Dietro le distorsioni del politicamente corretto l’attacco alla civiltà occidentale

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Qualche settimana fa la Repubblica, dopo le sanguinose sparatorie avvenute in America, titolava “Le stragi dell’uomo bianco”. Un titolo apparentemente neutro ma che in realtà celava un messaggio specifico. Un messaggio di sapore razzista (pensate se la Verità o Libero avessero aperto con un titolo del genere), ma non solo. Ad un’analisi più profonda, e tenendo a mente il contesto dei media e dell’accademia anglosassoni, il titolo rappresentava una critica alla cosiddetta Western Civilization, di cui l’uomo bianco sarebbe il maggiore interprete. L’aggettivo “bianco”, in questo caso, anche se non troppo esplicitamente, voleva ricollegare le sparatorie alla cultura occidentale. Un’operazione maldestra, che può essere compresa solo se inquadrata nella logica del politicamente corretto in cui attaccare l’uomo bianco, meglio se maschio, significa colpire la cultura occidentale. Una cultura che secondo i suoi critici sarebbe responsabile del razzismo, del colonialismo, del maschilismo, dell’omofobia e di ogni forma di discriminazione.

Questa tendenza, come dimostra il titolo di Repubblica, è sempre più diffusa. Certo, l’Italia è ancora molto lontana dagli estremismi registrati nei campus americani, ma grazie ad alcune avanguardie intellettuali si sta gradualmente avvicinando a certe battaglie culturali. Per questo è bene capire qual è il meccanismo alla base di una moda culturale in chiara espansione. Ciò che la fonda, a ben vedere, è una concezione distorta della storia, e forse più in generale della cultura, che si basa su un presentismo assoluto. In altre parole, il passato non viene quasi mai contestualizzato e storicizzato ma interpretato esclusivamente alla luce del presente e delle sue necessità politiche. Tale metodo permette di distorcere senza grossi problemi testi, eventi e autori del passato. Astratti dal contesto e inseriti nella battaglia ideologica contemporanea possono essere utilizzati per una causa politica. Vediamo qualche esempio. Dante, essendo accusato di omofobia e islamofobia, può essere sfruttato per promuovere l’agenda LGBTQ e il multiculturalismo; Francesco De Sanctis, avendo peccato di virilismo nazionalista, come evidenzia Raimo nel suo pamphlet “Contro l’identità italiana”, per promuovere l’europeismo e l’accoglienza; infine, Colombo essendo un colonizzatore, può essere utilizzato per tutelare le minoranze. Come si nota, la produzione letteraria e intellettuale e il passato non vengono considerati nella loro complessità, ma negli aspetti che più hanno a che fare con l’attualità. E che perciò possono essere spesi a seconda dei bisogni del momento.

Il frame entro cui i personaggi storici controversi vengono inquadrati è, come abbiamo anticipato, quello dell’uomo bianco “cattivo”, il mean white man evocato da Michael Eric Dyson in un dibattito con Jordan Peterson sul politicamente corretto. L’utilizzo di tale categoria non è affatto casuale. In effetti, secondo una narrazione sempre più diffusa, il maschio rappresenta l’oppressore tradizionale delle donne e della comunità LGBTQ e il bianco compendia il colonialismo e il razzismo. E quindi, per rovesciare il canone occidentale e la Western Civilization, serve colpire colui che l’ha costruita, il maschio bianco, così da porre fine a tutte le discriminazioni di cui sarebbe promotore.

Ad oggi, è difficile prevedere come evolverà questa preoccupante tendenza. Ad osservare il titolo di Repubblica e a leggere il volume di Raimo la via sembra tracciata. Starà agli uomini e alle donne di cultura, a prescindere dal loro orientamento politico, contrastare una barbarie culturale in grado di distruggere il passato, la società e la politica.

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