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Il dilettantismo di Di Maio e Dibba non assolve l’arrogante Macron e non giustifica gli inchini del Pd

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Il dovere di ogni classe politica è quello di pretendere il rispetto per la propria nazione all’estero, senza nazionalismi d’antan e chiusure medioevali, ma con il corretto orgoglio. L’Italia ha molto da lavorare su questo, trovandosi sotto un’evidente pressione da parte dell’Ue e del blocco franco-tedesco che da sempre considera Roma come un vicino un po’ inetto e da rieducare. Se la fama di questo Paese a volte traballa, è senz’altro a causa anche delle varie classi dirigenti italiane che si sono alternate nei tempi più recenti della Repubblica, tuttavia il complesso di superiorità franco-tedesco è cosa nota. Il Governo Conte, giudicato naturalmente come populista, se non addirittura fascista, dall’Europa con la puzza sotto il naso, è riuscito ad imporsi, in tema di immigrazione, su tutti coloro i quali trattavano l’Italia con una certa sufficienza.

Su altri fronti però, l’azione dell’esecutivo gialloverde è ancora indietro. Comunque la si pensi sugli uni o sugli altri, è abbastanza difficile negare, anche per quei commentatori più lontani dalla Lega, come le poche o tante luci del Governo siano merito perlopiù di Matteo Salvini, mentre le poche o tante ombre siano ascrivibili all’allegra brigata del M5S. Finora i sondaggi erano già molto eloquenti, ma, ancor meglio rispetto ai sondaggisti, gli elettori abruzzesi hanno inviato a tutto il Paese un chiaro messaggio, per quanto si sia trattato di elezioni regionali. I pentastellati stanno perdendo terreno, in termini di popolarità elettorale e mediatica, a favore di Salvini e lo sanno benissimo. Per questa ragione cercano spesso la sparata in grado di occupare l’informazione tradizionale e i social. È legittimo, ma bisogna essere capaci ad alimentare polemiche che poi fruttino consenso e non soltanto del rumore destinato ad infastidire le orecchie dei cittadini che aspettano soprattutto fatti concreti. A tal proposito, Di Maio e Di Battista sembrano avere più di una lacuna.

Oltre agli sgambetti e agli insulti rivolti all’alleato leghista, merita qualche riflessione anche l’incontro recente fra i due leader pentastellati ed alcuni dei gilet gialli francesi, con tanto di foto ricordo finale. Un piccolo e modesto summit che però ha scatenato una guerra diplomatica tra l’Italia e la Francia, giunta persino a richiamare a Parigi il proprio ambasciatore. Questa vicenda ha due aspetti essenziali: la faciloneria di Giggino e Dibba, e la reazione isterica ed eccessiva di Macron. È da un po’ che dalle parti del M5S c’è la voglia di abbordare i gilet gialli d’oltralpe. Qualche tempo fa Di Maio aveva già tentato, senza alcun successo, di corteggiare pubblicamente questo variegato e talvolta indecifrabile movimento di protesta che sta creando seri grattacapi all’inquilino dell’Eliseo. Poi qualcosa deve essere cambiato ed è arrivata finalmente la stretta di mano con alcuni dei rappresentanti dei gilet gialli. Il malcontento che muove questa piazza ha le sue buone ragioni, però alla testa dei gilet c’è un po’ di tutto e quindi, anche individui non proprio raccomandabili e propensi alla violenza. Sarebbe bene, soprattutto se si è uomini di governo come Di Maio e non più ragazzi anti-sistema, studiare ancora questo fenomeno dei gilet gialli prima di sposarlo in toto.

Inoltre, la coerenza va a farsi benedire e gli sfottò giungono implacabili, quando ci si dichiara contrari alle ingerenze in altri Paesi, per motivare il mancato riconoscimento del venezuelano Guaidò, e poi si va a ficcare il naso in Francia. Qui su Atlantico non abbiamo certo soggezione o complessi d’inferiorità verso i cugini d’oltralpe, ma se c’è da litigare con Macron, sarebbe meglio farlo su questioni assai più utili tipo l’Ue, i rapporti e i trattati all’interno di essa, l’immigrazione e i terroristi italiani ancora presenti in Francia, i quali dovrebbero andare a tenere compagnia a Cesare Battisti. La superficialità grillina non deve comunque far dimenticare alcuni comportamenti sgradevoli e colpevoli del presidente francese e ancor meno, portare ad una sciocca solidarietà come quella esibita dal Pd attraverso il tricolore di Francia. La povertà intellettuale del Movimento 5 Stelle non può essere combattuta con altra miseria. Gli insulti fra Roma e Parigi, non dimentichiamolo, hanno avuto inizio proprio da Emmanuel Macron, il quale ha definito il Governo italiano vomitevole, in un momento in cui non giungevano peraltro provocazioni di nessun tipo da parte di Salvini, Di Maio o Di Battista.

Se i pentastellati sono incauti e maldestri, il presidente francese non è da meno e ciò è abbastanza grave, considerata l’importanza della Francia. Macron si erge a paladino contro i nazionalismi e i populismi, ma di fatto è più sovranista lui, insieme ad Angela Merkel, che Salvini, Orban e Marine Le Pen messi assieme. Che Francia e Germania abbiano finora pensato più a loro stesse che alla solidarietà comunitaria del Vecchio Continente, è cosa nota da diversi anni, ma con la sottoscrizione del trattato di Aquisgrana, Merkel e Macron hanno gettato completamente la maschera. Altro che il “Prima gli italiani” di Matteo Salvini! Prima la Francia per Macron e prima la Germania per Merkel, poi, forse, gli altri partner europei. Il che sarebbe pure comprensibile e legittimo, se solo Parigi e Berlino risparmiassero al resto d’Europa regole capestro e lezioni ipocrite di europeismo.