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Disastro aereo in Etiopia: attenzione a spegnere il fattore umano

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Alcuni giornaloni conformisti, sempre gli stessi, sono arrivati ad usare perfino un disastro aereo per una polemica demenziale sulla solidarietà, i migranti, i più porti no muri. Dannazione, ma cosa c’entrano i migranti, la cooperazione, l’altro mondo possibile, la “tragedia della solidarietà” con una sciagura aerea da 157 morti? Ovviamente non poteva mancare il riscaldamento globale, quelle turbolenze provocate dal global warming che avvitano gli aerei, tombola. E quindi un ministro che straparla di “profondo dolore per la perdita di tre giovani ragazze” (e io le devo ancora vedere delle ragazze decrepite), e quindi il nostro dinamico presidente che fa un discorso sulla scuola che deve insegnare a pensare nel modo giusto; che uno, volendo, potrebbe interpretare come segue: la scuola serve alla normalizzazione, studiare da europeisti, da globalisti e non sia mai il contrario. Studiare per crescere in batteria, diventare tutti come quella frittatona svedese riscaldata globale.

Ma se dobbiamo difendere un pensiero critico, allora dovremo pur dire che, stando come stanno le cose nel disastro del volo in Etiopia, si capisce benissimo l’imbarazzo dei media, la voglia di scantonare, di rifugiarsi nel piagnisteo solidale, nella solidarietà tradita: se davvero è stato un sensore, un software per la sicurezza che ha scatenato l’effetto contrario, ha destabilizzato l’aeroplano nell’impotenza dei piloti, fino allo schianto di muso, allora non resta che concludere per l’aleatorietà criminogena della tecnologia: proprio quello che al buon pensiero progressista massificante fa orrore. Soluzioni sempre più sofisticate per prevenire l’errore umano, sul presupposto che l’uomo è fallace e la macchina invece no, che l’algoritmo non sbaglia, che la meccanica celeste dei robot e dei sensori è garantita e infallibile. Nell’ottica delle magnifiche sorti e progressive, dello spegnimento del fattore umano, del rendere l’uomo da fine a mezzo, da attore a strumento, possibilmente omogeneizzato, della perfezione asettica, della standardizzazione delle abilità, dei comportamenti e delle attitudini. Dopodiché una placca computerizzata sbarella un bestione da sessanta tonnellate e non si salva nessuno.

Non è la religione – laica, per carità – del progressismo liberal in odio alla magnifica imperfezione umana? Non è l’algebra gelida dell’esistenza, l’allevamento in batteria del conformismo politicamente corretto da generazione Erasmus, del genderismo farmaceuticamente indotto, di chi vuol convertirti a colpi di cartello all’hard mixing, del processo alla storia, della vernice sulle statue che notoriamente non reagiscono, del rendere gli umani universalmente tutto e niente, del pensiero unico su ogni questione, delle tecnostar alienate con lo sguardo fisso e quella luce un po’ malata negli occhi? La prima preoccupazione dopo la sciagura aerea che segue l’altra, per molti aspetti gemella, in Indonesia di pochi mesi fa non è per i morti, che andate a pensare, è per le reazioni in Borsa del titolo Boeing. Altri numeri, altri valori, altri automatismi di causa-effetto.

Togliere all’uomo l’umanità ma, per compensazione, farcirlo di pseudovalori umani di false solidarietà, di recriminazioni assurde, di vittimismi spalmati, di allarmismi deliranti. E avanti, e avanti e ancora avanti. Anche per le auto si studiano soluzioni automatiche, in modo da espungere il ruolo dell’umano conduttore: e più i veicoli autosufficienti scambiano un camion bianco per un fascio di luce bianca, e più si ripete che sono solo dettagli, incidenti di percorso, imperfezioni da correggere, le vittime come effetti collaterali messi in conto. Le macchine debbono andare da sole e a qualsiasi costo andranno da sole, così chi le abita potrà concentrarsi su altre e più proficue occupazioni, quali? Chattare, visionare filmini porno – vetri oscurati, tranquilli. Una libidine! I visionari fanatici come questo Elon Musk, che vuol portare le sue macchine volanti sulla luna o su Marte, esaltati oltre ogni logica anche se i suoi progetti squinternati si traducono in fallimenti che costano al contribuente miliardi di dollari. Un po’ come per la grande truffa del riscaldamento globale, come l’ha definita in una recente intervista il fondatore di Greenpeace, Patrick Moore, un affare da 1,5 trilioni di dollari l’anno.

Come correggeranno il sensore che uccide sul Boeing 737 Max 8? Tornando a puntare sul fattore umano? Macché: dapprima con una massiccia campagna stampa, cioè pubblicità, per minimizzare, per confondere le acque, quindi con un ricorso ancora più invasivo alla tecnologia asettica, sensori che correggono sensori che fanno altri danni da correggere con nuovi sensori, in ossequio alla legge fatale della modernità: tutto ciò che si può fare deve essere fatto e se qualcuno non è d’accordo è un nostalgico, un irrazionalista del sottotipo fascista, un sovranista, uno che alza muri. Uno, insomma, da rieducare, oppure da lasciar perire in un qualsiasi accidente tecnologico.