E così ci siamo arrivati. L’Occidente, posto che tale termine abbia ancora un senso, si affida al dittatore Xi Jinping per fermare un altro dittatore, Vladimir Putin. Siamo piombati in un incubo che sta mettendo a repentaglio il futuro delle nostre società liberaldemocratiche. Gli equilibri dell’ordine mondiale sono ormai sconvolti, e l’ordine nuovo che verrà non sarà certo a nostro favore.
Sono trascorsi solo pochi mesi dal summit virtuale convocato da Joe Biden per compattare – almeno in teoria – il fronte dei Paesi democratici e per contrastare l’avanzata impetuosa delle autocrazie sul piano globale. Quel summit è fallito, come tutti sappiamo, e ora gli autocrati, trionfanti e ringalluzziti, ci rammentano che la realtà è cambiata in modo radicale. Né è facile prevedere con esattezza il futuro che ci attende.
L’invasione russa dell’Ucraina ci rammenta che ora, come in passato, è la forza delle armi che conta. Mille piazze pavesate con bandiere arcobaleno non servono a frenare le ambizioni di dominio globale delle autocrazie. Il pacifismo unilaterale è il cavallo di troia che le dittature di ogni tipo sfruttano a piene mani per rammentarci la nostra debolezza e la la loro forza.
Rammentate i tempi – non lontani – in cui il dittatore di Pechino veniva dipinto come la principale minaccia che l’Occidente doveva affrontare? E l’allarme continuo circa il futuro di Taiwan, unico ostacolo al completo dominio cinese nell’Indo-Pacifico? Tutto dimenticato. L’Occidente, con gli Stati Uniti in prima fila, ora hanno bisogno di Xi per cercare di frenare i disegni panrussi dello zar del Cremlino.
Ovviamente il padrone della Cina non si è fatto pregare e, a quanto pare, è già intervenuto per mitigare le pretese del suo degno compare russo. Tra le due potenze comuniste – o ex tali – l’asse dell’alleanza strategica regge, anche se le diffidenze reciproche permangono. E tale asse ha un significato ben preciso. Vogliono dimostrare, agendo di conserva, che l’ordine mondiale imperniato sugli Stati Uniti e i loro alleati occidentali non esiste più né ha alcun senso.
Molte nazioni africane e del cosiddetto “Terzo mondo” l’hanno già capito, astenendosi sulle sanzioni antirusse. E anche in Asia il clima è cambiato. Molti nutrono dubbi fondati circa la reale volontà americana di contrastare con le armi l’eventuale invasione cinese di Taiwan. Come l’Ucraina non fa parte della Nato, così Taiwan non può invocare alcun patto ufficiale di reciproca difesa con gli Usa. I taiwanesi sono costretti a fidarsi dell’impegno verbale americano e, di questi tempi, hanno ampie ragioni di non fidarsi.
Non è d’altra parte riuscita l’operazione di staccare la Federazione Russa dalla Cina comunista. Occorreva pensarci molto prima, magari offrendo a Putin qualcosa di sostanziale in cambio. Non è avvenuto, purtroppo, e adesso le conseguenze sono evidenti. Se è vero che i cinesi sono rimasti irritati dalla “operazione speciale” putiniana in Ucraina, non ne hanno fatto un dramma procedendo invece, da subito, ad approfittare della situazione per gettare tutto il loro peso economico e diplomatico sulla scena. Ben sapendo, tra l’altro, che lo zar ha più che mai bisogno di loro per allentare l’impatto delle sanzioni occidentali.
Sorprendente davvero. Xi, da nemico e minaccia principale per l’Occidente, si è trasformato di punto in bianco nel “salvatore”, l’unico in grado di convincere Putin a cercare un compromesso invece di procedere alla distruzione sistematica dell’Ucraina. Nonostante viaggi ripetuti e teleconferenze a getto continuo, i leader europei – con la grande assenza di Draghi – non hanno in mano carte valide da giocare. Del resto la grande dipendenza di tedeschi e italiani dalle forniture energetiche russe è lì a dimostrare l’assoluta insipienza dell’Unione europea, e la sua incapacità di incidere sugli eventi globali.
Ci attende, a mio avviso, un futuro tanto incerto quanto oscuro. Sottolineato dal sorriso sornione di Xi Jinping che, dopo aver ridotto a un cimitero la florida Hong Kong e aver consegnato a uno stato di semi-schiavitù uiguri e tibetani, ora si gode i frutti della sua abilità, certo di essere riconfermato presidente a vita tra non molto.
Ci si chiede se le cose sarebbero andate in modo diverso qualora alla Casa Bianca ci fosse un presidente diverso dal debole Joe Biden. Può darsi, ma il panorama politico americano resta sconfortante. Lo stesso Donald Trump si è limitato a fare battute, e non si vedono all’orizzonte personalità di grande caratura. L’America è frenata dalle sue aspre controversie interne, che all’opinione pubblica Usa interessano molto di più dei problemi mondiali.
Avremo, dunque, una Cina sempre più presente nello scacchiere europeo, un’America incerta circa il fronte da scegliere per difendere i propri interessi, e un’Unione europea che non si perita di nascondere la sua enorme debolezza. C’è solo da sperare che non venga accolta la richiesta di Zelenzky di instaurare una no-fly zone nei cieli ucraini. Magari sono politicamente scorretto, ma a me l’uomo di Kiev sembra un ex attore comico quale effettivamente è, piuttosto che un eroe.
Assistiamo dunque senza reagire al “Tramonto dell’Occidente” prefigurato da Oswald Spengler nel suo celebre libro? Vorrei sbagliarmi, ma ho la sensazione netta che ci attenda un futuro con gli occhi a mandorla. E non scommetterei affatto sulla salvezza della piccola Taiwan.