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In difesa della capotreno di Trenord

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Chi porta avanti, da anni, battaglie liberali e liberiste in Italia, sa bene quanto questo Paese ignori la meritocrazia un po’ in tutti i settori. In alcune circostanze, coloro i quali provano a fare un pochino meglio rispetto ai loro colleghi, vengono addirittura rimproverati e talvolta rischiano il licenziamento. Capita, ad esempio, ad appartenenti alle Forze dell’ordine e ciò è capitato anche, qualche settimana fa, all’ormai nota capotreno di Trenord, quella dell’annuncio via altoparlante contro accattoni e zingari. La signora o signorina può andare incontro al licenziamento per aver svolto semplicemente il proprio lavoro. Quando si offre un servizio e il trasporto di persone su rotaia fa parte del settore terziario, occorre anzitutto mirare alla soddisfazione del cliente. Se quest’ultimo viene infastidito da qualcosa o da qualcuno, i preposti, alle dipendenze di chi eroga, non certo a gratis, il servizio, devono risolvere in qualche modo l’incresciosa situazione.

A tal proposito, non raccontiamoci frottole! Non è granché piacevole viaggiare in treno, magari nel ritorno a casa dopo una giornata di lavoro ed essere interpellati ogni cinque minuti, non sempre con modi gentili, da persone che pretendono soldi. Bisogna dire la verità che non corrisponde alle favole radical-chic di chi non conosce la realtà dei mezzi pubblici, non usandoli mai, evidentemente. Dietro all’accattonaggio, sui treni ed ovunque, esiste un’organizzazione ben precisa che è opportuno scoraggiare in tutti i modi possibili. Raramente vi è il singolo che, davvero disperato, chiede alla gente pochi spiccioli per non morire di fame. In ogni caso, la situazione è ancora rosea quando ci si limita a tormentare i passeggeri per qualche euro, perché spesso i pendolari, che non usano il treno per andare al mare, non possono nemmeno permettersi un pisolino durante il viaggio, preferendo rimanere ben svegli per non essere derubati. Chissà perché vi è un timore generale nell’ammettere un dato di fatto che poi è evidente a tutti.

La maggioranza dei cosiddetti zingari o nomadi, sia i Rom provenienti in gran parte dalla Romania che i Sinti, stanziali in Italia da tantissimo tempo, vive illegalmente, attraverso molti espedienti e non conosce affatto la cultura del lavoro. Anzi, rifiuta proprio di avvicinarsi ad essa, perpetuando una sorta di tradizione da padre in figlio. Fra gli immigrati in generale, Rom a parte, vi sono senz’altro dei poco di buono, ma anche tante persone desiderose soltanto di darsi da fare e di migliorare un po’ l’esistenza, mentre nella galassia zingara la volontà di accettare determinate regole di convivenza nella società, non è molto diffusa. I soloni che sperano nel licenziamento della capotreno “razzista”, vadano in Romania ad ascoltare cosa pensa il popolo rumeno circa i Rom. Qui non si sostiene affatto che gli zingari siano figli di un dio minore, quindi non si intravede alcun tipo di razzismo, anche se qualche terrorista delle Br, (Brigate Rolex), riuscirebbe a scovarlo comunque. Al contrario, proprio perché uguali a qualsiasi altro essere umano, li si invita a vivere nella legalità come tutti. Dormano pure in una roulotte se lo preferiscono, ma non trasformino i cosiddetti campi nomadi in zone franche ed inaccessibili, dove la criminalità è padrona, accettando dallo Stato e dagli enti locali solo ciò che fa comodo, ovvero luce, acqua e riscaldamento gratuiti, senza i doveri ai quali i cittadini italiani devono sempre sottostare.