Ecco perché la nostra casa non è in fiamme: parla il prof. Prestininzi, uno dei firmatari della dichiarazione contro l’allarmismo climatico

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Mentre in queste ore migliaia di studenti italiani stanno partecipando (assenti giustificati direttamente dal ministro dell’istruzione) al Global Strike for Climate convocato da Greta Thunberg dopo le sue performance al Palazzo di Vetro, qui su Atlantico continuiamo a seguire il consiglio della giovane attivista svedese: ascoltiamo gli scienziati. D’accordo, non si tratta degli stessi scienziati a cui si riferisce Greta e, probabilmente, nemmeno di quella maggioranza di essi che condivide l’allarme climatico da lei lanciato e gridato. Abbiamo conversato con Alberto Prestininzi, professore ordinario presso La Sapienza di Roma, Dipartimento di Scienze della Terra, e fondatore del CERI “Previsione, Prevenzione e Controllo dei Rischi Geologici”. Il professor Prestininzi è tra gli “ambasciatori” della Dichiarazione europea sul clima (qui una traduzione in italiano), nella quale 500 scienziati di 13 Paesi affermano che non c’è urgenza né crisi climatica.

FEDERICO PUNZI: Professore, innanzitutto perché un docente universitario e ricercatore che per oltre 45 anni si è occupato di Rischi Geologici (frane, terremoti, inondazioni etc…) ha deciso di “mettere il naso” su quelli che oggi sono definiti i “cambiamenti climatici”?

ALBERTO PRESTININZI: Cerco di spiegarlo con poche parole. Occupandomi di Rischi naturali ho sempre privilegiato il tema “Prevenzione”, approfondendo sempre di più lo sviluppo dei modelli predittivi. Come è noto, per lo studio dei modelli predittivi che trattano gli eventi naturali molta importanza hanno i dati di base, sui quali si costruiscono modelli statistico-probabilisti capaci di simulare il comportamento futuro di un dato fenomeno. La possibilità di costruire modelli significativi si basa in primo luogo sulla qualità e quantità dei dati passati. Ebbene, da oltre 15 anni è entrata con forza l’idea che lo scompenso climatico sia la causa della profonda modifica della frequenza e dell’intensità di alcuni fenomeni, come la pioggia, che è considerato uno dei parametri fondamentali nella costruzione dei data-base. È stato questo aspetto che mi ha costretto ad occuparmi della ricostruzione della storia temporale di alcuni fenomeni atmosferici. In poche parole, le ricerche e il confronto scientifico condotto anche a livello internazionale su questo tema hanno evidenziato che le tesi portate sul Global Warming sono infondate e che non esistono variazioni statistiche significative relative alla frequenza e intensità di questi eventi. Da qui inizia la mia storia e il mio interesse per il “Riscaldamento Globale”.

FP: Ripartiamo dalla lettera dei 500 scienziati al segretario generale dell’Onu Guterres e dall’allegata dichiarazione di cui Lei è uno dei firmatari. Voi sostenete che non c’è un’emergenza climatica. Però organismi quali l’IPCC, l’UNFCC, il Global Change Research, persino la Nasa, tutti sembrano sostenere il contrario e, soprattutto, sostengono l’esistenza di una correlazione tra CO2 emesso dalle attività umane e cambiamenti climatici. Siete quindi dei “negazionisti” del Climate Change, vi ostinate a negare una verità scientifica ormai acclarata?

AP: In primo luogo, registriamo come dietro questa declinazione si nasconde uno degli inganni propinati a migliaia di giovani, pieni di generosa buona volontà che, giustamente, condividono l’idea di salvare il pianeta dall’inquinamento. Nessuno dice loro, però, che la CO2 nulla ha a che vedere con l’inquinamento. Il punto è questo: non esiste alcun modello, e facciamo riferimento a quelli prodotti dall’IPCC, che dimostri come l’aumento di CO2 in atmosfera porti ad aumenti di temperatura come quelli ipotizzati. Tali modelli presentano proiezioni che, a partire dagli anni ’80 utilizzano delle forzanti che portano a valori per il futuro non realistici e che sono stati confutati dai dati reali misurati negli ultimi 15 anni. Inoltre, questi modelli sono incapaci di simulare ciò che è avvenuto negli ultimi 5.000 anni, quando le forti variazioni di temperatura sono state registrate con bassi valori di CO2. Per quanto attiene alla favola che la NASA fornisca dati che concordano con quelli dell’IPCC, basta guardare il grafico sottostante, pubblicato proprio dalla NASA, per capire quale sia il livello di deformazione che subiscono i fatti attraverso le informazioni diffuse da molti media mainstream. Nel grafico si vede bene come il comportamento della copertura dei ghiacci presenti nell’emisfero Nord sia opposto rispetto a quello presente in Antartide, dove l’estensione dei ghiacci è sempre in espansione. Da ciò si evince che il pianeta è caratterizzato da processi climatici complessi che contraddicono l’idea semplicistica di un controllo della temperatura attraverso l’accensione o spegnimento di un interruttore, riducendo il pianeta ad un locale di un ufficio di periferia.

La copertura del ghiaccio dei due emisferi ha un andamento opposto (ottobre 1979 – febbraio 2016). La curva punteggiata rappresenta la media quinquennale.
(fonte: National Snow and Ice Data Center – NSIDC)

FP: Sta facendo notizia in questi giorni lo scioglimento del ghiacciaio del Monte Bianco. È vero però che la temperatura sulla Terra si sta innalzando? E se sì, a che ritmo? E gli eventi climatici estremi stanno aumentando? Quanto è grave la situazione e quanto influiscono le attività umane su questi cambiamenti?

AP: I dati ufficiali, condivisi, dicono che dal 1800 circa la temperatura sulla terra ha subito un aumento di 0,9 gradi circa. La data alla quale si fa riferimento è poco significativa: è stata assunta perché al 1800 circa si attribuisce l’inizio delle attività industriali, con immissione di CO2 antropica. In effetti, la temperatura sul pianeta ha iniziato la propria risalita a partire dal 1700 d.C., quando è stato registrato il minimo di temperatura di quella che è stata definita “la piccola era glaciale”, il cui inizio è individuato intorno al 1400 d.C.. Questo indica che il sistema naturale climatico si trova oggi in una fase “calda” che, tuttavia, si attesta ancora su valori inferiori a quelli della fase calda medievale del 1200 d.C. circa, quando si trovava a +1,5; +1,7 rispetto al minimo del 1700 d.C.. Dal 2000 ad oggi, salvo un picco del 2017 dovuto al “Niño”, la temperatura sulla terra è rimasta pressoché costante, anzi è diminuita di circa 0,1 gradi. In ogni caso, la storia della terra, e in particolare quella degli ultimi 4.000 anni, ci dice che le difficoltà maggiori le società le hanno subite nei periodi freddi, con carestie e contrazione demografica. Viceversa, sono i periodi caldi che hanno portato ricchezza e crescita demografica, come ad esempio, la massima espansione dell’Impero Romano.

Riguardo la tesi dell’aumento degli eventi climatici estremi, vorrei citare una delle tante pubblicazioni scientifiche, totalmente ignorate da giornali e tv, così saranno i dati a parlare e non le solite illazioni: “A millennium-long reconstruction of damaging hydrological events across Italy” (Nazzareno Diodato 1, Fredrik Charpentier Ljungqvist 2, 3, 4 & Gianni Bellocchi 1, 5). Sullo stesso argomento possiamo riportare i dati ufficiali del NOOA sul numero di uragani che hanno colpito l’America dal 1851 al 2010. I dati ci dicono che questi eventi non hanno subito alcuna significativa variazione di frequenza o di intensità.

E.S. Blake e E.J. Gibney, “The Deadliest, Costliest and Most Intense United States Tropical Cyclones from 1851 to 2010”, National Weather Service, National Hurricane Center, NOOA Technical Memorandum NWS NHC-6 (August 2011)

AP: Un’altra perla che viene continuamente portata avanti riguarda il disastro che il riscaldamento globale provocherà sulle coste e sulle isole, che saranno inghiottite dal mare a causa del suo sollevamento dovuto allo scioglimento dei ghiacci. Il grafico riportato di seguito, costruito con i dati IPCC, consente di valutare il valore di certe affermazioni.

FP: Com’è possibile che una così grande parte del mondo scientifico (qualcuno dice il 95 per cento degli scienziati che studiano il clima) si sbagli e che voi abbiate ragione?

AP: Anche su questo, purtroppo, la disinformazione prevale sulla verità: molte pubblicazioni e indagini fatte mostrano esattamente il contrario. Una recente indagine fatta in Germania mostra che oltre il 70 per cento dei ricercatori del settore scientifico non riconoscono nelle ricostruzioni IPCC gli elementi scientifici che possono rendere valide le previsioni fatte. Uomini di scienza, gli stessi astronauti, ingegneri spaziali e membri dello staff del controllo missioni della NASA, hanno avanzato una petizione in cui si chiede alla NASA di smettere di fare campagna sul clima e di tornare alla “scienza del duro spazio”.

FP: Nella vostra dichiarazione affermate che la CO2 ha addirittura effetti benefici per l’ambiente. Sembra una provocazione, ci aiuti a capire?

AP: Sarebbe utile, e quando mi trovo in qualche scuola con gli studenti ne parlo spesso, far capire agli studenti qual è l’origine delle circa 2500 K calorie/giorno che noi utilizziamo per la nostra alimentazione, come è noto fatta di carboidrati, proteine e grassi. È facile capire che senza la CO2 non si producono cereali, per i carboidrati, proteine e grassi con gli erbivori e la frutta. Per non parlare del vino, del caffè, della birra e di tutti gli alimenti che hanno consentito alla nostra specie di superare gli 80 anni di vita media. La CO2 è il gas che partendo dalla fotosintesi è generatore di vita. Dunque, non è la presenza di CO2 che dobbiamo combattere, ma l’inquinamento (emissioni tossiche, plastica, rifiuti, etc). La CO2 è un gas verde, è il gas della vita dal quale ogni singolo uomo, dei 7,5 miliardi attuali sul pianeta, trae i suoi alimenti. La demonizzazione di questo gas, costruita dalle lobby finanziarie mondiali, ha assunto il “volto” di una religione. L’altro giorno, assumendo il solito panino a colazione insieme a un amico, ho avuto modo di registrare le sue invettive contro il pericolo CO2. Un odio esasperato contro questo gas. Tutto questo accadeva mentre beveva con avidità una nota bevanda con contenuto esagerato di CO2.

FP: Al vertice sul clima delle Nazioni Unite l’attivista svedese Greta Thunberg ha detto che siamo all’inizio di una “estinzione di massa” e puntato l’indice sui leader dei Paesi “ricchi” che pensano solo ai soldi e alla crescita economica, di fatto contrapponendola alla difesa dell’ambiente. In precedenza, al WEF, aveva detto “voglio che vi lasciate prendere dal panico, che sentiate la paura che sento io ogni giorno”. Pensa che i toni allarmistici possano almeno servire a sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi ambientali?

AP: Il fenomeno Greta, se inquadrato nella strategia generale che cerca di arrivare al totale controllo dell’energia da parte delle lobby finanziarie internazionali, appare come una tappa che, a mio avviso, ha segnato il passo il 23 settembre all’Onu. Se, viceversa, volessimo dare un giudizio morale, attribuendo a questa operazione l’utilizzo spregiudicato di una bambina ingenua e sensibile, per tutto quello che questo comporta, dovremmo preoccuparci. Credo che debba esserci un limite, e questo vale per tutti noi, ma anche per la politica e per gli operatori della comunicazione che, oggi, con la disponibilità di tecnologie avanzate hanno sulle loro spalle un compito delicato e fondamentale per garantire il corretto accesso alle informazioni.

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