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Ecco come dall’Europa, e dall’Italia, arrivano soldi alle organizzazioni terroristiche palestinesi

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Lo Shin Beth israeliano – la nostra AISI, per capirci – ha reso noto martedì scorso di aver arrestato 10 operativi del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina (FPLP) che erano pronti ad organizzare attentati in Cisgiordania e Israele, finanziati e addestrati direttamente dall’Iran e da Hezbollah. L’indagine è iniziata dopo l’arresto ad aprile di un operativo del FPLP pronto a recarsi in Libano per l’addestramento.

Il Fronte Popolare di Liberazione della Palestina è considerato un’organizzazione terroristica anche dall’Unione europea. L’ideologia comunista del FPLP, negli anni, ha affascinato estremisti a livello internazionale, anche italiani. È nota ad esempio la fascinazione per il FPLP di Francesco Giordano, ex membro della “Brigata 28 marzo” oggi attivista pro-palestinese, già condannato a 30 anni di carcere per il suo coinvolgimento nell’omicidio Tobagi.

Nonostante il FPLP sia classificato anche dall’Ue come organizzazione terroristica, negli anni questo gruppo è stato capace di creare diverse associazioni apparentemente civili, che sono riuscite ad ottenere il sostegno di ong e di governi europei, anche da parte italiana.

A denunciare questo cortocircuito è stata soprattutto l’organizzazione NGO Monitor, nata proprio per verificare che i soldi dati per scopi umanitari non venissero usati a fini terroristici. In questi anni, le denunce di NGO Monitor sono state moltissime e sono anche riuscite a sortire degli effetti positivi. Ad esempio, proprio in questi giorni, il ministro degli esteri olandese Stef Blok ha dovuto ammettere che Amsterdam ha pagato gli stipendi a due terroristi del FPLP che, nel 2017, uccisero la diciassettenne israeliana Rina Shnerb. I soldi ai due autori dell’attentato non furono ovviamente versati dall’Olanda in quanto membri del Fronte Popolare, ma come impiegati della ong palestinese UAWC (Union of Agricultural Work Committees), apparentemente impegnata in meri scopi civili e sociali.

La decisione olandese va nella giusta direzione e dovrebbe essere seguita da tutti i Paesi e le ong. Eppure, non è ancora così. Un report di NGO Monitor pubblicato il 22 luglio 2020 mostra alcune fotografie di esponenti di ong palestinesi che hanno pubblicamente preso parte ad un evento del Fronte Popolare nel maggio del 2019. Per restare solo ai casi che coinvolgono l’Italia, tra coloro che hanno partecipato all’evento del maggio 2019 c’era Sami Khader, direttore della ong “MAAN”, che risulta aver ricevuto finanziamenti dal governo italiano, per mezzo di Save the Children (ben 862.076 mila euro).

A quell’evento erano presenti anche Samer Arbid e Abdel Razeq Farraj, membri della già nominata ong palestinese UAWC, arrestati per aver comandato l’attacco in cui, nell’agosto del 2019, sono rimasti uccisi la giovane Rina Shnerb e suo padre (quello per cui il ministro degli esteri olandese è stato costretto ad ammettere di aver finanziato i terroristi). Eppure, dal report di NGO Monitor, apprendiamo che l’Italia stessa, per mezzo della Agenzia italiana per la cooperazione (AICS), sta finanziando la UAWC. Ci sono infatti in piedi due finanziamenti: il primo, dal 2018 al 2020, è di 994.415 mila euro e passa per mezzo della “Organizzazione per lo sviluppo globale di comunità in Paesi extraeuropei Onlus”. Il secondo progetto, del valore di 847.701 mila euro, per gli anni 2018-2021, è realizzato per mezzo della “Associazione di cooperazione e solidarietà”. Per precisione, sottolineiamo che entrambi i progetti non vedono solo la UAWC come ong palestinese coinvolta.

Non basta: all’evento del maggio 2019 erano presenti anche Gebril Muhamad, affiliato al “Bisan Center for Reasearch and Development”, e Shawan Jabarin, direttore generale dell’organizzazione al-Haq. Quest’ultimo nel 2017 fu definito da una corte israeliana come un “Dottor Jekill e Mr. Hyde”, capace la mattina di impegnarsi nel sociale e di dedicare il pomeriggio al terrorismo. Eppure, anche il centro Bisan e l’associazione al-Haq godono di sostegno italiano.

La Bisan ha ottenuto dal Ministero degli esteri italiano tra il 2014 e il 2017 ben 1,6 milioni di euro, per mezzo della ong “Cooperazione internazionale Sud Sud” (CISS), in un progetto che coinvolgeva quattro ong palestinesi. La al-Haq, invece ha ottenuto 1,8 milioni di euro dalla Cooperazione italiana, per mezzo della ong “Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti” (Cospe), in un progetto che coinvolge sei organizzazioni palestinesi.

Bisognerebbe aggiungere poi i soldi che arrivano direttamente dall’Ue alle associazioni “umanitarie” legate al Fronte Popolare di Liberazione della Palestina, quindi anche con i fondi che l’Italia annualmente versa all’Unione. Nel report di NGO Monitor è tutto riportato chiaramente: l’Ue rischia di finanziare, sia pur indirettamente, il terrorismo palestinese. Che ciò accada in buona fede, o in modo inconsapevole, poco cambia. Sarebbe comunque una colpevole mancanza di controllo.