l’obbligo ai trasporti di lunga percorrenza, al personale scolastico e agli studenti universitari. Non è finita qui, purtroppo, perché ora toccherà ai luoghi di lavoro e un domani chissà… forse ai non possessori di Green Pass per uscire di casa non resterà che esibire l’autocertificazione per comprovati motivi di necessità, non lontano ricordo dei periodi di lockdown.
Se non altro, il nuovo decreto ha il merito di confermare la natura ricattatoria e anti-scientifica dell’obbligo.
A chi chiedeva di rendere i tamponi gratuiti, per non creare una discriminazione tra vaccinati e non vaccinati nell’acquisizione del Green Pass, la “cabina di regia” governativa ha replicato che la gratuità avrebbe rischiato di rappresentare un disincentivo alla vaccinazione. Dunque, di questo si tratta: un sistema di incentivi/disincentivi per indurre le persone a vaccinarsi, un ricatto, non un’arma – come vedremo spuntata – per impedire la trasmissione del virus.
Anche perché – dovrebbe essere ormai chiaro a tutti, anche se viene ammesso a denti stretti – con la variante Delta la contagiosità dei vaccinati e dei non vaccinati è la stessa, nella fase in cui conta, cioè quando ancora non sanno di essere positivi, e anche le possibilità di contagiarsi, come mostrano i dati nei Paesi più avanti del nostro nella campagna vaccinale, non divergono a tal punto da rendere decisiva l’esclusione dei non vaccinati da gran parte dei locali pubblici e delle attività sociali ai fini dell’obiettivo proclamato di sradicare il virus.
L’obiettivo “Covid-zero” non è realizzabile in tempi brevi con vaccini che non proteggono dall’infezione.
Due giorni fa, sulle pagine dei commenti del Wall Street Journal sono intervenuti due eminenti scienziati, Jay Bhattacharya e Donald J. Boudreaux, professore di medicina a Stanford il primo, di economia alla George Mason University il secondo, non proprio due no-vax, per dire che “lo sradicamento del Covid è una pericolosa e costosa illusione”.
“Sfruttando il panico pandemico – scrivono Bhattacharya e Boudreaux – i governi e i media compiacenti hanno usato la promessa Covid-zero per indurre l’obbedienza a politiche di chiusura dure e arbitrarie e alle relative violazioni delle libertà civili”.
Ma dopo qualche effimero successo, il Covid è tornato e così i lockdown. Gli unici due casi di malattie contagiose eliminate deliberatamente dall’uomo, ricordano i due scienziati, sono la peste bovina e il vaiolo. Persino il batterio della peste bubbonica è ancora tra noi. Ma il vaccino contro il vaiolo era estremamente efficace nell’impedire l’infezione, con una protezione della durata dai 5 ai 10 anni – un’efficacia che ad oggi i vaccini anti-Covid non hanno. E nonostante questo ci vollero decenni per debellarlo.
A maggior ragione nel mondo globalizzato di oggi, basta un singolo Paese o una singola regione che non riesca ad attuare il programma e la strategia Covid-zero è destinata al fallimento – a fronte di costi enormi in termini economici e di una strage di diritti e libertà.
“L’unica via praticabile è convivere con il virus nello stesso modo in cui abbiamo imparato a convivere nei millenni con innumerevoli altri agenti patogeni”, concludono i due scienziati. La differenza nel rischio di mortalità e ospedalizzazione tra anziani e vulnerabili da una parte e giovani dall’altra ci suggerisce una politica di “protezione mirata”. I vaccini si stanno dimostrando efficaci nel ridurre drasticamente le probabilità di ricovero e morte. Vaccinare i più vulnerabili ovunque “dovrebbe essere la priorità per salvare vite umane”.
Conviviamo con innumerevoli rischi che abbiamo deciso di non sradicare “non perché siamo indifferenti alla sofferenza”, ma perché comprendiamo che i costi del rischio-zero sarebbero troppo alti. Lo stesso vale per il Covid-zero.
Lo sradicamento del virus è l’illusione alla base di tutte le politiche pubbliche adottate dai governi italiani che si sono susseguiti in questo anno e mezzo. Oggi, l’illusione Covid-zero viene usata non (o meglio, non ancora) per giustificare un nuovo lockdown ma per indurre le persone a vaccinarsi – non solo gli anziani e i vulnerabili ma tramite il ricatto del Green Pass anche i giovanissimi. Ma a che prezzo in termini economici e di stato di diritto?
Covid-zero è purtroppo ancora l’obiettivo inseguito dal governo e a dimostrarlo è la contro-obiezione più comune che viene opposta ai “no-Green Pass“, accusati di voler “richiudere il Paese”. Il Green Pass è “uno strumento di libertà”, sostengono, perché non concepiscono alternative al lockdown, non concepiscono una strategia di convivenza con il virus, praticabile facendo leva proprio sui veri punti di forza dei vaccini (e sulle cure).
I vaccini sono stati caricati di eccessive aspettative. I governi li hanno “venduti” e li stanno vendendo ai propri cittadini come se fossero il proiettile d’argento in grado di azzerare i contagi, di far scomparire il virus – anche se autorità politiche e sanitarie sanno già che non è così, ma devono accreditare la loro narrazione. I vaccini sono un prezioso strumento di difesa personale, riducono ai minimi termini ricoveri e decessi, ma non c’è alcuna “garanzia”, per i vaccinati, di non infettarsi e non contagiare e, quindi, di estirpare il virus. Fare finta che non sia così nuoce gravemente alla credibilità dei vaccini stessi. E nuoce gravemente ai valori – libertà individuali e centralità della persona – che tutti a parole affermano di condividere.
I vaccini sono il passaporto per la normalità, a patto di non farne un totem, di non pretendere ciò che non possono darci: Covid-zero. Se il governo non avrà la forza di ignorare il numero dei contagi quando in autunno, inevitabilmente, risalirà, e di tenere in considerazione solo lo stress sul sistema sanitario e i decessi, nuove chiusure saranno inevitabili e a molti vaccinarsi sembrerà essere stato inutile. E allora sarà dura convincere alla terza dose – per altro al momento senza dati e studi a supporto, secondo l’Ema.
Tra le tante contraddizioni, c’è un’altra aberrante misura contenuta nell’ultimo decreto, emblematica della cultura autoritaria di cui è espressione: via la mascherina in classe se tutti gli studenti sono vaccinati. Qui il “ricatto” Green Pass assume le sembianze del premio. E viceversa della punizione collettiva, come nei ricordi scolastici: per l’indisciplina anche di uno solo, pagano tutti.
In questo “premio”, che arriva solo se tutti aderiscono, facendo quindi leva sulla cultura del sospetto e della delazione, aizzando gli uni contro gli altri ragazzi e famiglie, per ottenere obbedienza, c’è del comunismo in purezza. E tra l’altro, proprio pochi giorni fa il CDC Usa, tornando sui suoi passi, ha raccomandato che anche i vaccinati tornino ad indossare le mascherine al chiuso.
Come abbiamo fin da subito osservato, l’estensione del Green Pass è un obbligo vaccinale surrettizio, un “surrogato” dell’obbligo vaccinale, ha spiegato bene Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale all’Università Cattolica di Milano, in una intervista a Sussidiario.net.
“Se io continuo, passo dopo passo, ad estendere il novero delle limitazioni fino a svuotare il diritto di circolare o riunirmi se non ho un lasciapassare, alla fine introduco, surrettiziamente, non un obbligo, ma un condizionamento alla vaccinazione. E questo finisce con l’essere una misura equivalente all’obbligo”.
Un ricatto, dunque. Com’è noto, solo per legge può essere introdotto un obbligo vaccinale, ma questa legge non c’è (se non per gli operatori socio-sanitari). Limitando libertà, accesso ai servizi e ai locali pubblici, e persino sospendendo lo stipendio a chi non sia in possesso di Green Pass, di fatto il governo introduce un obbligo surrettizio, aggirando l’articolo 32 della Costituzione.
Ma perché il governo ha distorto l’uso del Green Pass – originariamente concepito per evitare a vaccinati e tamponati la selva delle quarantene negli spostamenti tra Paesi Ue – e non ha intrapreso la via più diretta, e costituzionale (art. 32), dell’obbligo vaccinale?
La risposta è semplice: perché i vaccini anti-Covid non sono equiparabili ai vaccini per i quali già esiste un obbligo. L’autorizzazione da parte delle autorità sanitarie sia europee che statunitensi è “condizionata”, d’emergenza, provvisoria (soggetta a revisione dopo 12 mesi).
Sarebbe scorretto definirli “sperimentali” in senso letterale. Le varie fasi di sperimentazione sono state accelerate e sovrapposte, ma non saltate. È vero però che i tempi ristretti di sviluppo rendono impossibile al momento valutare rischi a medio e lungo termine. Basta leggere il consenso informato che viene fatto firmare prima della somministrazione.
Secondo Mangia, “accertamenti sommari e provvisori, condotti in nome dell’emergenza, non sono una base per l’introduzione di un obbligo vaccinale, nemmeno per categorie limitate”. Figuriamoci per il surrogato di un obbligo…
A maggior ragione, l’obbligo surrettizio che con il Green Pass viene introdotto per i giovanissimi dai 12 anni è un ricatto doppiamente vile, perché non lascia ai genitori libertà di scelta sulla salute dei propri figli, ma scarica su di loro per intero la responsabilità, in un senso o nell’altro, o dei rischi a lungo termine della vaccinazione o delle limitazioni che dovranno subire, a scuola e nelle attività sportive e sociali.