Ecco chi ha davvero fatto leva su paura e dolore per assumere pieni poteri. Ma non possiamo che ripartire dalla libertà di impresa

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Pubblichiamo un intervento di Giulio Centemero, deputato, capogruppo in Commissione Finanze e tesoriere della Lega

Permettetemi una premessa: sono convinto che le condizioni economiche di un Paese, oltre a determinarne la sua capacità di intervenire nel sistema degli equilibri geopolitici internazionali, condizionino anche l’orientamento elettorale. Al momento, visto che il Parlamento è stato esautorato del suo ruolo e la democrazia è solo un concetto che fa da “ariete” alle mire espansionistiche del Conte, che si insinua come un cavallo di Troia per avocare a sé i pieni poteri, è difficile credere alle mie parole. Ma sono sicuro che se domani si andasse a votare, taluni sedicenti opinionisti dovrebbero forse ricredersi e rivedere i propri sondaggi. Per questo, anche se Palazzo Chigi brucia, il premier continua a rimanere ben saldo alla sua poltrona a dondolo. 

È come se la politica non abitasse più nei propri palazzi ma vivesse surrettiziamente nella raffica di decreti e provvedimenti poco risolutivi e a volte per nulla efficaci, di questa maggioranza. Questo governo è riuscito ad intercettare le leve del dissenso comune che si nutrono poco di questioni reddituali e si basano su paure, messaggi equivoci e spesso contraddittori. Ha sfruttato le potenzialità redditizie del dolore. Da sempre è noto che il dolore crea interesse, produce paura e la paura moltiplica i consensi. La Lombardia ne è stato un chiaro esempio. Mentre l’emergenza sanitaria imperava e si cercavano soluzioni per limitare i danni di questa ecatombe, le polemiche riempivano le pagine delle stampa e si segretavano documenti che forse avrebbero potuto anticipare e contingentare i danni. Ma la storia ci insegna. Ci insegna a non commettere gli stessi errori. Guardavo proprio l’immagine del presidente Mattarella, mentre si accingeva a salire i gradini dell’altare della Patria per celebrare il 25 aprile e la rinascita dell’Italia tornata alla democrazia dopo la fine della guerra. La sua immagine resterà tra quelle iconiche di questo terribile anno, ma ci ricorderà anche i saldi principi che il nostro Paese porta con sé. L’Italia è degli italiani e spetta a loro la sua ricostruzione. Oggi come allora. Bando, allora, alle fantasiose, avanguardiste ed intrepide proposte di questa maggioranza. Dall’orwelliana Immuno App, ai mirabolanti show serali gestiti del “one man show” Conte. Dalle annunciate misure al sostegno dell’economia, degli autonomi e dei cassintegrati che, secondo alcuni, trovano persino il tempo di rispondere ai sondaggi.

Cari miei, la crisi di cui tanto si parla non è solo annunciata ma è ben oltre la soglia, ed è cosa seria. La nostra industria rappresenta il 26 per cento del Pil. Quindi tutti gli impianti siderurgici, metallurgici, chimici, meccanici, le industrie alimentari e dell’abbigliamento che dovranno riattivare la loro produzione, come faranno? E il settore turistico (15 per cento del Pil)? I trasporti? Dobbiamo necessariamente ripartire dalla libertà di fare impresa. Liberarci da tutta la burocrazia che limita spesso l’agire dei nostri imprenditori che, sfiancati dalle miriadi di carta che devono produrre, preferiscono andare all’estero per i loro business. Serve, come ha più e più volte detto in questi giorni Matteo Salvini, una totale deregulation, una rivoluzione liberale. Dobbiamo ridare ai cittadini il loro valore autonomo all’interno della società e contingentare l’azione dello Stato, farlo tornare al suo ruolo di guida e di rappresentanza. Oggi dobbiamo opporci all’assolutismo di questa maggioranza e abbandonarci all’idea di un nuovo progresso che, a seguito di questa pandemia, vedrà ridisegnati i propri confini sia ideologici che individuali. La democrazia è la naturale prosecuzione del liberalismo, ma se questa comincia ad essere minata in ogni sua forma proprio da chi dovrebbe tutelarla, forse si è perso il valore stesso della storia. La democrazia è fatta di gesti. Di senso della memoria, senza queste non vi può essere libertà.

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